dc.description.abstract | Questo progetto di ricerca muove dall’analisi del museo contemporaneo, mettendo
in luce questioni teoriche ed esperienze che caratterizzano il museo del presente non più
esclusivamente come spazio della conservazione e dell’esposizione, ma come possibile
laboratorio di nuove visioni, in relazione, soprattutto, al rapporto con il pubblico e, quindi,
allo sviluppo della ricerca, della didattica e della formazione. Partendo da alcune
esperienze fondamentali dell’istituzione del museo pubblico, la ricerca si è concentrata in
modo particolare sui musei d’arte contemporanea e la loro relazione con i pubblici di
riferimento e le pratiche degli artisti contemporanei. Dalle prime prove del MoMa, all’effetto
Beaubourg, al caso Guggenheim, si è cercato di analizzare quali sono stati i passaggi
fondamentali che hanno messo in evidenza il ruolo del pubblico dei musei. Accogliere
un’arte rinnovata e contestualizzata all’attualità, confrontarsi con il vivente e i mutamenti
costanti di una società in continua evoluzione, confrontarsi con il vissuto, con il progresso
politico, culturale e sociale di una comunità sempre più di massa, rendere partecipe il
pubblico dei mutevoli aspetti della realtà contemporanea, sono questi gli elementi
principali che caratterizzano i musei dedicati all’arte contemporanea. In questo rinnovato
clima culturale le riflessioni teoriche e le pratiche museologiche si concentrano su come
rendere partecipe il pubblico degli aspetti e delle riflessioni dell’arte contemporanea nella
società, per creare un museo come vero e proprio laboratorio di ricerca e di studio.
L’esigenza del museo, quindi, non più soltanto luogo della conservazione,
dell’accumulo e dell’esposizione, è quella di diventare spazio funzionale e «spazio critico» (1) che permette una migliore e più estesa fruizione, incrementando le sue potenzialità
didattiche e le sue capacità educative. Come aveva sottolineato per tempo Giulio Carlo
Argan «I musei non debbono servire solo a ricoverare le opere sfrattate o costrette a
battere il marciapiede del mercato[…] Dovrebbero essere istituti scientifici o di ricerca, con
una funzione aggiunta, ed essere i grandi e piccoli nodi della rete disciplinare
dell’archeologia e della storia dell’arte[…] il museo non dovrebbe essere il ritiro e il
collocamento a riposo delle opere d’arte, ma il loro passaggio allo stato laicale, cioè allo
stato di bene della comunità: il luogo in cui davanti alle opere non si prende una posizione
di estasi ammirativa, ma di critica e di attribuzione di valore» (2). Il museo, quindi, deve
essere un apparato produttore di culture, non un’attrazione turistica, ma un centro
d’educazione visiva messo in discussione da una continua revisione dei valori storici e
artistici, così da spingere il pubblico all’esercizio del “diritto di fruizione” sulle opere, e non
alla ricezione passiva o alla valutazione acritica delle stesse. La riflessione di Argan
analizza quella che oggi è un’esigenza del museo, non più soltanto luogo della
conservazione, dell’accumulo e dell’esposizione, ma spazio relazionale e di confronto che
permette una migliore e più estesa fruizione e partecipazione.
Muovendo dallo studio e dall’analisi di alcune esperienze e riflessioni teoriche
internazionali attorno alle quali si è sviluppata una complessa letteratura sul museo,
questo lavoro ha messo in evidenza le strategie museologiche che si sono concentrate
sulla necessità della funzione educativa del museo, intesa come esperienza critica
fondamentale, come strumento culturale, politico e sociale del museo. Lo “spazio dell’arte”
si pone, infatti, al centro di un dibattito attorno al quale museologi, critici e storici dell’arte,
curatori, conservatori, artisti, architetti, filosofi, sociologi, antropologi e studiosi in genere si
stanno interrogando. I mutamenti formali e linguistici dell’opera d’arte contemporanea,
l’evoluzione sociale, politica, economica e culturale della società postmoderna,
l’estetizzazione globale, le teorie della nuova museologia e le strategie di marketing
museale, implicano un ripensamento profondo della figura del pubblico. Queste
esperienze segnano, dagli anni sessanta del Novecento ad oggi, un rinnovato interesse
del ruolo del pubblico, una direzione museologica che muove verso uno spettatore critico,
indice dello spostamento verso un modello di fruizione attivo, esperienziale, partecipativo,
relazionale.
