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dc.contributor.authorDi Giacomo, Francesco-
dc.date.accessioned2013-12-05T11:07:51Z-
dc.date.available2013-12-05T11:07:51Z-
dc.date.issued2013-10-04-
dc.identifier.urihttp://hdl.handle.net/10556/890-
dc.description2010 - 2011en_US
dc.description.abstractIl problema dell’esatta definizione della natura e del valore (ontologico o logico-linguistico) della tavola categoriale aristotelica, fu una delle più interessanti ed importanti cause di sviluppo del pensiero medievale. Da esso, e dal corrispondente problema relativo allo statuto ontologico degli universali e del loro rapporto con gli individui, ebbe storicamente origine l’antitesi tra i due principali indirizzi di pensiero di quel periodo: il realismo ed il nominalismo. Questo schema storiografico, proprio perché più facile da riconoscere delle filosofie che lo hanno ispirato, ha finito per avere una maggiore longevità ed un’influenza pervasiva sullo studio dell’evoluzione storica del pensiero medievale. In tal senso, esso è giunto a trasformarsi in una premessa teorica ineludibile per affrontare lo studio del pensiero dei diversi autori di quel periodo e tentare, in relazione ad essi, una valutazione retroattiva e ragionata dell’efficacia o della sommarietà di questo stesso modulo storico-interpretativo di partenza. Entro tale prospettiva, un caso di rilevante interesse, per il rigore e la modernità degli argomenti trattati, è quello della dottrina categoriale e delle connesse teorie semantiche e gnoseologiche di Giovanni Buridano. Pur essendo conosciuto come una delle figure di spicco del movimento di pensiero nominalista, infatti, Buridano seppe percorrere in maniera originale la strada aperta dal suo illustre predecessore e punto di riferimento teorico Guglielmo di Ockham, che con la sua critica alla metafisica e alla filosofia della natura tradizionali, contribuì in modo decisivo agli sviluppi filosofici che, dalla morente scolastica, porteranno, in seguito, verso l’affermazione della filosofia moderna. Come ben documentato dagli studi di William J. Courtenay ed in particolare dal suo Ockham and Ockhamism, il nominalismo del secolo XIV non può difatti essere ridotto al semplice ockhamismo. In particolare, Buridano, al quale una consolidata tradizione storiografica aveva attribuito un’imprescindibile dipendenza dal pensiero del Venerabilis Inceptor, deve essere considerato come il fautore di un diverso modo di intendere il terminismo logico il cui obiettivo principale era lo sviluppo di una teoria del significato dei termini che permettesse di spiegare il funzionamento del linguaggio a partire dalla riduzione del numero di entità necessarie per farlo. In tal senso, l’opportunità di scardinare un modello interpretativo consolidato nel tempo, come quello della totale dipendenza di Buridano dal suo maestro, è offerta dalla lettura del suo commento alle Categorie di Aristotele, a cui questo lavoro di tesi è principalmente dedicato. Nel tentativo di elaborare un’esegesi coerente del testo aristotelico, infatti, i due autori medievali hanno manifestato i loro differenti approcci all’interpretazione dello statuto ontologico della realtà, modulando in vario modo, all’interno dello stesso indirizzo di pensiero, i medesimi presupposti ontologici e linguistici di partenza. Pertanto, lo scopo immediato del lavoro di tesi proposto sarà quello della lettura e dell’analisi del commento alle Categorie di Buridano, cercando di coglierne sincronicamente gli elementi di novità e distinzione rispetto alla dottrina categoriale di Ockham; mentre invece il fine più generale di esso sarà la collocazione in senso diacronico del pensiero del filosofo piccardo all’interno del panorama filosofico del nominalismo, rispetto al quale offrirà l’occasione di mettere in evidenza l’interna vitalità e la conseguente irriducibilità di esso ad un generico movimento di pensiero. Al di là dello stretto legame con Guglielmo di Ockham - soprattutto per quanto riguarda la costruzione di un’ontologia povera di entità -, ci sono aspetti del pensiero di Buridano, come il modo di intendere le proprietà semantiche dei termini concettuali e le condizioni di verità degli enunciati, su cui le loro posizioni divergono anche in maniera sensibile. I risultati conseguiti da questa ricerca oltre a consentire di dare un senso più preciso all’affermazione della dipendenza di Buridano da Ockham per quanto riguarda l’accettazione dei