dc.description.abstract | Questo lavoro si propone di esaminare alcune opere scelte di autori della letteratura
contemporanea di lingua tedesca originariamente provenienti dai territori appartenuti alla
Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia. Oggetto della ricerca sono gli scrittori che
hanno vissuto le guerre jugoslave direttamente o indirettamente, e che successivamente si
sono trasferiti nei Paesi di lingua tedesca (Germania, Austria o Svizzera). Del Paese di
destinazione hanno imparato la lingua e in tedesco hanno scritto e scrivono tutt'ora. In questo
senso il lavoro mette al centro dell'analisi il trauma vissuto dagli autori e il corrispondente
senso di paura relativo all'esperienza bellica, così come la tematizzazione della paura
all'interno dei testi letterari. Di seguito il lavoro si concentra sul confronto del motivo della
paura in modo da mettere in evidenza le corrispondenze stilistiche e formali fra le differenti
opere letterarie.
Il metodo di analisi di questa tesi si basa sulla teoria del cronotopo introdotta dal
critico e letterato russo Michail Bachtin, e in particolare sull'analisi del cronotopo della paura
nei romanzi scelti. Scopo di questa ricerca è dimostrare attraverso l'analisi cronotopica come
il trauma della guerra si intessa nelle trame testuali e quali siano esattamente le sue
manifestazioni letterarie nei testi scelti.
Il cronotopo in sé non è un concetto puramente letterario, infatti il suo significato
originario proviene dall'ambito matematico-fisico, e precisamente dalla teoria della relatività
di Albert Einstein, secondo cui le coordinate di spazio e tempo si rivelano variabili
intercambiabili e dipendenti fortemente l'uno dall'altra. La definizione di cronotopo
introdotta da Bachtin viene chiarita nel saggio “Le forme del tempo e del cronotopo nel
romanzo”, nel suo Estetica e romanzo, risalente al 1937. Nelle “Osservazioni conclusive” al
saggio, che sono state aggiunte solo nel 1973, Bachtin riprende la nozione di cronotopo e la
inserisce nel contesto letterario e filosofico contemporaneo, il che dimostra quanto questo
concetto possa apportare nuovi contributi all'analisi dei testi letterari.
Per cronotopo, o spaziotempo, Bachtin intende l'interconnessione dei rapporti
temporali e spaziali che danno forma a un testo letterario. In questo senso viene utilizzato il
termine cronotopo dallo scienziato della letteratura Bachtin, che lo inserisce in ambito
letterario come metafora di un sistema unitario presente nel testo, in cui le coordinate di
spazio e tempo sono imprescindibili l'una dall'altra. Il cronotopo nel testo si presenta come
un'immagine precisa che da sola condensa un motivo ricorrente dell'opera. Nel saggio di
Bachtin vengono citati molti temi (chiamati anche motivi), tipici del romanzo moderno, che
sono fortemente connotati in termini cronotopici; uno di questi è la strada, in cui si
incrociano casualmente persone e personaggi diversi, di diversa estrazione sociale, età e
nazionalità, credo religioso e aspetto fisico. Sulla strada sono possibili incontri tra persone
che di solito sono separati da distanze spaziali o sociali. Le coordinate dello spazio in questo
senso sono condensate nell'asfalto della strada, mentre quelle temporali fluiscono su di essa
proprio come i passanti. Così, scrive Bachtin, “il tempo sbocca nello spazio e vi scorre
(formando le strade)”.
Altra immagine cronotopica tipica della narrativa è quello della città di provincia.
Nella variante di Madame Bovary di Flaubert, ad esempio, si tratta di una cittadina
provinciale dove il tempo ordinario si ripete ciclicamente con il passare dei giorni, dei mesi e
degli anni. Il tempo che avviluppa la vita nella cittadina di provincia di Flaubert è dunque un
tempo ordinario, in cui non succede niente di particolare e i protagonisti ripetono sempre gli
stessi gesti e le stesse azioni. Questo tipo di tempo “attaccaticcio” e quasi del tutto immobile
è usato dagli autori principalmente come tempo di fondo, contrastivo rispetto agli
avvenimenti di primo piano che vengono raccontati nel romanzo.
