Autodeterminazione e trattamento medico: il rifiuto alle cure
Abstract
Il presente studio, relativo all’autodeterminazione in campo medico ed al diritto di rifiutare i cd.
trattamenti di fine vita, si apre con l’individuazione della copertura costituzionale dei concetti che
regolano la materia. Si opera così un’analisi costituzionalmente orientata del principio di
autodeterminazione e di quello di consensualità nella specifica sfera dei trattamenti sanitari. Da un
approccio puramente scientifico, cioè estraneo da influenze non giuridiche, si evince che solo il
consenso o il rifiuto sono gli elementi decisivi nella scelta delle cure.
In questa prospettiva si percepisce nitidamente che il discrimen sia rappresentato dalla
sussistenza o meno della capacità del soggetto interessato. Di conseguenza il primo capitolo è
dedicato alla condizione del soggetto capace di autodeterminarsi ma impossibilitato ad agire. Ci si è
occupati dei cd. diritti di terza generazione e del cd. diritto a lasciarsi morire sia da un punto di vista
generale sia nei suoi riflessi pratici così come si sono manifestati, tra gli altri nel noto caso
“Welby”. Sulla scorta di tale bipartizione tra capacità ed incapacità del malato lo spettro d’analisi si
è rivolto, poi, allo studio di quest’ ultimo status.
In particolare, restringendo la ricerca al consenso nel preciso ambito delle cure sanitarie, se ne
individuano le caratteristiche ed i tipi lasciando intravedere le maggiori criticità del sistema
giuridico nella misura in cui esso è diretto alla tutela degli individui. Anche in questo capitolo,
senza perdere di vista i valori ed i principi generali ed il loro inquadramento sistematico, si opera un
collegamento ad un’altra vicenda giuridica oltre che umana, nota a tutti come caso “Englaro”. Di
ciò si sostanzia il secondo capitolo. Il terzo, in stretta connessione logica ed argomentativa,
s’incentra sulle risposte che l’ordinamento ha inteso offrire per garantire la libera
autodeterminazione qualora il soggetto interessato non sia capace nel momento in cui è chiamato ad
esprimere la propria volontà.
Si sottopone ad analisi pertanto il disegno di legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento.
Di tale nuovo istituto se ne sottolineano, da un lato, i requisiti di validità ed efficacia e dall’altro, la
particolare importanza della nomina del fiduciario e del rapporto di quest’ultimo con il medico da
cui dovrebbe essere estrinsecata la “ voce” del paziente.
Infine, dirigendo la lente di indagine oltre i confini nazionali, è stato possibile intravedere
elementi tanto assonanti quanto dissonanti delle discipline straniere rispetto a quella in elaborazione
in Italia. Pertanto, seguendo il classico schema di suddivisione, proprio del diritto comparato, tra
aree di common law e di civil law, mentre le prime si caratterizzano per una certa compattezza ed
omogeneità nelle soluzioni legislative approntate, turbate solo dalle diversità di impostazione tra
living will e best interests, le seconde, ossia i paesi di civil law si presentano, invece, estremamente
variegate negli assetti legislativi adottati.
In via d’ultima analisi, seguendo il percorso appena descritto, si è voluto per un verso definire le
più recenti risposte legislative al problema, partendo dai loro presupposti giuridici e per l’altro,
collocarle in una prospettiva più ampia da cui trarne spunti di riflessione e possibilità di
miglioramento. [a cura dell'autore]