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dc.contributor.authorNuzzo, Giulia
dc.date.accessioned2011-11-18T11:10:05Z
dc.date.available2011-11-18T11:10:05Z
dc.date.issued2011-05-16
dc.identifier.urihttp://hdl.handle.net/10556/193
dc.description2008 - 2009en_US
dc.description.abstractUna premessa non inedita, ma comunque importante, del lavoro di tesi è non soltanto la rilevanza della soggezione ad una vera e propria “ossessione identitaria” nella storia della cultura latinoamericana postcoloniale, ma anche, proprio in ragione della pressanza di tale “ossessione”, il fatto che questa sia stata estremamente feconda di creazioni intellettuali e artistiche. Il dibattito sulla “specificità” del “ser” latinoamericano, per la sua imponenza, per l’ampiezza degli ambiti teorici e discorsivi investiti, per l’intensità delle espressioni artistiche in cui si è riflesso, in particolare nelle sue più mature configurazioni novecentesche, probabilmente non conosce uguali in altri contesti storici segnati da dominazioni coloniali. La grandissima estensione e varietà di interventi sulla materia sollecita ulteriori contributi di studio su stagioni, vicende, autori, testi, meritevoli di indagine o approfondimenti critici, e la continuazione del dibattito attorno a più generali prospettive teoriche e metodiche. E, in questa prospettiva critica, sicuramente risulta del più grande interesse un lavoro di ricognizione sistematica che investa i modi in cui la letteratura odeporica, e più in generale l’insieme di scritture nate dall’esperienza diretta con i paesi europei (naturalmente a partire in primo luogo dalla “madre” ispanica), si sia resa un tramite privilegiato delle ricerche identitarie degli intellettuali latinoamericani. In questa direzione il lavoro di tesi aspira a presentare una prima ricostruzione analitica ed interpretazione organica dei principali testi che in proposito possono essere studiati di due diverse figure della cultura del mondo latinoamericano: l’argentino Ricardo Rojas e la ben più nota cilena Gabriela Mistral. Prima di inoltrarsi nella disamina della loro produzione segnata dalla cifra del viaggio, si è ritenuto però indispensabile disporre una sezione introduttiva che presentasse lo scenario problematico e concettuale delle discussioni attorno alle identità latinoamericane ripensate e discusse in primo luogo nel rapporto con le patrie europee, e quindi delle principali posizioni configuratesi sul versante europeo attorno alle identità nazionali, culturali, etc. In tal modo si è potuto anche presentare in iscorcio una ricostruzione dell’ampio spaccato di scritture di viaggio (e sul viaggio) di autori ispanoamericani in Europa: dunque una ricognizione di alcuni momenti nodali e altamente rappresentativi di esse è stata presentata a chiusura di tale sezione iniziale. Si è ritenuto che in tal modo questa, con tale ampia apertura panoramica, potesse assolvere alla funzione di introdurre adeguatamente le più specifiche disanime critiche delle esperienze “odeporico-identitarie” di Rojas, nella seconda sezione, e quindi della Mistral, nella terza e ultima. Tali ricognizioni possono così essere considerate anche come momenti significativi di un lavoro ulteriormente destinato all’esplorazione di un’importante costellazione di testi occasionati dall’esperienza del viaggio o dalla rivisitazione letteraria delle patrie europee nel vastissimo scenario della cultura ispanoamericana del primo ‘900. È in questo contesto problematico e critico che va rinnovatamente studiata l’importante esperienza intellettuale di Rojas, il cui impegno teorico rispose innanzitutto all’esigenza di rafforzare le strutture umanistiche della cultura della nazione argentina, della cui genealogia produceva un’impegnativa rappresentazione, certamente anche mitologizzata nel riferimento ad un principio atavico e indissolubile dell’argentinidad. L’impegno nazionalistico di Rojas non è dissociabile però da un afflato americanistico, dal riferimento ad una comune identità di vincoli