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dc.contributor.authorRenzulli, Carmine
dc.date.accessioned2014-05-13T10:58:04Z
dc.date.available2014-05-13T10:58:04Z
dc.date.issued2012-07-27
dc.identifier.urihttp://hdl.handle.net/10556/1288
dc.identifier.urihttp://dx.doi.org/10.14273/unisa-166
dc.description2010 - 2011en_US
dc.description.abstractIl presente studio ha per oggetto il trattamento destinato alle opere culturali dei media nel quadro delle regole e dei principi che informano il diritto degli scambi commerciali in ambito internazionale ed europeo. I timori da molti manifestati circa le ripercussioni del processo di globalizzazione sociale, giuridica ed economica in atto sulle specificità e le tradizioni culturali locali, si amplificano e giungono al culmine quando si affrontano le politiche sul mercato dei media: in questo contesto, le trattative sul commercio e sugli investimenti si sono arenate sulla questione di una «eccezione culturale» che consentirebbe di rivolgere ai prodotti e ai servizi culturalmente rilevanti un trattamento differenziato rispetto alle altre categorie di beni o servizi, in virtù della convinzione che, per svilupparsi, la produzione culturale necessiti di un certo sostegno pubblico. Se, in diritto internazionale, la questione si è posta con tutta la sua problematicità al termine dell’Uruguay Round del 1994, con l’inserimento, tra le regole commerciali, di una clausola che escludeva il cinema e gli altri prodotti audiovisivi dalle norme adottate durante il negoziato, nel processo di integrazione europea l’esigenza di garantire la diversità culturale è destinata a scontrarsi con la spinta verso la realizzazione del mercato unico, che da sempre rappresenta una sua tematica propulsiva. Sul diverso versante della cooperazione in materia culturale, la Dichiarazione sulla diversità culturale promossa nel 2001 dall’UNESCO ha gettato le basi per una serie di iniziative internazionali le quali – volte ad incoraggiare la creazione di standard per la tutela della cultura nelle sue molteplici manifestazioni – sono culminate nel 2005, con la conclusione della Convenzione sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali, primo strumento vincolante volto a garantire la diversità culturale. Nel tentativo di fornire una ricognizione generale sulle correlazioni che la produzione artistico-culturale dei media vive con il regime degli scambi commerciali, il lavoro sarà anzitutto orientato a comprendere, in via preliminare, quale sia il ruolo rivestito da tali opere nel più ampio contesto del patrimonio culturale. In tal senso, nel primo capitolo si osserverà come la nozione di cultural heritage si sia evoluta nel corso degli anni subendo un processo di progressivo ampliamento rispetto ai canoni classici, in cui i media vengono in considerazione in una prospettiva nuova e del tutto particolare, così come crescente è il rilievo assunto dalle imprese culturali (cultural industries) dei media, le quali si trovano oggi ad operare in un mercato globalizzato, cui fanno capo quote sostanziose di diritti di proprietà intellettuale e di cui non è agevole fornire una definizione valevole in ambito internazionale, anzitutto in virtù delle differenze sociali e normative esistenti tra gli Stati nel modo di concepire la produzione artistica. Nel corso del secondo capitolo sarà approfondita l’analisi dei rapporti tra mercato e cultura nell’ordinamento giuridico internazionale. In particolare, dopo aver analizzato in dettaglio la Convenzione sulla protezione e la promozione delle diversità delle espressioni culturali, si volgerà lo sguardo al regime degli scambi internazionali negoziato nell’ambito dell’OMC, valutando se l’articolato della Convenzione UNESCO del 2005 risulti idoneo, conformemente alle aspettative, a rappresentare un valido compromesso, per la produzione artistica dei media, tra esigenze commerciali e valori culturali. Il terzo capitolo sarà infine volto ad esaminare le relazioni intercorrenti tra mercato e cultura nel diritto dell’Unione Europea, dove le soluzioni raggiunte sono più interessanti grazie al maggior grado di integrazione tra gli Stati membri. In tale ambito, sono ancora diverse le deroghe concesse agli Stati membri dell’Unione in virtù di valori sovraordinati che possono dar luogo, tra le altre, alle restrizioni di cui all’art. 36 TFUE o alla compatibilità degli aiuti di Stato contemplati dall’art. 107 (3) TFUE. In entrambe le norme considerate, ricorrono le ipotesi di protezione e promozione della cultura tali da non incidere in misura eccessiva sullo sviluppo del libero scambio e della concorrenza tra imprese. Prescindendo dalla salvaguardia del patrimonio culturale stricto sensu, il lavoro intende complessivamente osservare – alla luce della normativa di riferimento e della giurisprudenza più significativa sul tema – entro quali limiti le imprese nazionali operanti nel settore dei media (editori librari e musicali, emittenti radiotelevisive, produttori cinematografici) possano legittimamente essere destinatarie di trattamenti privilegiati in ragione del loro status di «imprese culturali» e quando, viceversa, tali agevolazioni risultino contrastanti con i monolitici principi posti a tutela del libero mercato nell’attuale scenario globale. [a cura dell'autore]en_US
dc.language.isoiten_US
dc.publisherUniversita degli studi di Salernoen_US
dc.subjectIndustria culturaleen_US
dc.titleIl regime di diritto internazionale applicabile alle cultural industriesen_US
dc.typeDoctoral Thesisen_US
dc.subject.miurIUS/13 DIRITTO INTERNAZIONALEen_US
dc.contributor.coordinatoreZiccardi Capaldo, Giulianaen_US
dc.description.cicloX n.s.en_US
dc.contributor.tutorZiccardi Capaldo, Giulianaen_US
dc.contributor.tutorNino, Carmineen_US
dc.identifier.DipartimentoStudi Internazionali Diritto ed Etica dei Mercatien_US
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