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dc.contributor.authorCicatiello, Clotilde
dc.date.accessioned2014-05-14T09:03:15Z
dc.date.available2014-05-14T09:03:15Z
dc.date.issued2012-06-20
dc.identifier.urihttp://hdl.handle.net/10556/1298
dc.identifier.urihttp://dx.doi.org/10.14273/unisa-176
dc.description2010 - 2011en_US
dc.description.abstractLa trasformazione dal mestiere di levatrice a quello di ostetrica a Napoli nell’arco di un lungo Ottocento, dalla fine del Settecento al primo Dopoguerra, è al centro dello studio affrontato in questa ricerca. La storia delle levatrici, piuttosto trascurata dalla storiografia italiana, è decisiva per comprendere appieno il ruolo delle donne e dell’istituzione della famiglia nell’Italia postunitaria e fa emergere con forza la complessità, le sfumature e talvolta le contraddizioni dei modelli femminili. La ricerca storica, soprattutto di area anglosassone, ha colto a pieno l’indiscutibile rilevanza del ruolo delle levatrici. Come rappresentanti delle professioni sanitarie, sono, infatti, presenti nel volume di Willem Tousijn, Il sistema delle occupazioni sanitarie (2000), dove si intrecciano ricostruzione storica e indagine sociologica. Nessuna traccia, invece, si trova delle levatrici, nei volumi di Angelo Varni e di Maria Malatesta sulla storia delle professioni in Europa e in Italia. Se la storia dell’ostetricia è relativamente conosciuta per i secoli XVII e XVIII grazie alle opere di Mireill Laget, Naissances: l'accouchement avant l'âge de la clinique (1982) e di Jacques Gélis, La sage-femme ou le médecin (1988), il XIX secolo rimane in gran parte da scrivere. In Italia, Claudia Pancino e Alessandra Gissi hanno tracciato un quadro del cammino compiuto dalle levatrici nel corso dell’Ottocento e del Novecento per la propria affermazione professionale. Partendo da questa cornice di riferimento, ho studiato più analiticamente la realtà napoletana dell’Italia postunitaria di solito poco presente nelle ricostruzioni storiche portando, tra l’altro, alla luce le dinamiche e i conflitti che hanno caratterizzato le levatrici nel passaggio da mammane a ostetriche. La difficoltà maggiore per Napoli è rappresentata dalla scarsità di fonti reperibili poiché, nell’incendio dell’archivio degli Incurabili, molto materiale è andato perduto. Materiale che sarebbe stato di notevole importanza dal momento che la scuola per levatrici di Napoli è sorta nel 1812 all’interno dell’Ospedale degl’Incurabili. Il lavoro si è rivolto, quindi, all’analisi della serie archivistica degli Appuntamenti e delle Deliberazioni della Real Casa Santa dell’Annunziata, dove nel 1888 fu istituita la Casa di maternità. Il materiale è risultato di particolare interesse perché rappresenta una fonte di prima mano, mai consultata prima. L’Annunziata, infatti, è stata negli anni oggetto di diversi studi che , però, hanno focalizzato l’attenzione su argomenti diversi da quello affrontato nella mia ricerca. La maggior parte ha ricostruito il percorso storico del pio luogo oppure si è soffermata sulla questione degli esposti e sull’attività del brefotrofio. Prima d’ora, invece, non si è avuto nessuno studio specifico sulla Casa di maternità dell’Annunziata e sull’attività che ha svolto tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Questo percorso può dare una lettura interessante del ritardo con cui a Napoli sono stati attuati i cambiamenti nel campo medico. I fascicoli personali delle levatrici hanno permesso di ricostruire uno spaccato di storia non solo dell’ostetricia, ma di storia sociale di grande interesse. È stato possibile ricostruire i punti cruciali del cambiamento che ha portato la levatrice a passare dall’antico mestiere a una nuova figura medicalizzata e professionalizzata, mettendo in risalto il conflitto tra i saperi esperienziali e quelli scientifici. La ricostruzione di questo lavoro