genetici ed esperienze storico-culturali dei paesi ispanoamericani, dalla cifra di un “tellurismo” comune alla più parte delle coeve rivendicazioni autoctone del sud del continente: da cui la rivendicazione americanistica, peculiarmente sincretistica e universalistica, “eurindiana”, dello scrittore argentino. Rispetto a tale plesso problematico comunque è mancato nella letteratura critica sull’autore un esame adeguato delle opere emerse dal suo viaggiare, le Cartas de Europa, del 1908, ed il Retablo español, di trent’anni più tardo. Se va riconosciuta la sostanziale povertà letteraria di tali testi, non vanno elusi altri livelli in cui può essere colto un loro interesse: la dinamica gestazione della riflessione sulla “filosofia della nazione argentina” che si sarebbe espressa quasi contemporaneamente nella Restauración Nacionalista e poi in Blasón de plata, La argentinidad e Eurindia; il valore paradigmatico che assume in Retablo español l’esperienza “iniziatica” del viaggio in Spagna in direzione del processo di conciliazione tra il mondo ispaoamericano e la ex madrepatria spagnola; i caratteri e significati della profonda incidenza del debito assunto da Rojas verso l’esperienza degli intellettuali del regeneracionismo e della generación del 98 spagnola, oggetto di un sostanziale silenzio in sede critica. La vita nomadica di Gabriela Mistral si presta ad essere riattraversata, approfondita criticamente, in quanto rispose tanto alla ricerca delle forme dell’identità ispanoamericana, nelle sue radici autoctone, e nelle sue possibili coniugazioni alle culture del vecchio mondo, tanto a quella di una difficile inchiesta esistenziale, segnata dall’esperienza sradicante, ma allo stesso tempo ricca di spunti vitali, dell’«extranjería». Non è certo una novità critica che la Mistral assurse già in vita a figura esemplare del movimento americanistico, delle sue istanze telluriche, popolari e indigeniste. Tuttavia dell’essenziale navigazione di Gabriela Mistral tra diversi paesi dell’Europa sono testimonianza una serie di scritti di viaggio (di tutt’altra tempra letteraria rispetto a quelli di Rojas) anche questi non ancora sistematicamente affrontati dagli studiosi. Seguendoli ravvicinatamente si è cercato di mostrare come essi mettano sulle tracce della complicata trama di riferimenti alle patrie europee che sottendono e accompagnano la modulazione del suo ethos americanistico. L’esperienza di viaggio e d’identità della Mistral, ben diversamente da quella di Rojas, mette tra l’altro in luce un nazionalismo ispanoamericanistico in cui si copre un rapporto estremamente conflittuale con la patria cilena. D’altra parte la prosa e la poesia della poetessa cilena continueranno a nutrirsi del calore terrestre delle radici contadine della memoria della sua terra, in una vicenda complessa in cui giocano un ruolo di primo piano le esperienze delle terre mediterranee, valorizzate nel loro ancoraggio alle espressioni parche della civiltà contadina e della religiosità francescana. Nelle pagine dedicate alla Mistral si sostiene che quel suo peculiare “tellurismo” fu anche una chiave decisiva di esperienza e di lettura delle varie patrie europee divenute elettive, e che quel nomadismo avrebbe assunto infine il senso di uno stare al mondo nel contatto essenziale con la sua pura natura, irriducibile alla logica politica dell’appartenenza patria.en_US
dc.language.isoiten_US
dc.publisherUniversita degli studi di Salernoen_US
dc.subjectIdentitàen_US
dc.subjectCultura ispanoamericanaen_US
dc.subjectViaggioen_US
dc.subjectAmerica latinaen_US
dc.titlePercorsi identitari nella letteratura di viaggio ispanoamericana. Ricardo Rojas e Gabriela Mistralen_US
dc.typeDoctoral Thesisen_US
dc.subject.miurL-LIN/06 LINGUA E LETTERATURE ISPANO-AMERICANEen_US
dc.contributor.coordinatoreLaserra, Annamariaen_US
dc.description.cicloVIII n.s.en_US
dc.contributor.tutorGrillo, Rosa Mariaen_US
dc.identifier.DipartimentoStudi linguistici e le tterarien_US
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