Secondo le indicazioni di Bachtin ogni testo contiene molte immagini cronotopiche, il
cui studio può svelare nuove tecniche di analisi testuale. In questo modo si propone una
nuova visione del testo letterario, in cui non vengono esaminate esclusivamente le coordinate
temporali o quelle spaziali, bensì il loro reciproco interloquire, in un “dialogo” che è alla
base del principio creativo.
I differenti cronotopi presenti all'interno di un testo possono quindi interconnettersi
fra loro, così come si interconnettono con i cronotopi esterni, quelli non fittizi, in cui l'autore
vive e scrive. In questo modo non restano immagini letterarie astratte ma acquisiscono ancor
più concretezza e reciprocità con il mondo esterno. Nelle sue osservazioni Bachtin non
esclude neanche il rapporto dialogico con il mondo dei lettori: così la materia letteraria
continua a parlarci incessantemente, e non è mai morta. Il cronotopo come concetto diventa
quindi creativo nel pieno senso del termine, poiché si rigenera continuamente nello scambio
tra opera e vita.
Tipico del cronotopo è la capacità figurativa degli eventi attraverso la
concretizzazione del tempo in particolari tagli di spazio. Il tempo si materializza nello spazio,
l'astratto prende forma e significato. Attraverso l'analisi cronotopica della paura questo lavoro
intende proprio rendere tangibile un concetto complesso e altamente discusso come quello
della paura, in modo da fargli acquisire una dimensione propria, letteraria sì ma in continuo
rapporto con la realtà dell'autore e del lettore.
Da subito in questo lavoro si è riscontrato il bisogno di contenere il concetto
sterminato di paura, escludendone le declinazioni psicologiche e psicoanalitiche, entro i
limiti di un determinato campo d'analisi spaziale e temporale, che pertanto include i territori
dell'ex-Jugoslavia subito dopo e durante il periodo delle guerre (1991-1995).
Nell'introduzione alla tesi si distinguerà anche tra i termini “paura” e “angoscia”, in cui il
primo sta ad indicare una reazione concreta ad una causa scatenante, mentre il secondo si
riferisce ad uno stato mentale e psicologico che nella maggior parte dei casi non è causato da
alcuna minaccia concreta. Questo studio si propone di analizzare il fenomeno della paura
come inteso nella filosofia moderna di Freud e Heidegger, ovvero la paura di qualcosa di
determinato e determinabile. La paura della guerra come trauma dell'infanzia, vissuto sia
direttamente ma anche indirettamente dagli autori e dalle autrici dei testi scelti, è la reazione
ad un pericolo reale che trova il suo spazio (e il suo tempo) nella realizzazione dell'opera
letteraria. La scrittura si rivela infatti per gli autori dei testi scelti come lo sforzo di
superamento del trauma. Le soluzioni saranno diverse per ogni autore, ma in tutti i testi si
riscontra il tentativo riuscito o meno di riconciliazione con il passato attraverso la
rielaborazione di ciò che è stato.
Il lavoro si divide in cinque capitoli: ogni capitolo presenta una parte preliminare che
ne riassume l'impostazione metodica generale. Il primo capitolo racchiude alcune linee
introduttive a concetti teorici come migrazione, esilio, estraneità (1.1), così come memoria,
ricordo e oblio (1.2), che sono alla base della successiva analisi testuale. Il secondo capitolo
concentra la sua attenzione sul cronotopo di Bachtin (2.1), e successivamente tratta delle più
rilevanti teorie riguardo lo spazio (2.2) e il tempo (2.3). Nello specifico viene esaminata la
teoria della temporalità di Paul Ricoeur nel suo Tempo e racconto. Il terzo capitolo prende in
esame i testi scelti, che vengono suddivisi per autore e analizzati da un punto di vista
cronotopico. Si tratta di Tauben fliegen auf di Melinda Nadj Abonji (3.1), Engel des
Vergessens di Maja Haderlap (3.2) e Wie der Soldat das Grammofon repariert di Saša
Stanišić (3.3). Particolare attenzione si riserva alla tematizzazione del concetto di paura e
all'elaborazione del trauma attraverso la scrittura. Dall'analisi testuale emergono le immagini
dei cronotopi della paura, i quali vengono successivamente confrontati in modo da
individuarne similarità e differenze. I romanzi scelti presentano alcune tematiche simili che si
sviluppano in maniera differente nel corso della narrazione. Oggetto di analisi del quarto
capitolo è proprio il confronto fra queste tematiche, le quali rispecchiano il contrasto tra il
tempo ante e post migrazione, così come la percezione duplice dello spazio e del tempo da
parte dei protagonisti dei romanzi. Il Paese di origine e il Paese di destinazione, il passato e il
presente sono spaziotempi che si rapportano tra loro in un continuo dialogo, spesso
contrastivo, ma certamente creativo dal punto di vista dell'analisi testuale. Tra i motivi
ricorrenti verranno analizzati il cibo (4.1), la famiglia (4.2) e l'acqua (4.3).