Se con l’ingresso nel postmoderno l’estetizzazione diffusa, il fenomeno dei nuovi
mezzi di comunicazione, la perdita del “principio di realtà”, l’iperrealtà e la simulazione, la
globalizzazione, diventano i termini di una posizione sociale e culturale che segna
inevitabilmente una nuova direzione museologica e museografica delle istituzioni museali,
verso un’ipermuseismo, verso l’iperconsumo e l’ipertrofia del museo (3), che trasforma lo
spettatore in “consumatore” passivo, dall’altro questa spinta direzionale rende ancora più
acceso il dibattito teorico che sempre più si concentra verso una posizione dialogica e
partecipativa dello spettatore. In questo senso le riflessioni teoriche di Josè Jiménez e
Hans Belting segnano un nuovo e singolare discorso sul museo, proponendo una
direzione dialogica e di confronto, una posizione relazionale e partecipativa, che evidenzia
il dibattito più recente attorno alla funzione educativa del museo (4).
Se la condizione postmoderna ha determinato la necessità di incrementare le
entrate e le sue capacità attrattive, nell’epoca del post-storia (5), del fenomeno di passaggio che Purini ha definito dal museo al post-museo al trans-museo (6), i musei hanno finito col riconoscere la necessità di riflettere in maniera più analitica sull’esperienza offerta ai
visitatori; per questo motivo occorre considerare il museo alla luce del suo ruolo di spazio
dell’educazione e della comunicazione. Per queste ragioni è necessario un rinnovato
rapporto con i visitatori, ricercando un loro coinvolgimento attivo nel processo di
costruzione e d’interpretazione delle conoscenze e delle empatie con i contenuti del
museo. Questo nuovo modello di museo, il museo educativo, comunicativo e inclusivo,
che riesce a coniugare identità, valori e dialogo, risponde alle esigenze etiche, politiche,
sociali ed economiche attuali. Il museo deve, quindi, essere in grado di intercettare e di far
emergere i bisogni di cultura inespressi e latenti nell’attuale società, e di interpretarne le
richieste al fine di stimolare il desiderio di conoscenza, di confronto e di dialogo da parte
dei suoi pubblici. Un «museo relazionale» (7), una realtà dinamica luogo di esperienza
conoscitiva, aggregazione sociale, crescita civile e ridefinizione identitaria dei singoli e
delle collettività, che diventa un sistema di interpretazione del presente. L’ultimo fronte di
questo cambiamento è, quindi, lo sviluppo di una nuova narrativa all’interno del museo, in
cui il visitatore, coinvolto in prima persona, può esplorare e formulare opinioni, confrontarsi
con gli artisti e con gli esperti del museo, interagire e relazionarsi con le con le proposte e i
progetti espositivi.
(1) Cfr. Ferrari F., Lo spazio critico. Note per una decostruzione dell’istituzione museale, Luca
Sassella Editore, Roma 2004
(2 )T. Trini, Argan. Intervista sulla fabbrica dell’arte, Laterza, Bari 1980, p. 124-125.
(3) Su questi temi sono stati analizzati in modo particolare gli atti del convegno internazionale I
musei dell’iperconsumo, a cura di P. Ciorra e S. Suma, Triennale di Milano – Accademia
Nazionale di San Luca, Roma 2003; e il volume S. Zuliani (a cura di), Il museo all’opera.
Trasformazioni e prospettive del museo d’arte contemporanea, Bruno Mondadori, Milano 2006
(4) In particolare sono stati presi in esame il volume J. Jiménez, Teoria dell’arte, trad. it., Aesthetica
Edizioni, Palermo 2007 e il saggio H. Belting, Il museo: riflessione e sensazionalismo?, in F.
Luisetti e G. Maragliano (a cura di), Dopo il museo, Trauben, Torino 2006.
(5) Cfr. A. Trimarco, Post-storia. Il sistema dell’arte, Editori Riuniti, Roma 2004.
(6) F. Purini, Museo, post museo, trans museo, in S. Zuliani (a cura di), Il museo all’opera, cit.
(7) S. Bodo (a cura di), Il museo relazionale. Riflessioni ed esperienze europee, Fondazione
Giovanni Agnelli, Torino 2003.
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