La distribuzione tra il giudice e le parti dei poteri istruttori nel processo amministrativo
Abstract
Oggetto della ricerca è la distribuzione tra il giudice e le parti dei poteri istruttori nel processo amministrativo.
L’indagine si prefigge di ricostruire le regole e i criteri in base ai quali il legislatore disciplina la ripartizione tra il giudice e le parti delle iniziative probatorie.
La disciplina dell’istruzione probatoria nel processo amministrativo ha subito significative modifiche nel corso del tempo.
Alle origini del sistema di giustizia amministrativa l’istruzione processuale rappresentava una fase meramente eventuale e documentale.
La giurisdizione amministrativa si caratterizzava in senso oggettivo e il sindacato del giudice mirava a verificare la sola legittimità degli atti amministrativi nell’interesse pubblico generale.
In quest’ottica, la tutela e il ruolo dei cittadini erano meramente occasionali.
Successivamente, il processo amministrativo assunse le caratteristiche di un “processo di parti”; così il rapporto tra gli oneri delle parti e i poteri istruttori del giudice fu ricostruito sul modello del “sistema dispositivo con metodo acquisitivo” (1), elaborato dalla dottrina negli anni Cinquanta e recepito costantemente dalla giurisprudenza.
Sino all’emanazione del codice del processo amministrativo il quadro normativo in materia era scarno e lacunoso.
Non può ignorarsi, invece, che il Codice dedichi l’intero Capo IV del primo libro alla disciplina dei mezzi di prova e dell’attività istruttoria (artt. 63-69).
Pertanto, l’introduzione del codice pone all’interprete la questione di verificare l’impatto delle nuove norme rispetto alla tradizionale impostazione dell’istruzione probatoria.
La presente indagine intende ripercorre, innanzitutto, le tappe fondamentali dell’evoluzione normativa e dell’elaborazione dottrinale e giurisprudenzale in materia, dalle origini del sistema di giustizia amministrativa sino all’emanazione del codice del processo amministrativo.
Nella seconda parte, invece, si intende verificare l’impatto delle nuove norme in tema di istruzione processuale rispetto all’impianto sistematico del processo amministrativo e ai rapporti tra il giudice e le parti nel campo probatorio.
Invero, da una parte, il processo amministrativo deve garantire l’esatta ricostruzione giudiziale della realtà, dall’altra, non deve “tradire” la propria natura di processo dispositivo.
In tal senso, i poteri istruttori esercitabili d’ufficio dal giudice vanno adeguatamente calibrati sia rispetto ai singoli mezzi di prova sia rispetto ai fatti oggetto di prova.
Si tratta di individuare e precisare i limiti dei poteri istruttori.
A tal proposito, nella terza parte, nell’ottica della delimitazione dell’oggetto dei poteri istruttori del giudice, la ricerca intende soffermarsi sull’innesto nel processo amministrativo del “cd. principio di non contestazione”, in base al quale i fatti non contestati devono essere posti a fondamento della decisione dal giudice (art. 64, secondo comma, c.p.a.).
Come è stato osservato in dottrina (2), infatti, l’art. 64, secondo comma, c.p.a. “fa risaltare ancora una volta il carattere dispositivo del processo amministrativo”, che merita di essere indagato e ricostruito alla luce delle disposizioni dettate dal codice del processo amministrativo.
La norma contenuta nell’art. 64, secondo comma, c.p.a. si rivolge alle parti costituite e al giudice.
Alla duplicità dei destinatari corrisponde una duplicità di funzioni.
L’art. 64, secondo comma, c.p.a. si rivolge alle “parti costituite”, prevedendo determinate conseguenze a seguito della “non contestazione” dei fatti da parte delle stesse. Se le parti non contestano specificatamente i fatti ex adverso allegati, il giudice deve porre i fatti incontestati a fondamento della sua decisione, senza l’intermediazione delle prove.
Allo stesso tempo, l’art. 64, secondo comma, c.p.a. si rivolge al giudice, il quale deve porre a fondamento della sua decisione le prove proposte dalle parti e i fatti non specificatamente contestati; in tal modo, da una parte, si limita implicitamente l’oggetto delle iniziative istruttorie del giudice esercitabili d’ufficio e, dall’altra, si pone una vera e propria una regola di giudizio.
Verranno analizzate le conseguenze della mancata contestazione dei fatti ex adverso allegati sia rispetto agli oneri delle parti sia rispetto ai poteri del giudice nella dinamica del processo amministrativo.
Nel corso dell’indagine, la disciplina del processo civile rappresenterà un costante elemento di riferimento, atteso che tale processo ha sempre costituito un modello per quello amministrativo.
D’altronde, anche il codice del processo amministrativo suffraga tale considerazione sulla scorta del rinvio ex art. 39 c.p.a. alle norme del codice di procedura civile , stabilendo che “per quanto non disciplinato nel presente codice si applicano le disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili o espressione di principi generali” (3).
(1) Tale assetto risale alla nota elaborazione di F. Benvenuti, L’istruzione nel processo amministrativo, Milano, 1953.
(2) F. G. Scoca, Commento all’art. 64 c.p.a., Il principio di non contestazione, in A. Quaranta, V. Lopilato (a cura di), Commentario al codice del processo amministrativo, Milano, 2011, 550.
(3) Sulla tecnica di rinvio generalizzato ai sensi dell’art. 39 c.p.a. si veda S. Perongini, Le impugnazioni nel processo amministrativo, Milano, 2011, 9 ss. [a cura dell'autore]