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Dalla cessione di cubatura alla circolazione dei diritti edificatori
dc.contributor.author | Tesauro Olivieri, Paolo | |
dc.date.accessioned | 2016-01-20T11:33:07Z | |
dc.date.available | 2016-01-20T11:33:07Z | |
dc.date.issued | 2015-07-07 | |
dc.identifier.uri | http://hdl.handle.net/10556/1965 | |
dc.description | 2013 - 2014 | it_IT |
dc.description.abstract | L’art. 5, 3° co., D.L. 13 maggio 2011, n. 70, (cd. Decreto Sviluppo), convertito con Legge 12 luglio 2011, n. 106, introducendo all’art. 2643, 1° co., c.c. il n. 2 bis, ha accolto nell’impianto codicistico la figura dei diritti edificatori, dando seguito e considerazione alla prassi della cessione di cubatura ormai invalsa nelle dinamiche contrattuali private. L’ambiziosa novella, tuttavia, pur nella apprezzabilità dell’intento enunciativo, si concentra nel garantire l’emersione pubblicitaria alla relativa circolazione, spalancando le porte alla maggiore incertezza possibile in ordine alla ricostruzione della natura giuridica e prestando il fianco alle critiche di incompletezza e di scelleratezza della tecnica legislativa. Occorre denunciare sul punto un metodo non troppo condivisibile adottato in sede di legiferazione che, sul presupposto di legittimare determinate posizioni, opta per l'accoglimento della relativa trascrivibilità, piuttosto che declinarne una compiuta identificazione e disciplina, come è peraltro accaduto per l’art. 2645 ter c.c., il quale, comunque, a differenza del caso in esame, pone un accenno di regolamentazione. L'indagine condotta si pone, pertanto, l'obiettivo di inquadrare la fattispecie di recente introduzione e gli strumenti idonei a trasferirne la titolarità, calandola in un rapporto di confronto con la più antica cubatura e misurandosi col difficile compito di conciliare gli obiettivi pratici con la costruzione teorica. Certo, deve considerarsi che la complessità del dato normativo da cui si parte e, soprattutto, le interferenze tra gli eterogenei ambiti disciplinari coinvolti, quali quello urbanistico e quello civilistico, conducono il civilista, che non intenda abdicare al sistema di fronte a simili interventi, a orientare il suo sguardo critico su molteplici piani. Si tratta, infatti, di analizzare le proposte ricostruttive avanzate dagli interpreti prima e dopo la citata novella normativa, muovendo dalle prime, dedicate al fenomeno della cessione di cubatura, per giungere alle più recenti concentrate sul nuovo ambito tematico della pianificazione perequativa, compensativa e incentivante, nell’ottica di rintracciarne un’adeguata collocazione nel quadro delle categorie ordinanti del diritto civile. Non può tacersi, tuttavia, la peculiare difficoltà che incontra la sussunzione di ipotesi normative assolutamente inedite nei modelli noti, malgrado, a parere di chi scrive, alla collocazione e al tenore letterale della nuova norma vada attribuito un valore dirimente e proficuamente orientativo. Sulla base degli esiti di tale analisi, si rende necessaria un’operazione di sintesi con gli indici da ultimo assunti in forza della recente riformulazione dell’art. 2643 c.c., indicando, altresì, l’eventuale rapporto di continuità instaurato tra la figura della cubatura nell’inquadramento tradizionale e la nuova fattispecie. In proposito, occorre accennare alle varie ricostruzioni in ordine alla natura giuridica del negozio di cessione della cubatura, alcune ispirate ad una concezione in terminidi diritto reale limitato e, di conseguenza, decise nell’affermare il valore di contratto ad effetti reali della relativa cessione; altre, invece, indifferenti rispetto al ruolo di tale programma negoziale e, certamente, convinte della sua secondarietà rispetto al momento “amministrativistico” della fattispecie. Il rilievo dell’interesse pubblico al rispetto delle regole di programmazione urbanistica e ad una corretta, armonica ed omogenea espansione edilizia nel territorio interessato ha, infatti, indotto parte minoritaria della dottrina e della giurisprudenza a sminuire il ruolo giocato dall’autonomia privata nell’ambito della cessione di volumetria, tanto da qualificare in termini di assoluta superfluità qualsiasi