Il quinto capitolo analizza le opere due autori che, pur non avendo vissuto le guerre
jugoslave, ne hanno documentato la portata attraverso i loro romanzi: Meeresstille di Nicol
Ljubić (5.1) e Die gefrorene Zeit di Anna Kim (5.2) offrono al lettore di questo lavoro
un'interessante prospettiva esterna al trauma bellico e al fenomeno connesso della paura. In
questo capitolo verranno presi sotto esame specialmente la tensione tra gli effetti di
straniamento e i tentativi di avvicinamento al trauma da parte delle voci narranti che
assistono dall'esterno agli eventi. Nel paragrafo 5.3 si evidenzia come i cronotopi di questi
due romanzi differiscano da quelli esaminati nel terzo capitolo: in questo caso infatti non c'è
alcuna dicotomia tra gli spaziotempi del passato e del presente, tra tempo ante e post
migrazione, dato che i ricordi della guerra e della famiglia non appartengono alle voci
narranti. Nelle conclusioni verranno infine riassunti e riformulati gli obiettivi principali del
lavoro, così come i risultati e i metodi utilizzati durante l'analisi. In appendice vengono
riportate le trascrizioni dei colloqui svolti con gli autori Nicol Ljubić e Saša Stanišić, che si
sono sviluppati intorno ai temi di colpa e responsabilità personale nei confronti della guerra.
L'obiettivo principale di questo lavoro è dimostrare come il senso di paura che
attanaglia i protagonisti delle opere di Melinda Nadj Abonji, Maja Haderlap e di Saša
Stanišić sia generato dalla frizione tra il passato vissuto nella terra di origine e il presente da
vivere nel Paese di destinazione, cioè da due spaziotempi o cronotopi che si interconnettono
perlopiù in senso contrastivo all'interno dei testi letterari. Questa frizione tra passato
“ricordato”, cioè frutto più o meno attendibile della memoria, e presente crea una frattura fra
le coordinate temporali, le quali si condensano successivamente in spazi o luoghi differenti;
da una parte ci sono i bei ricordi nel tempo passato nel Paese di origine, reminiscenze pregne
degli odori del cibo casalingo e delle voci sonanti dei nonni; d'altra parte c'è il presente da
vivere nel Paese di destinazione, poco accettato dai protagonisti e dominato dalle immagini
del passato. A questi cronotopi vengono assegnati nei romanzi caratteristiche esclusivamente
positive o esclusivamente negative: nei cronotopi connotati negativamente emergono alcune
immagini che condensano il senso di paura dei protagonisti.
In Tauben fliegen auf di Melinda Nadj Abonji il ricordo del passato è per la
protagonista Ildikó Kocsis dolce come le ore trascorse nel giardino di casa della nonna. Tutto
della vita quotidiana in patria viene connotato positivamente: il cibo gustoso, lo sguardo
diretto delle persone, i rumori e gli odori dei parenti, i denti storti della cugina, le montagne
di spazzatura su cui giocano i bambini rom. Il cronotopo della paura, che attraverso
un'immagine cristallizza il trauma della guerra, non ha posto in questo passato intessuto di
piacevoli memorie dell'infanzia, e viene collocato paradossalmente proprio nel presente in
Svizzera, lontano dalla Vojvodina piegata dai conflitti bellici.
