Evoluzione e prospettive del diritto dell’integrazione in Europa ed America Latina
Abstract
Il fenomeno dell‟integrazione internazionale è divenuto, nell‟epoca più recente della globalizzazione, uno degli aspetti certamente più degni di interesse della più ampia materia del diritto internazionale. Com‟è noto, a partire dagli anni cinquanta del secolo scorso, sulla base della specifica realtà settoriale, geo-politica e geo-economica del continente europeo, si è avviato e sviluppato un processo assolutamente unico nel suo genere di integrazione, prima economica e poi giuridica e sempre più politica, che ha portato gli Stati aderenti a cedere gradualmente una parte della propria sovranità in ragione di una sorta di “sovranità comune”, finalizzata al rafforzamento del peso economico e politico dell‟area continentale europea. Le ragioni a fondamento di un tale processo sono certamente da ricercarsi negli eventi storici, anche dolorosi, che hanno caratterizzato il periodo storico della prima metà del „900 e, dunque, nella primaria ed immediata esigenza di ristabilire un “nuovo ordine” nel continente europeo, dilaniato dagli eventi bellici, con una duplice finalità: quella di garantire le condizioni per un ristabilimento di un pacifico ordine democratico e quella di consentire la ricostruzione e la ripresa dell‟economia dei paesi dell‟area. L‟esperienza integrazionista, partita con la istituzione della Comunità Europea del Carbone e dell‟Acciaio e proseguita con la Comunità Economica Europea (poi solo Comunità Europea), si è poi completata con l‟esperienza parzialmente diversa dell‟Unione Europea. Tali iniziative sono state recentemente integrate, dopo il fallito tentativo del c.d. Trattato-Costituzione (Roma 2004), dall‟ultimo Trattato di Lisbona che viene, nel presente lavoro, esaminato in due dei suoi ambiti più peculiari riguardanti l‟aspetto interno dell‟integrazione fra gli Stati membri, attraverso un rinnovato anelito a colmare i problemi di “deficit democratico” che nel corso degli anni e dell‟evoluzione del percorso di integrazione si sono manifestati e l‟aspetto esterno dell‟integrazione come proiezione del “blocco” continentale europeo nelle relazioni con gli altri attori dello scacchiere internazionale, in una dimensione di equilibri globali sempre più interconnessi e di relazioni sempre più basate sulla logica della rappresentanza di interessi riconducibili ad aree geo-economiche e geo-politiche. Tale
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fenomeno integrazionista, mutato e sviluppatosi nel corso degli anni e delle varie fasi, va inteso come tendenza non più solo prettamente economica, ma anche politica, giuridica nonché culturale, finalizzata all‟instaurazione di una cooperazione istituzionalizzata fra un numero limitato di Stati con caratteristiche di stabilità e dinamismo per il perseguimento di obiettivi comuni.
Il fenomeno integrazionista non è tuttavia esclusivamente limitato all‟area europea, anche in altre aree geografiche extraeuropee sono sorti, a partire dagli anni cinquanta-sessanta del secolo scorso, processi di convergenza in forme volontarie, graduali e progressive di cooperazione ed integrazione internazionale, anche se i risultati, finora conseguiti in tali esperienze associative, non sono paragonabili alla riuscita che le medesime esperienze hanno avuto nell‟area continentale europea.
In particolare, la cooperazione ed integrazione regionale ha avuto un suo autonomo sviluppo nell‟area latinoamericana, caratterizzata da un tendenziale “comune sentire” di natura storica, politica, culturale e per certi aspetti giuridica. In tal senso, le diverse forme associative latinoamericane vengono tradizionalmente intese come fasi di un‟evoluzione, non certamente lineare, di un più ampio e generale movimento di integrazione di natura sub-continentale che affonda le sue radici nella c.d. “teoria internazionalista bolivariana” o “diritto internazionale bolivariano” e che trova fondamento nei tentativi di riunione o associazione, sulla base della historia compartida, delle giovani repubbliche di nuova indipendenza, già a partire dalla metà dell‟800. In tal senso, l‟anelito integrazionista latinoamericano ha radici profonde al pari di quello europeo, anche se, a conclusione di un ciclo di sviluppo ed evoluzione dei processi di integrazione, l‟associazionismo integrazionista in America Latina ha prodotto un pluralismo di organizzazioni che hanno finito per non incidere, o comunque incidere in maniera frammentata, sull‟integrazione economico-politica dell‟area. In tempi più recenti, anche in considerazione degli effetti limitati e frammentari prodotti dalle varie forme di cooperazione ed integrazione rappresentate da ALADI, SELA, Mercosur e Comunità Andina, l‟anelito all‟integrazione sub-continentale si ritrova con ilTrattato di Brasilia del 2008, istitutivo dell‟UNASUR. Tale trattato, quasi contemporaneo all‟evoluzione dell‟integrazione europea operata con il Trattato di Lisbona, riprende lo spirito integrazionista della “teoria bolivariana”, nel tentativo di sintetizzare le precedenti, plurali e frammentate forme di integrazione e cooperazione, che, con più o meno successo, a seconda dei casi, hanno caratterizzato l‟evoluzione dell‟integrazionismo latinoamericano. Come si vedrà nel corso del presente lavoro, le similitudini del Trattato di Brasilia con il Trattato di Lisbona sono molteplici, anche da un punto di vista di integrazione “interna”, anche se certamente non comparabili per il livello tecnico-giuridico, né per l‟assetto istituzionale ed il riparto delle competenze che, nell‟ambito europeo, sono, per così dire “rodati”, da un‟evoluzione progressiva e di successo che consente di consolidare il percorso integrazionista europeo, già fissato dal collante dell‟unione economica e monetaria e da meccanismi di rafforzamento dell‟integrazione interna che possono consentire, ora, uno sviluppo dell‟azione esterna dell‟Unione Europea sullo scenario delle relazioni globali extracontinentali. Nell‟Unione delle Nazioni Sudamericane vi è una forte componente di storia comune che non può, però, non fare i conti con il percorso, non sempre coerente, delle forme di integrazione e cooperazione economica e commerciale e delle rispettive evoluzioni, nonché con le differenze – talvolta molto profonde - fra i suoi Stati membri, sia per quel che riguarda gli assetti politici interni, gli equilibri sociali, sia per i fondamentali economici.