presupposti teorici a partire dai quali elaborare la teoria dei termini categoriali mostreranno, per mezzo di concrete diversità nella scelta e nella rielaborazione di alcuni classici strumenti semantici come le teorie della supposizione e della predicazione, che il maestro delle arti parigino non sia stato un pensatore poco originale, quanto uno spirito critico che aveva una collocazione precisa nell’ambito della variegata “geografia” filosofica del nominalismo tardo-medievale. Tutto ciò, consentirà infine una valutazione critica degli aspetti più specificamente filosofici delle sue teorie riconducibile al convincimento di natura semantica che non è possibile rinunciare a cercare un fondamento nel reale per le divisioni e catalogazioni del linguaggio, per cui nel mondo extra-mentale vi sono certamente sostanze individuali significate da un particolare punto di vista che coglie un qualche aspetto o modo d’essere accidentale della loro realtà complessiva. Le differenze tra i due maestri, sono riconducibili, come avremo modo di vedere, al convincimento di natura semantica proprio di Buridano che non è possibile rinunciare a cercare un qualche fondamento nel reale per le divisioni e catalogazioni del linguaggio, per cui i diversi punti di vista a partire dai quali denotiamo le sostanze individue connotando qualcosa d’altro, colgono pur sempre un qualche aspetto (o modo d’essere) della loro realtà complessiva, che è poi ciò che vanno a connotare. La tesi, complessivamente strutturata in cinque capitoli, risulta idealmente divisa in due parti: la prima, di carattere più storico, è volta a chiarire i due punti di riferimento dottrinale di Buridano, e cioè il testo e la teoria delle categorie aristotelica e l’intepretazione che ne diede Ockham; la seconda, invece, è dedicata ad uno specifico approfondimento della teoria semantica dei termini e della predicazione di Buridano, vista nel suo contesto gnoseologico, e all’analisi testuale delle Quaestiones in praedicamenta del maestro piccardo. Nello specifico, il primo capitolo propone una breve analisi del trattato aristotelico fatta alla luce delle acquisizioni storiografiche più recenti, ma al fine di chiarire la problematicità e la complessità del testo, visto come aperto alla molteplicità di interpretazioni che nel corso della tarda antichità e nel medioevo ne sono state date. Il secondo capitolo, invece, è dedicato ad una presentazione della dottrina categoriale elaborata da Ockham, inserita nel contesto generale della sua logica dei termini. Nel rifiutare la tendenza dei vari commentatori antichi e medievali a sublimare i significati in referenti che, dal punto di vista categoriale, individuano le cose significate dalle voci e non i nomi ed i concetti attraverso i quali ci riferiamo ad esse, Ockham elabora il primo esempio di un’esegesi esclusivamente logica delle Categorie. L’idea che guida il Venerabilis Inceptor in questa scelta interpretativa consiste, fondamentalmente, nel negare che la nostra conoscenza delle cose debba essere garantita dal valore ontologico degli universali e delle categorie. Per garantire il valore della nostra conoscenza è infatti sufficiente, per Ockham, riuscire a spiegare come il linguaggio possa vertere sul reale senza per questo rispecchiarne analiticamente elementi e strutture. Particolare attenzione è stata perciò riservata alle opere principali di Ockham su questo argomento, come la prima e la seconda parte della Summa logicae e la Expositio in librum Praedicamentorum. La seconda (ideale) sezione, la più cospicua, concerne lo sviluppo della dottrina categoriale di Buridano, incentrata in modo particolare sul ruolo della semantica dei concetti per una corretta classificazione dei termini. Buridano, come Ockham, sostiene una forma di nominalismo nella quale l’esigenza di considerare il linguaggio nei suoi rapporti con il pensiero e con le cose deve essere coniugata ad una ferma presa di distanza dal realismo rigidamente corrispondentista difeso da diversi filosofi del XIII secolo, come ad esempio Duns Scoto. Anche il maestro parigino, infatti, parla delle categorie come di classi particolari di termini (più esattamente, per le categorie degli accidenti, di termini connotativi), distinte le une dalle altre per la loro differente capacità semantica. Nel suo commento alle Categorie, però, Buridano ripropone, staccandosi da Ockham, la cosiddetta “via boeziana” ossia l’idea che i segni linguistici significhino