La caffetteria Mondial, gestita dalla famiglia Kocsis nella piccola cittadina svizzera,
rappresenta per la protagonista Ildi il vero e proprio luogo del conflitto: seduti al tavolo i
clienti leggono le notizie sul giornale e si domandano se la grandezza del cranio della “razza”
balcanica sia direttamente proporzionale alle loro capacità intellettive; in cucina si sentono le
voci delle lingue “proibite”, il serbo e il croato, delle cameriere che si offendono
attribuendosi a vicenda i nomi di Tuđman e Milošević; intanto alla televisione si vedono le
immagini di città bombardate e di schiere di donne in lacrime di fronte ai corpi dei loro figli
e mariti. Nel terreno svizzero da sempre neutrale si insidia lentamente la guerra. Svizzera e
Serbia entrano in contrapposizione tra loro, cosicché la prima rappresenta il luogo del
conflitto, mentre la seconda quello della pace. Questo paradosso si spiega in questo lavoro
proprio attraverso l'analisi cronotopica: lo spazio svizzero è direttamente connesso al tempo
in cui la protagonista vive, cioè il periodo difficile di crescita in un luogo estraneo, mentre la
Serbia rimarrà sempre nella memoria di Ildi lo scenario idilliaco della sua infanzia felice.
Un'altra immagine cronotopica di essenziale importanza per l'analisi del testo è
rappresentata da un personaggio maschile nel romanzo: si tratta di Dalibor Bastic, un giovane
fuggito dalla guerra croata, che cerca lavoro nella caffetteria Mondial. Di questa figura dai
tratti fuggevoli e sinuosi come le onde del mare croato si innamora perdutamente Ildi.
Dalibor proviene dalla penisola balcanica, parla una lingua dolce e melodica, ha gli occhi
profondi e tristi, e racconta della guerra e del suo passato. Il corpo di Dalibor è snello e
fragile, spesso trema e allora tante piccole gocce di sudore gli imperlano la schiena, altre
volte piange e fissa in silenzio l'acqua del lago davanti al quale i due innamorati si
incontrano. Attraverso il contatto con il corpo di Dalibor Ildi si riconnette direttamente alla
sua patria lontana, assaporandone gli antichi ricordi. Il corpo di Dalibor, e principalmente la
sua bocca, rappresentano lo spaziotempo in cui Ildi ritrova le sue memorie. Nella superficie
circoscritta delle sue mani sottili, sulle sue labbra tremanti e tra gli spazi dei suoi denti storti
Ildi ritrova il suo luogo e il suo tempo di pace. In questo senso il bacio di Dalibor rappresenta
nel testo uno dei momenti in cui i due cronotopi del passato e del presente si fondono
temporaneamente in un attimo di piacere.
In Engel des Vergessens di Maja Haderlap la contrapposizione tra i cronotopi del
passato e del presente ha una struttura antitetica rispetto a Tauben fliegen auf. Il passato nel
piccolo paesino austriaco al confine con la Slovenia assume fattezze esclusivamente
negative, mentre le aspettative della protagonista si concentrano in un tempo futuro lontano
dai luoghi traumatizzanti dell'infanzia. Il cronotopo della paura in questo romanzo viene
quindi identificato nel passato ed è rappresentato dai paesaggi della Carinzia, dove la
protagonista bambina ha vissuto la sua infanzia. La “casa delle api”, dove il padre depresso
tenta il suicidio; il cortile di casa, dove lei gioca con il fratellino a fare la guerra; la foresta
scura e spaventosa, dove i partigiani in passato si sono nascosti; la casa vecchia, luogo dei
racconti agghiaccianti della deportazione della nonna nel campo di concentramento di
Ravensbrück: l'intera Carinzia segna per la protagonista i confini di uno spazio di terrore e
morte, da cui lei vuole fuggire via. Il cronotopo della paura in Engel des Vergessens si
presenta come un idillio distorto, in cui i racconti strazianti dei vicini, gli scoppi d'ira del
padre che da piccolo ha vissuto le torture della polizia e la solitudine della vita di partigiano,
così come le foto in bianco e nero mostrate dalla nonna di donne giovani strappate alla vita
pesano nella coscienza e nella memoria della piccola protagonista che, nonostante non abbia
vissuto direttamente la seconda guerra mondiale, ne ha incamerato il trauma come se fosse il
suo. I ricordi del secondo conflitto mondiale si inaspriranno con l'arrivo imminente della
guerra in Slovenia. La dimensione del presente sembra essere bandita da questi luoghi del
terrore, in cui si parla e si vive esclusivamente nel passato.
