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dc.contributor.authorSerretiello, Sara
dc.date.accessioned2016-01-19T10:42:58Z
dc.date.available2016-01-19T10:42:58Z
dc.date.issued2015-10-02
dc.identifier.urihttp://hdl.handle.net/10556/1955
dc.description2013 - 2014it_IT
dc.description.abstractLa tesi si propone di valutare l’ammissibilità nell’ordinamento italiano de iure condendo degli accordi prematrimoniali, nella prospettiva di valorizzazione dell’autonomia coniugale e più in generale dell’autonomia negoziale, costituzionalmente garantita dall’art. 41. Il termine prenuptial agreements traduce quei patti stipulati dagli “sposi” prima del matrimonio, distinguendosi pertanto dai post-nuptial agreements in quanto successivi, entrambi destinati a regolare vari aspetti, patrimoniali e non, dello stesso, nonché l’eventuale crisi coniugale, che rappresentano una realtà consolidata tipica di vari ordinamenti stranieri, in particolare, ma non solo, di quelli appartenenti alla famiglia di common-law. Tuttavia, la disamina prende le mosse dal diritto romano, che già conosceva ed ammetteva una svariata serie di patti che accompagnavano la costituzione della dote e che ne disciplinavano la restituzione in caso di divorzio. Di qui la considerazione che negli accordi dotali possono rinvenirsi gli antenati del fenomeno. Nel diritto moderno è stato analizzato il sistema statunitense, definito la culla degli accordi prematrimoniali, disciplinati in un primo momento dall’ “Uniform Premarital Agreement Act” (UPAA), elaborato dalla National Conference of Commissioners on Uniform State Laws e pubblicato nel 1983; successivamente recepiti nei “Principles of the Law of Family Dissolution”, redatti dall’American Law Institutee e pubblicati nel 2002. Sempre proseguendo nell’analisi comparatistica, si sono valutate le ritrosie in Europa, le ragioni di ordine pubblico dell’inammissibilità del fenomeno ed il superamento delle stesse in Inghilterra. In tale sistema infatti, nonostante l’atteggiamento statalista, il riconoscimento del fenomeno ha inizio con particolare riguardo ai post-nuptial agreement nel 2007, ma viene definitivamente ammesso nel 2009 in cui la Court of Appeals, confermata dalla Corte Suprema nel 2010, ha letteralmente demolito ogni limite al riconoscimento anche nel Regno Unito degli ante-nuptial contracts, principalmente per ragioni di diritto internazionale. Infine si è analizzato l’ordinamento interno, dove, tracciando l’evoluzione dell’autonomia negoziale dei coniugi sotto un triplice aspetto, e valutata la strumentalità dei negozi di destinazione nella gestione della crisi coniugale, si è giunti ad avallare l’ammissibilità di accordi preventivi e la necessaria positivizzazione della figura, anche a fronte delle timide aperture giurisprudenziali. Nella parte conclusiva del lavoro, si sono esaminate, con attento vaglio critico, le proposte normative dirette ad introdurre anche in Italia i contratti prematrimoniali, nella consapevolezza che tale disciplina positiva sgombrerebbe definitivamente il campo dalle resistenze che molti ancora oppongono all’attivazione di una piena libertà contrattuale tra i coniugi (da attuare anche ante nuptias), al fine di gestire preventivamente, e quindi più efficientemente, l’eventuale crisi coniugale. [a cura dell'autore]it_IT
dc.language.isoitit_IT
dc.publisherUniversita degli studi di Salernoit_IT
dc.subjectCrisi coniugaleit_IT
dc.titleAutonomia negoziale e accordi preventivi nella gestione della crisi coniugaleit_IT
dc.typeDoctoral Thesisit_IT
dc.subject.miurIUS/01 DIRITTO PRIVATOit_IT
dc.contributor.coordinatoreStanzione, Pasqualeit_IT
dc.description.cicloXIII n.s.it_IT
dc.contributor.tutorNaddeo, Francescait_IT
dc.identifier.DipartimentoDiritti della Persona e Comparazioneit_IT
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