L'insolvenza del debitore civile e composizione della crisi di sovraindebitamento
Abstract
L’attuale contesto di crisi economica, che riverbera i suoi
effetti, in particolare, sulla vulnerabilità finanziaria dei nuclei
familiari e delle imprese, ha evidenziato con maggiore intensità i
fenomeni del sovraindebitamento delle famiglie e, in generale,
dell’insolvenza civile.
Tali fenomeni sono, da più tempo, oggetto di analisi della
Banca di Italia e di osservatori legati alle associazioni di
consumatori che, con cadenza annuale, forniscono dati statistici
sull’erosione delle disponibilità economiche delle famiglie e
delle imprese e, quindi, sull’incapacità, per una data percentuale
di tali soggetti, di adempiere gli obblighi finanziari assunti.
I tumultuosi eventi economici e il conseguente imperversare
della crisi economica e sociale che ha coinvolto l’Italia,
unitamente ad altri Paesi dell’Unione Europea, ha dato al
legislatore forti impulsi a colmare un deficit normativo, quello,
cioè, di fornire una disciplina, a tutti i soggetti esclusi
dall’ambito di applicazione della legge fallimentare, finalizzata
a rendere possibile la composizione della crisi da
sovraindebitamento, riproducendo istituti simili a quelli
introdotti con la riforma della legge fallimentare.
Le problematiche relative all’insolvenza civile sono legate
in misura maggiore al sovraindebitamento attivo, cioè ad una
errata considerazione sulla propria futura capacità di reddito, la
quale determina una eccessiva esposizione al credito al
consumo. Vi è poi il sovraindebitamento passivo, quello, cioè,
determinato dagli accidenti della vita, come gravi malattie,
perdite del posto di lavoro o divorzio.
Partendo dalla descrizione del fenomeno del
sovraindebitamento si analizza la recente introduzione nel nostro
ordinamento di una disciplina più agile e moderna al settore
dell’insolvenza civile, uniformandosi ai principi comunitari e
alle scelte adottate dagli altri Paesi dell’Unione Europea.
Il legislatore comunitario ha da lungo tempo avvertito
l’esigenza di disporre una disciplina in grado di contenere
l’impatto economico e sociale del sovraindebitamento e di
indicare le linee guida per la disciplina dell’insolvenza civile.
In tale contesto nel 1992 venne pronunciata la Risoluzione
del Consiglio sulle future priorità per lo sviluppo delle politiche
di protezione dei consumatori, tra le quali veniva inclusa per la
prima volta una attività di ricerca sul sovraindebitamento; poi,
con la delibera del Comitato Economico e Sociale del 27
maggio 1999 fu affidato alla Commissione Mercato Unico,
Attività produttive e Consumatori, il compito di redigere un
dossier informativo sul sovraindebitamento dei nuclei familiari e
di procedere alla stesura di un Libro Verde, che dopo avere
analizzato i dati statistici del fenomeno, nonché le diverse
discipline nazionali, giungesse ad una unica definizione di
sovraindebitamento da cui partire per i successivi interventi
regolatori.
Tale iter prosegue negli anni fino a raggiungere
l’affermazione del principio di utilità del fresh start ritenuto
come incentivo all’avvio d’iniziative imprenditoriali, da cui
scaturisce la necessità, considerata l’importanza economica e
sociale del fenomeno, di uniformarne la disciplina nelle
legislazioni degli Stati dell’Unione Europea.
Nella Comunicazione della Commissione europea del 2007
sul fresh start delle imprese in crisi o insolventi, si segnala il
favore, nei futuri progetti legislativi e di armonizzazione
normativa comunitaria, per le politiche della seconda possibilità,
che favoriscono la ristrutturazione delle imprese piuttosto che la
loro liquidazione, il rilancio, anziché la perdita del valore
aziendale e, comunque, la concezione dell’insolvenza quale
evento fisiologico del course of business.
In Italia, prima della riforma del diritto fallimentare, sono
stati presentati dei progetti legislativi in tema di insolvenza
civile. Il primo è quello depositato da Adiconsum presso il
CNEL nel 2001, segue poi un altro disegno di legge presentato
alla Camera dei Deputati nel 2004 dal gruppo D.S. sul tema
dell’insolvenza civile, il quale abilitava le persone fisiche, anche
non imprenditori, ad ottenere l’esdebitazione o attraverso un
sistema di regolazione dei debiti approvato dalla maggioranza
dei creditori, ed omologato dal giudice, oppure mediante la
liquidazione concorsuale dell’intero proprio patrimonio, affidato
ad un fiduciario o ad un curatore di nomina giudiziale.