Sulla base di tali premesse, si procederà ad un‟analisi, certamente non esaustiva né onnicomprensiva, dei processi di integrazione in un‟ottica bi-continentale che porterà a considerare prima, rapidamente, l‟evoluzione dell‟integrazione continentale europea, per poi focalizzare i due aspetti ritenuti essenziali sul piano della duplice integrazione “interno-esterna” contenuti nel Trattato di Lisbona. E ciò, come visione prospettica del futuro dell‟integrazione europea, all‟interno della stessa, attraverso i meccanismi di controllo parlamentare e, dunque, di democratizzazione del processo decisionale ed all‟esterno, nella sua capacità di diventare, in prospettiva, attore globale ad unica voce, nella sfida del tutto nuova di un treaty-making power europeo che costituirebbe la forma più alta di esercizio della “sovranità comune”.
Nell‟ottica latinoamericana, d‟altro canto, si porrà l‟attenzione su quello che si può definire un “neo internazionalismo” di radice bolivariana, che riprende l‟anelito unitario ed integrazionista della storia comune (historia compartida) delle repubbliche sudamericane in evidente contrasto con il pluralismo associativo che ha caratterizzato l‟integrazione latinoamericana degli anni passati.
Il passo rilevante che viene compiuto dal Trattato di Brasilia è il coinvolgimento di paesi da sempre estranei all‟integrazionismo latino-americano, allargando la portata del tentativo unitario anche a paesi che non hanno una matrice linguistica, storica e politica che si richiama alla tradizione prettamente latina, fornendo, in tal modo, una piattaforma di integrazione sub-continentale, non limitata alla matrice latino-americana, ma estesa a quella sud-americana.
La sfida, nell‟ottica prospettica dell‟integrazione nel sub-continente latinoamericano, sarà quella di capire se il rinnovato anelito unitario rappresentato dal Trattato di Brasilia, possa essere una forma di associazione che può consentire un cambio di rotta rispetto alle passate esperienze frammentate e limitate alla istituzione di comunità, sistemi economici, mercati comuni, in considerazione della sempre più marcata globalizzazione, non solo degli scambi, ma anche e soprattutto della governance come forma di concerto mondiale sulle decisioni di natura politico-economico-finanziaria che porta a scenari di rappresentatività per “macro aree” continentali o sub-continentali, ove singoli paesi, che non si inquadrano nell‟ambito di una sovranità comune, volontaria, negoziata e funzionale alle proprie esigenze di “gruppo”, avrebbero difficoltà a guadagnare una effettiva incisività.
In tal senso, si dovrà cercare di comprendere se, nell‟ambito dell‟integrazione latinoamericana, gli aspetti di integrazione “interna”, pure affrontati dal Trattato di Brasilia con la istituzione di un Parlamento comune sudamericano, possano rafforzarsi nella forma di Unione delle Nazioni
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sudamericane, così come gli aspetti di integrazione “esterna”, cioè di rappresentatività unica continentale sullo scenario globale, possano essere integrati ed affidati ad una tale forma di Unione, o debbano rimanere confinati entro i ruoli assunti a livello globale da paesi “leader” o “locomotiva” con effetti trainanti sull‟intero continente. In ogni caso, anche se appare ancora lunga la strada dell‟integrazione unitaria latinoamericana, l‟istituzione di una Unione delle Nazioni Sudamericane appare un necessario punto di svolta per l‟evoluzione del frammentato, non costante e confuso pluralismo associativo, che può diventare un‟occasione importante per un continente che sarà certamente protagonista (e vi sono già chiari segnali nell‟espansione economica del Brasile ed alcuni buoni risultati di altri paesi come la Colombia) sullo scacchiere internazionale degli anni a venire. [prefazione a cura dell'autore]