dc.description.abstract | La problematica della legittimazione democratica degli organi di giustizia costituzionale si caratterizza da sempre, in Europa e non solo, come un fertile terreno di vivace scontro tra opinioni contrastanti. Risale, infatti, alla nascita stessa della giustizia costituzionale, come sistema di tutela delle Costituzioni moderne, il dibattito dottrinale sulla compatibilità con il sistema democratico-rappresentativo della previsione di un organo di giurisdizione costituzionale non rappresentativo in senso proprio, chiamato a sindacare la conformità o meno di un atto legislativo espressione della volontà della maggioranza al testo della Costituzione.
La tematica in questione, di interesse comune a molti Paesi europei, tra cui figura anche il nostro, si è sviluppata parallelamente alla crescita e all'evoluzione della giustizia costituzionale; nata, infatti, come sistema di controllo di costituzionalità delle leggi, e, quindi, come strumento per rendere effettiva ed operante la Costituzione, a cui è precluso ogni giudizio di merito sulle scelte operate dal legislativo, a causa di una combinazione di fattori diversi (l’ ampliamento degli strumenti decisori a disposizione, o l’applicazione del principio di uguaglianza come criterio di ragionevolezza) la giustizia costituzionale ha superato, sempre di più , nel corso degli anni, i limiti della legittimità, invadendo, secondo taluni, il campo del merito legislativo.
A fronte, quindi, della propensione dei giudici costituzionali al rischio di uno sconfinamento nel merito degli atti del legislativo, l' elaborazione teorica, per anni, si è animatamente dibattuta sulla necessità o meno di ancorare il “giudice delle leggi” ad elementi che potessero ricondurlo ai classici canoni della democrazia rappresentativa fondata sulla sovranità popolare.
Questi, dunque, in estrema sintesi, i termini di un dibattito che da molti si considera ormai sepolto da tempo, ma che, invece, sembrerebbe essersi rinvigorito alla luce dei cambiamenti politico- istituzionali che caratterizzano oggigiorno il nostro Paese e che suscitano una serie di discussioni e polemiche in particolare sull'assetto dei poteri dello Stato. Infatti, una parte della dottrina osserva come, negli ultimi anni, la nostra Costituzione ha subito una serie di attacchi frontali da parte delle forze politiche, sottolineando anche una sorta di uso “maggioritario” della Costituzione nelle più recenti proposte di revisione della stessa; in tali casi sembrerebbe, cioè, che le forze politiche di maggioranza tendano ad approvare una propria costituzione, stravolgendo il carattere “antimaggioritario”della stessa.
E' evidente come tutto ciò possa influire anche sul ruolo dell'organo che istituzionalmente è chiamato a tutelare la Costituzione in funzione antimaggioritaria e più precisamente a garantire la conformità delle leggi approvate dalla maggioranza del momento alla Carta fondamentale.
Tale scenario, dunque, comporterebbe, secondo alcuni, un ruolo del Giudice costituzionale più difficile e delicato, oltre che soggetto ad una sempre più maggiore “politicità” della sua attività; ciò, allora, induce, di conseguenza, ad una riflessione ulteriore sul ruolo (che qui non vuole essere oggetto di indagine, ma magari creare uno spunto per un'ulteriore analisi in merito) che, alla luce di quanto affermato, la giustizia costituzionale dovrebbe ricoprire e quindi anche sulla fonte di legittimazione, democratica o meno, delle sue funzioni.
Il problema in questione, inoltre, tocca, necessariamente, anche le modalità di distribuzione della res publica, risultando essere quello più sentito (con maggiore o minore gravità) allo stato attuale nel nostro Paese, poiché attiene al rapporto tra politica e giurisdizione o, per meglio dire, tra potere politico e potere giurisdizionale. Sembra, infatti, che il baricentro del sistema, dal punto di vista istituzionale, tenda a dislocarsi sugli organi titolari delle funzioni legis executio; tra queste ultime è, chiaramente, compresa quella giurisdizionale che, ponendosi a ridosso delle concrete e specifiche vicende sociali, esercita le sue funzioni attraverso l'interpretazione e l'applicazione delle norme, un'attività questa delicata e complessa che spesso si traduce in un adattamento della regola alle peculiarità del caso.
Queste ultime considerazioni hanno portato parte della dottrina a evidenziare il rischio di un incontrollato potenziamento del circuito dell'apparato giustizia, e, più in particolare per ciò che ci riguarda, della giustizia costituzionale; quest'ultima, infatti, essendo sottratta alla logica democratica – rappresentativa, sembra godere di una legittimazione di tipo tecnico e che potrebbe comportare il non auspicabile superamento del “governo delle leggi” a favore del “governo degli uomini”.
Alla luce, quindi, di tali osservazioni, l'obiettivo di questo lavoro di analisi metagiuridica vuole, attraverso la ricostruzione delle posizioni attualmente dominanti nel dibattito in Italia sulla legittimazione democratica della giustizia costituzionale, offrire spunti di comprensione sulla utilità o meno del confronto oggi su tale problematica, per capire cioè se ha ancora un senso la ricerca di elementi che possano collocare gli organi di giustizia costituzionale all'interno del circuito democratico- rappresentativo tradizionalmente inteso, oppure al di fuori di esso.
Preliminarmente si è reso, inoltre, necessario soffermarsi sull'analisi delle tradizionali teorizzazioni sulla legittimazione del potere pubblico che, oggigiorno, sembrano essere in crisi e lasciare il posto a nuove forme di legittimazione. L'analisi delle principali teorizzazioni sulle forme di legittimazione del potere pubblico, da quelle più tradizionali sino a quelle più recenti, è utile, infatti, per comprendere l'influenza che le stesse hanno esercitato sulle riflessioni teoriche riguardanti la legittimazione della Corte costituzionale.
Inoltre, a conclusione di questo lavoro, sono state svolte alcune brevi riflessioni sul concetto di democrazia, in quanto il tema della legittimazione democratica della giustizia costituzionale, al di là della diversità di visione dello stesso come problematica urgente da risolvere o meno, stimola un ripensamento, se così si può dire, sul significato più profondo della democrazia nello stato attuale delle nostre società. [a cura dell'autore] | en_US |