Durante i lavori preparatori alla riforma della legge
fallimentare, la Commissione Trevisanato ha preso in
considerazione una procedura che si rivolgeva a tutti i debitori
civili non fallibili, inclusi i piccoli imprenditori. Si trattava di un
accordo di ristrutturazione concordato con tutti i creditori e in
caso di sua mancanza, l’applicazione di una liquidazione dei
beni semplificata a carattere esdebitatorio per il debitore
meritevole. Successivamente, la Commissione Trevisanato bis
ha preso ugualmente in considerazione i debitori civili,
imprenditori e non, ma ha posto inoltre come possibilità di
accesso a tale procedura una soglia di indebitamento superiore a
200.000 euro.
Pertanto, in tali lavori preparatori si poneva il problema
dell’applicazione di meccanismi di esdebitazione anche alla
ipotesi dell’insolvente civile, ma infine si sceglieva di mantenere
la distinzione tra le due procedure e di applicare ai soli soggetti
fallibili questi istituti di favore, adducendo quale motivazione
che si era fuori dai limiti della delega.
Tale scelta faceva emergere il dubbio che poteva esservi una
non conformità al principio di parità di trattamento previsto
dall’art. 3 Cost..
Il legislatore, in considerazione della presenza nei paesi
dell’Unione Europea di leggi disciplinanti l’insolvenza civile e
animato da forti impulsi a colmare un tale deficit normativo, ha
elaborato in un contesto diverso dalla legge fallimentare,
nell’ambito cioè dei provvedimenti in materia di usura, un
disegno di legge S. 307, su iniziativa del Senatore Centaro,
avente ad oggetto “Disposizioni in materia di usura e di
estorsione, nonché di composizione delle crisi da
sovraindebitamento”
L’iter di formazione di questa legge è stato molto
travagliato, si è avuto, infatti, un esame parlamentare
estremamente complesso che ha portato all’approvazione di un
testo solo dopo diversi interventi dell’esecutivo con
decretazione d’urgenza, in un contesto finanziario e politico
estremamente delicato.
Tale iter si è concluso con la promulgazione della legge
n.3/2012 sulla composizione delle crisi da sovraindebitamento,
approvata il 27 gennaio 2012, con la quale si intende porre
rimedio alle sempre più diffuse situazioni di indebitamento di
soggetti, persone fisiche ed enti collettivi, a cui non sono
applicabili le disposizioni in materia di procedure concorsuali, e
ai quali viene offerta la possibilità di concordare con i creditori
un piano di ristrutturazione dei debiti. L’attuale testo entrato in
vigore prevede corpose modifiche, finalizzate ad aumentarne
l’efficacia operativa, che riguardano, in particolare, il
presupposto soggettivo, individuando uno specifico
procedimento per il consumatore il quale diviene beneficiario di
un’apposita procedura di composizione della crisi, con l’innesto
di una possibile fase liquidatoria e la previsione di un sub
procedimento di esdebitazione.
Ciò risulta coerente con la necessità di attribuire alle
procedure di insolvenza del debitore civile, l’opportunità di
beneficiare del fresh start, cioè di ripartire da zero e ottenere
nuovamente un ruolo attivo nella economia, senza il peso delle
situazioni debitorie pregresse. In questo modo l’Italia si dota di
uno strumento che consente, alla stregua di altri Paesi
dell’Unione Europea e degli Stati Uniti d’America, la
realizzazione del discarge, cioè dell’effetto di esdebitazione del
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debitore-consumatore, nel rispetto di determinati limiti atti a
garantire che non vi sia un abuso di tale opportunità
Questo risulta finalizzato, sul piano dell’impatto economico
e sociale, a consentire una ripresa della domanda interna,
attualmente compressa, come emerge dai trend decrescenti degli
indici della propensione al consumo delle famiglie; inoltre,
tenendo presente la posizione delle imprese non fallibili,
l’introduzione dell’esdebitazione dovrebbe favorire il ricorso al
credito e agli investimenti di soggetti che altrimenti sarebbero
tagliati fuori dal circuito creditizio. Ulteriori effetti si
dovrebbero riverberare anche sull’amministrazione della
giustizia, determinando una razionalizzazione delle procedure
esecutive individuali e una contrazione delle stesse per una
percentuale stimabile attorno al 20%. [a cura dell'autore]