anzitutto i concetti e solo secondariamente le cose. Nella tesi si mostrerà pertanto come Buridano, fedele al pensiero di Boezio, optò per questa via e derivò da questa scelta un’originale interpretazione delle Categorie di Aristotele nell’ambito della corrente nominalista alla quale storicamente appartenne. Difatti, dalla scelta di attenersi alla tradizione classica e di far corrispondere ai nomi i concetti (e poi le cose), derivano due dei temi cardine su cui il maestro piccardo fonda la sua interpretazione della tavola categoriale: 1) quello del numero dei suoi settori (sufficientia praedicamentorum); 2) e quello della sua portata ontologica. Rispetto al primo punto, per Buridano, le categorie corrispondono al numero di tipi di concetti comuni con i quali apprendiamo tutto ciò che può essere predicato, direttamente o indirettamente, delle sostanze prime. Per il filosofo francese, dunque, le categorie non servono a classificare né le cose né i nomi, ma le diverse modalità (o punti di vista) attraverso le quali apprendiamo e poi significhiamo le realtà sostanziali. E’ solo in funzione del nostro modo di rivolgerci intenzionalmente alle sostanze particolari, infatti, che i termini possono essere classificati come connotativi o non connotativi, a seconda che servano a significare ciò che accade d’essere alle sostanze o a denotare la loro costitutiva assolutezza ontologica. In questo riferimento ad aspetti (seppure contingenti) della realtà delle sostanze individue, consiste la maggiore apertura di Buridano (rispetto ad Ockham) nei confronti del realismo: la diversità delle categorie non dipende, per lui, soltanto dalla diversità dei modi di concepire le sostanze particolari, poiché il nostro processo gnoseologico coglie pur sempre una effettiva complessità di aspetti, secondari ma reali, delle cose esistenti. Per meglio chiarire il duplice aspetto di intellezione e significazione della realtà sostanziale da parte delle categorie, il capitolo finale, dedicato all’esame delle Quaestiones in praedicamenta, è stato fatto precedere da un capitolo dedicato alla semantica dei termini e da uno dedicato alla teoria della conoscenza, nel quale vengono analizzate alcune tra le questioni principali dei vari commenti al De anima di Buridano. Seguendo la strada già indicata da Boezio il quale riteneva che l’intentio delle Categorie fosse quella di parlare delle voci significative in quanto tali, e quindi indirettamente anche di ciò che i termini significano, Buridano oltre a riaffermare l’esistenza di una relazione molto stretta tra termini (vocali o scritti) e concetti a cui essi rinviano, ha premura di mettere l’accento sulle diverse forme di corrispondenza dei concetti alla realtà esterna (res extra). Per il maestro del Collège de Navarre, il discorso categoriale non deve concentrarsi solo sui segni considerati di per se stessi, ignorando la realtà che ad essi corrisponde, ma conservando al reale il luogo di referente di ogni atto di intellezione e di significazione, mettere in evidenza la natura semantica dei segni linguistici di cui la conoscenza si serve per render conto ed interpretare i modi d’essere delle cose a cui essa è rivolta (e da ciò mi sembra derivi la concezione estensionale distributiva degli universali in rapporto ai particolari). A completare il lavoro, nelle conclusioni finali, viene data una valutazione complessiva della dottrina categoriale di Buridano, vista nel suo rapporto di analogia e originalità con quella di Ockham. [a cura dell'autore]en_US
dc.language.isoiten_US
dc.publisherUniversita degli studi di Salernoen_US
dc.subjectConoscenzaen_US
dc.subjectLinguaggioen_US
dc.subjectStruttura del realeen_US
dc.subjectCategorieen_US
dc.titleConoscenza e struttura del reale nel commento alle categorie di Giovanni Buridanoen_US
dc.typeDoctoral Thesisen_US
dc.subject.miurM-FIL/08 STORIA DELLA FILOSOFIA MEDIEVALEen_US
dc.contributor.coordinatored'Onofrio, Giulioen_US
dc.description.cicloX n.s.en_US
dc.contributor.tutorConti, Alessandro Domenicoen_US
dc.contributor.cotutorAmerini, Fabrizioen_US
dc.identifier.DipartimentoScienze del Patrimonio Culturaleen_US
È visualizzato nelle collezioni:Filosofia, scienze e cultura dell'età tardo-antica, medievale e umanistica

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abstract in italiano F. Di Giacomo.pdfabstract in italiano a cura dell’autore42,63 kBAdobe PDFVisualizza/apri
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