In Patagonia: viaggi, movimenti, scritture. Alcuni percorsi
Abstract
La tesi, scandita in cinque capitoli, dopo un inquadramento teorico della letteratura di viaggio, che configura quest’ultimo come metafora di un percorso di conoscenza, si concentra sulle origini del mito letterario costituito dal locus patagonico. Vengono indagate le motivazioni odeporiche di Antonio Pigafetta, autore della relazione del primo viaggio intorno al mondo; le conseguenze della “deformazione” da lui operata circa le dimensioni degli abitanti del Fin del Mundo (deformazione che ha fornito suggestioni alla parola poetica di Shakespeare e al pensiero di Vico); alcune forme dell’immaginario occidentale in rapporto al tema dello Stretto e della scoperta del passaggio a sud-ovest da parte di Magellano.
Una parte della tesi è dedicata a una tematica che si ritiene sin qui piuttosto trascurata nella tradizione culturale della Patagonia: la presenza (l’operosità) femminile in una regione da sempre considerata “terra per uomini”. La tesi ricostruisce alcune microstorie femminili (viaggiatrici, pioniere, bandoleras), che attraverso la contingenza del loro precario esistere, permettono il formarsi di un quadro più veritiero e articolato della macrostoria. Questa parte della tesi è completata, attraverso l’analisi dei testi letterari, da una ricostruzione del “viaggio”, doloroso e complesso, che la cautiva (donna bianca rapita dagli indios) ha dovuto vivere fra due civiltà diverse e tra loro antagoniste.
La tesi si occupa, infine, di due esploratori italiani poco conosciuti ai più, ma che hanno grandemente contribuito alla conoscenza delle regioni magellaniche, delle montagne patagoniche e delle etnie fuegine: Giacomo Bove e Alberto Maria De Agostini.
La Patagonia “minore” di questo studio (che ha rinunciato a “oggetti culturali” come Chatwin, come Coloane o Sepúlveda) sottolinea l’elemento del racconto presente in tutte le tipologie di viaggio e le scritture analizzate, e conferma la tesi di partenza: la Patagonia, per i suoi caratteri estremi, attiva nel viaggiatore una produzione di immagini di tipo proiettivo e di contatto profondo con la psiche.
Fra le esperienze di scrittura raccolte (a parte, ovviamente, gli illustri autori del canone rioplatense presenti nel capitolo dedicato alle cautivas), viene segnalato, per dignità e compiutezza, il caso di Alberto Maria De Agostini, nella cui prosa divulgativa trapela un’intenzionalità circa la dimensione formale che appartiene di diritto alla letterarietà del testo. [a cura dell'Autore]