Una versione contratta del cronotopo della paura è da individuare nell'immagine della
casa vecchia, in cui si accumula il passato. Dai resti di questa casa i genitori della
protagonista vogliono costruire una casa propria, che meglio si adatti alle loro esigenze. La
nuova casa si erge come un mostro su fondamenta poco solide, e dà l'impressione all'occhio
esterno di tendere continuamente verso il suolo. I muri maldestramente isolati allontanano il
calore e gli odori tipici della casa. La cantina rappresenta l'unico luogo della casa che non è
stato rinnovato, e questa base umida e scura ricorderà sempre alla famiglia il legame con ciò
che è stato. La nuova casa nel romanzo poetico di Maja Haderlap è simbolo della costruzione
del presente che vuole superare il passato senza affrontarlo, semplicemente distruggendolo o
aggirandolo. Per la protagonista è il doloroso memento che il passato non può essere
dimenticato.
L'analisi cronotopica del romanzo Wie der Soldat das Grammofon repariert di Saša
Stanišić presenta tratti comuni nell'organizzazione degli spaziotempi, e tuttavia allo stesso
tempo si distanzia da quella dei due romanzi precedentemente trattati: per il piccolo
protagonista Aleksandar il luogo della paura è rappresentato dalla cantina, dove lui con la sua
famiglia, i parenti, i vicini e tanti altri sconosciuti fuggitivi si è rifugiato durante l'assedio alla
sua città Višegrad. Questo stretto spazio sotterraneo è un microcosmo che ha delle regole
proprie a cui tutti gli “abitanti” devono adattarsi il più in fretta possibile: gli spazi della
cantina, così come quelli del restante edificio si trasformano velocemente, cosicché ci sia
posto per cucinare e per riposarsi. Ogni angolo, la tromba delle scale, gli appartamenti e i
corridoi acquisiscono quindi nuove funzioni, in modo che i tanti fuggitivi possano trovare
spazio per sedersi e aspettare la fine del conflitto. Gli organizzatori esclusivi del nuovo
ordine all'interno della cantina e dell'intero edificio sono senza dubbio i soldati, i quali
entrano ed escono a piacere dalle camere, spesso dormono e mangiano con i fuggitivi e
vigilano che tutto sia sotto il loro diretto controllo. Nulla può restare chiuso e segreto davanti
ai soldati: ecco perché le case e le porte, i cassetti e le vetrine devono rimanere eternamente
aperti, offerti allo sguardo di tutti. Il luogo della paura per Aleksandar è proprio questo spazio
nudo e senza nascondigli che mostra senza vergogna tutto delle relazioni tra gli uomini e che
toglie all'individuo la possibilità di ritrovarsi solo nella parte più intima di sé.
Nella cantina domina incessante il presente traumatizzante della guerra: i bambini
guardano con meraviglia dalla finestra gli enormi e cigolanti carri armati che circondano la
città; i più anziani si riuniscono in cerchio attorno alla radio e ascoltano le terribili notizie
provenienti dall'esterno; le donne cucinano cibo in scatola e devono allontanarsi
silenziosamente quando uno dei soldati circonda con le mani i fianchi della giovane Amela e
la porta con sé in camera da letto.