ci ha restituito un’immagine di levatrice quanto mai complessa e contraddittoria, caratterizzata dalla coesistenza di un continuum di aspetti e stratificazioni di lungo periodo e di nuove acquisizioni professionali. Nonostante l’assenza delle levatrici in alcuni testi sulla storia delle professioni sanitarie, è proprio uno sguardo sulle professioni a guidare la mia indagine sul mondo delle levatrici. Fino agli inizi dell’Ottocento il mondo delle professioni parla un linguaggio esclusivamente maschile nel quale l’unico canale di accesso per le donne è rappresentato dall’ostetricia e dalla ginecologia. Questa situazione nel corso dell’Ottocento verrà paradossalmente capovolta. Quello della levatrice passerà da mestiere esclusivamente al femminile a centro di interesse del mondo medico. Nel periodo preunitario il mestiere di levatrice, pur rimanendo nelle mani delle donne, inizia a diventare motivo di scontro. In risposta ai tentativi messi in atto dai medici per scalzarle e screditarle, le levatrici sceglieranno la strada della professionalizzazione. Accetteranno di essere educate dalla medicina dei dottori maschi ma senza rinunciare a quel patrimonio di conoscenze e di esperienze tramandato loro dalla tradizionale scienza femminile. Alla fine del secolo XIX in Europa e nel resto dell’Italia il rapporto tra medici e levatrici si avvia verso una nuova fase, improntata alla collaborazione e al raggiungimento dell’interesse di entrambe le parti. A Napoli, invece, il passaggio dalla levatrice al medico è lento e caratterizzato dalla poca disponibilità delle levatrici a perdere quella complessità e ricchezza di sfumature che caratterizzano da sempre il loro ruolo professionale e che la nuova scienza medica sta cercando di eliminare. Ambigua è, infatti, la posizione delle levatrici. Da un lato vogliono essere inserite nella gerarchia medica e, quindi, vedersi riconosciute competenze tecniche specifiche ma dall’altro non sono disposte a perdere i vantaggi economici e sociali che il loro ruolo tradizionale consentiva. Il mondo medico, dall’altra parte, nel voler annullare, all’improvviso, non solo un sapere tradizionale e popolare, ma il ruolo sociale delle levatrici presso le donne e le comunità, mostrava scarsa apertura mentale. L’analisi si ferma agli anni Trenta del Novecento quando il cammino di professionalizzazione delle levatrici napoletane viene incanalato, anche se con un certo ritardo, nel filone già seguito nel resto d’Europa e d’Italia. La situazione inizierà a cambiare solo a Novecento inoltrato, grazie alla partecipazione delle levatrici napoletane alla costituzione di associazioni corporative per la difesa dei diritti della categoria e per l’organizzazione dei Congressi per levatrici. La battaglia che si intende intraprendere mira a riqualificare il ruolo della levatrice per farla riconoscere a tutti gli effetti come una professionista. Per raggiungere questo obiettivo, si ricorre anche alla fondazione di giornali e di riviste dalle cui pagine le levatrici fanno sentire la propria voce. Le levatrici napoletane, pur avendo accettato il posto assegnato loro all’interno della medicina e dell’assistenza ufficiali, riescono a far valere i propri diritti, usando come mezzo di lotta le pagine delle riviste. [a cura dell'autore]en_US
dc.language.isoiten_US
dc.publisherUniversita degli studi di Salernoen_US
dc.subjectLevatriceen_US
dc.subjectOstetriciaen_US
dc.subjectProfessioneen_US
dc.titleDalla levatrice all'ostetrica. Dal mestiere alla professione? Le case di maternità a Napoli tra Otto e Novecentoen_US
dc.typeDoctoral Thesisen_US
dc.subject.miurM-STO/02 STORIA MODERNAen_US
dc.contributor.coordinatoreMazzetti, Massimoen_US
dc.description.cicloX n.s.en_US
dc.contributor.tutorViscardi, Giuseppe Mariaen_US
dc.identifier.DipartimentoStudi Umanisticien_US
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