Il cronotopo della paura nel romanzo di Stanišić assume quindi una differente
connotazione rispetto ai testi di Abonji e Haderlap. Lo spaziotempo della cantina viene
collocato nel passato in patria, ma non è direttamente connesso con i bei ricordi dell'infanzia
di Aleksandar. Il passato in questo testo si divide in due cronotopi: l'infanzia a Višegrad
prima e durante la guerra. Quest'ultimo cronotopo rappresenta una sorta di passaggio tra il
bel periodo passato in patria e la fase successiva in Germania, dove Aleksandar si trasferisce
con la famiglia per fuggire alla guerra. In questo senso il romanzo offre al lettore la questione
aperta della memoria selettiva e dell'oblio: un esempio di memoria selettiva è senza dubbio la
nonna, che rammenta solo i bei momenti passati con il nipote e con il marito, e che ha
represso il trauma della guerra obliandolo. Al contrario l'amico di infanzia Zoran, che è
rimasto in Bosnia, riesce a ricordare solo il tempo durante la guerra. Immerso in un passato
di memorie dolenti, Zoran non ha infanzia né futuro, odia tutto ciò che lo circonda e non
conosce pace.
La ricerca di un tempo e di un luogo di pace è un altro motivo importante nel testo,
che agli occhi del protagonista prende le forme di una ragazzina dai capelli di un colore
talmente bello da non poter essere descritto. Asija, la ragazzina conosciuta in cantina che ha
perso tutta la sua famiglia durante la guerra, rappresenta per Aleksandar un labile eppur
stabile legame con la patria, anche anni dopo il trasferimento in Germania. Ad Asija
Aleksandar scrive innumerevoli lettere, che non riceveranno mai risposta. Nell'ambito
dell'analisi cronotopica non fa differenza se questa eterna bambina dai tratti fuggevoli come
quelli di Dalibor in Tauben fliegen auf esista davvero, oppure sia frutto della fantasia
cavalcante del protagonista: Asija rappresenta quel filo sottile che collega Aleksandar ad un
passato con cui l'ormai adolescente protagonista deve infine fare i conti.
Lo spaziotempo universale della paura in Wie der Soldat das Grammofon repariert è
rappresentato non solo dalla cantina, ma dall'intera città di Višegrad dopo il conflitto bellico.
Quando l'adulto Aleksandar ritorna nei luoghi della sua infanzia vi trova una città che affanna
sotto il peso del proprio passato. La nonna, gli amici, l'anziano professore di scuola
elementare e le vecchie conoscenze sono tutte figure che, nel tentativo di superamento del
trauma, lo rivivono continuamente nei loro ricordi oppure lo sopprimono consegnandolo al
buio dell'oblio. In contrapposizione alla città greve e immobile si pone il fiume Drina, che
con il suo continuo scorrere si muove tra secoli e luoghi differenti, portando via con sé storie
e cadaveri di antiche e recenti guerre. In questo senso la Drina selvaggia, che parla
segretamente con il protagonista attraverso lo scroscio delle sue acque, rappresenta per
Aleksandar e per la città stessa la soluzione al superamento del trauma: l'incameramento del
passato e la sua accettazione, e allo stesso tempo la forza vitale di fluire in direzione del
futuro.
In Tauben fliegen auf e in Wie der Soldat das Grammofon repariert la connotazione
esclusivamente positiva del tempo prima della guerra fa sì che la patria venga idealizzata dal
punto di vista dei protagonisti Ildi e Aleksandar: il cibo del Paese di origine, quello “di casa”,
i cui profumi e gusti restano intatti nella memoria e si intensificano con il passar del tempo
viene continuamente confrontato con il cibo del Paese di destinazione, privo di odore e senza
un'infanzia di ricordi con cui potersi cullare ad occhi chiusi mentre lo si assapora. Questo
tipo di immagini idealizzate, che per alcuni critici si trasformano in stereotipi di cattivo gusto
sui Balcani, si giustificano in questo lavoro proprio attraverso l'analisi cronotopica: queste
immagini sono frutto esclusivo della memoria dei protagonisti, e sono direttamente connesse
con il ricordo positivo dello spaziotempo del passato prima della guerra, il quale entra in
contrapposizione con il cronotopo del presente e viene idealizzato. Il motivo del cibo viene
infatti tematizzato diversamente in Engel des Vergessens di Haderlap. In questo testo il
cronotopo del passato è connotato negativamente, e un aspetto e un odore poco appetibile
assume anche il cibo preparato dalla nonna della protagonista nella cucina della vecchia casa.
Anche il concetto di famiglia è un tema che si ripete con uguale intensità nei tre romanzi
scelti. L'attaccamento spesso quasi viscerale alla propria famiglia rappresenta per i
protagonisti quel cordone ombelicale che li unisce con la patria perduta, e che li fa sentire
parte di un tutto. I ricordi del passato vengono conservati gelosamente, rivisitati, messi su
carta e resi storia, documentario e romanzo allo stesso tempo. In questo lavoro si evidenzia
anche la differenza generazionale tra nonni, genitori e i giovanissimi protagonisti dei tre testi
scelti, che anche in questo caso si spiega attraverso l'analisi dei cronotopi: la costellazione
familiare si polarizza in modo che i nonni stanno a rappresentare il cronotopo idilliaco del
passato in patria, mentre i genitori sono già proiettati verso il superamento del passato e si
muovono in direzione di un futuro migliore, lontano dagli incubi notturni e dal trauma della
guerra. L'addio ai nonni rappresenta per i protagonisti la frattura tra mondo dell'infanzia e
quello dell'adolescenza. Il naturale processo della crescita, anche se inizialmente rigettato dai
protagonisti Ildi e Aleksandar, porta allo scioglimento finale dei nodi tra passato e presente.
Diventare adulti significa muoversi in direzione di un futuro imminente; il movimento è un
tema ricorrente in tutti e tre i romanzi, e viene incarnato da istanze liquide come l'acqua – il
mare croato, il fiume Drina, la pioggia, il lago della cittadina svizzera, i ruscelli della
Carinzia – e da altri fluidi – sudore, lacrime, saliva – che diventano nel testo metafore di
cambiamento e di sviluppo. Non solo la crescita ma anche l'atto stesso della scrittura diventa
infine il gesto della liberazione dai fantasmi del passato, che attraversa spazi e tempi diversi
per muoversi in direzione del futuro.
Anche nei romanzi Meeresstille e Die gefrorene Zeit è tangibile la dicotomia tra
passato e presente, ma solo nei cronotopi di Ana e Luan, che hanno vissuto direttamente la
guerra. Nel caso delle voci narranti esterne all'esperienza del conflitto bellico –
rispettivamente Robert in Meeresstille e Nora in Die gefrorene Zeit – non c'è effettivamente
contrasto tra gli spaziotempi del passato e del presente.
Nel romanzo di Nicol Ljubić Ana è una studentessa serba che si è trasferita a Berlino
fuggendo alla guerra. A teatro ha incontrato il giovane Robert e se ne è innamorata. Dopo
tanti silenzi a lui racconterà infine di essere la figlia di uno stimato professore di anglistica e
padre eccellente, che si trova alla corte penale internazionale dell'Aia sospettato di essere un
criminale di guerra. Per la fragile Ana il suo universo si tende tra un passato idilliaco ante
bellum al fianco della famiglia e un presente post bellum, in cui lei deve affrontare il trauma
della colpa del padre. L'analisi testuale in questo lavoro si concentra sul concetto di
elaborazione del trauma da parte dei due protagonisti: mentre Ana tenta invano di reprimere i
ricordi legati all'imprigionamento del padre e non si reca all'Aia per assistere al processo,
Robert cerca in tutti i modi l'avvicinamento al trauma della sua fidanzata, fino a desiderare di
esserne parte integrante. Robert cerca di capire e di giustificare ciò che è stato, si reca in
tribunale e segue attentamente il processo e gli occhi scuri di Zlatko Šimić, così simili a
quelli di Ana. In questo modo Robert tenta di avvicinarsi anche al proprio passato, dato che
ha radici croate ma durante la guerra si trovava già in Germania e da allora si è sempre
interessato poco al suo Paese di origine. Ma il tentativo di avvicinamento al trauma è
destinato a fallire, poiché la visione degli eventi da parte di Robert sarà sempre esterna
rispetto a quella di Ana. I concetti di distanza e avvicinamento entrano in questo romanzo in
continuo rapporto dialogico tra di loro e sono alla base della narrazione stessa. Robert si
sente un eterno osservatore condannato all'immobilità come un pesce in acquario. In questo
senso il cronotopo dell'acquario rappresenta con il suo spazio definito la condizione inerte di
Robert, che non ha un proprio passato con cui relazionarsi e che vive esclusivamente nel
presente. La mancanza di movimento, nel testo rappresentata dal pesce in acquario che
decide di rimanere fermo, è metafora di stagnamento e di morte.
Il conflitto tra distanza e identificazione con le vittime della guerra rimane irrisolto
anche nel romanzo di Anna Kim. La voce narrante Nora lavora per la Croce Rossa e si
innamora di Luan, un kosovaro che è alla ricerca disperata di sua moglie Fahrie. Tra i due si
intesse una complicata relazione amorosa, nonostante la quale il pensiero di ritrovare Fahrie
rimane sempre vivo nella mente di Luan. La presenza di Nora nella vita di Luan è così
effimera da essere quasi inesistente; quando entra nell'appartamento di Luan, Nora deve fare
attenzione a non lasciare le sue cose nelle stanze, deve controllare che non ci siano i suoi
capelli sul pavimento e che non indossi nessun tipo di profumo. La figura di Nora nel testo è
dai contorni eterei, un'istanza precaria che sembra minacciata continuamente dal dissolversi.
Di lei il lettore sa poco, del suo passato quasi nulla. Qualche anno prima Nora aveva lavorato
a Pristina con il suo collega e fidanzato Sam. Dopo una notte passata insieme lei decide
improvvisamente di scomparire, e scappa via senza lasciare traccia nella speranza che Sam la
cerchi dappertutto. Ma il giovane antropologo forense, che passa ore a scavare nella terra e a
analizzare cadaveri, che parla con i corpi senza vita delle vittime di guerra e che di notte
piange segretamente nel suo cuscino, non si mette alla ricerca della sua fidanzata e continua
la sua vita a Pristina. Anche Sam dice sempre che nel suo lavoro c'è bisogno di distanziarsi
dalle vittime, ma né lui né Nora ci riescono; nel romanzo di Kim ogni parola è pregna di
significato e dalla parola stessa si sviluppa la narrazione. Identificare i cadaveri significa per
Nora e Sam identificarsi con loro, tanto che i due caratteri non hanno più legame con il
mondo dei vivi e sono quasi morti. Il concetto di identità si sviluppa anche su un altro piano
semantico: può un cadavere possedere la stessa identità di quando era in vita, esiste identità
tra corpo e cadavere? Questo si chiede Luan quando finalmente viene informato del fatto che
gli antropologi hanno ritrovato il corpo di sua moglie. Se lo chiede quando deve identificarne
il cadavere, e quando ne porta in spalla il corpo al funerale e il suo orecchio viene assalito dal
rumore sordo di un mucchietto di ossa nude che sbattono sul legno del feretro.
Il cronotopo della paura per Luan si colloca in questo presente spaventoso in cui lui
deve fare i conti con la morte della moglie, mentre il passato pieno di bei ricordi e dei riccioli
neri di Fahrie viene idealizzato come nel caso di Ana in Meeresstille. Anche Luan infatti
reprime il trauma e vive in un passato felice con l'amore della sua vita. Il suo tempo è fermo
nel passato, eingefroren, perché senza Fahrie Luan non ha motivo di vivere il suo presente.
Ecco perché subito dopo il funerale di sua moglie si uccide. D'altra parte Nora, come Robert,
vive senza passato e senza ricordi. Anche il suo tempo è fermo, ma nel presente, da cui
nonostante tutto non può liberarsi. Dopo il suicidio di Luan Nora non ha motivo di esistere. E
la sua voce, che poi è la voce narrante in tutto il romanzo, si dissolve nel nulla, come se non
fosse mai esistita. [a cura dell'autore] | it_IT |