accordo concluso dalle parti, non solo per quanto agli effetti inter partes, ma addirittura anche nei confronti della pubblica amministrazione. In tali termini, il momento essenziale e costitutivo dell’intera fattispecie sarebbe costituito solo ed esclusivamente dal rilascio del permesso di costruire, divenendo sufficiente la mera adesione del proprietario cedente in qualsiasi modo manifestata, anche attraverso una mera sottoscrizione apposta sull’istanza di permesso di costruire o, ancor più semplicemente, sugli estratti plano-volumetrici allegati al progetto ed alla domanda medesima. Secondo un indirizzo giurisprudenziale ormai risalente, sarebbe necessario che il proprietario cedente manifesti espressamente la sua adesione al trasferimento mediante un atto d’obbligo, non ritenendo sufficiente a perfezionare il meccanismo traslativo detta sottoscrizione, proprio perché inidonea alla tutela delle ragioni dei terzi in quanto non aventi accesso ai registri immobiliari. In senso parzialmente diverso, altro indirizzo giurisprudenziale, di stampo amministrativo, ha, al proposito, affermato che, pur essendo legittima la richiesta da parte dell'amministrazione comunale di un atto d'obbligo unilaterale, non appare, invero, necessaria la sua trascrizione nei registri immobiliari, dal momento che la tutela delle ragioni dei terzi estranei discende dalla semplice annotazione del vincolo negli atti amministrativi del Comune. La limitazione edificatoria di un lotto e la conseguente espansione dell’altro deriverebbe, insomma, esclusivamente dal provvedimento amministrativo, divenendo, così, irrilevante per la pubblica amministrazione, in primo luogo, l’intervento eventuale di un accordo tra le parti, privo di qualsivoglia effetto sul completamento dell’iter di rilascio del permesso di costruire e, in secondo, anche tutte le vicende successive all’eventuale stipulazione del contratto di cessione. L’esigenza di salvaguardia dell’interesse pubblico sotteso all’intero procedimento non deve però far dimenticare la necessità di tutela dell’interesse delle parti a conformare un assetto negoziale per loro satisfattivo mediante l’espressione di un consenso libero e cosciente e, nel contempo, rispettoso delle regole, dei principi e dell’interesse dei terzi a conoscere il trasferimento di cubatura attraverso il regime della pubblicità immobiliare. Non è possibile, infatti, reputare sufficiente a tale scopo la mera sussistenza di provvedimenti amministrativi che legittimino lo spostamento della cubatura da un fondo all’altro, ancorché contenenti clausole che diano atto del trasferimento stesso. La sottoscrizione della documentazione amministrativa, come sostenuto da più parti della dottrina, non può mai surrogare e sostituire la predisposizione di strumenti negoziali, coscienti e volontari, che stiano a presidio del corrispondente assetto avente carattere squisitamente amministrativistico. Né, peraltro, la scarsa o nulla considerazione del ruolo giocato in materia dall’attività negoziale privata permetterebbe di comprendere come la pubblica amministrazione possa consentire un effetto giuridico così importante quale il trasferimento di volumetria, che, incidendo profondamente sulle facoltà del proprietario che subisce la minorazione di capacità edificatoria del proprio lotto, non può immaginarsi perfezionato sulla base di una non formale adesione in qualità di cedente. E’ stato, infatti, sostenuto che nel caso di specie non può prescindersi da un vero e proprio accordo contrattuale tra le parti, dal momento che qualsiasi atto dispositivo di un bene richiede sempre il pieno consenso del legittimo titolare espresso nelle forme richieste affinché possa considerarsi valido ed efficace. Pertanto, occorre affermare, in definitiva, che un corretto assetto negoziale è, senza dubbio, espressione dell’accordo intercorso tra cedente e cessionario e non può allora che precedere giuridicamente e logicamente l’intervento della pubblica amministrazione. Indipendentemente, insomma, dalle vicende legate allo svolgimento della successiva fase amministrativa, la funzione del negozio è quella di creare il vincolo sui beni e di soddisfare l’interesse dei privati a realizzare il più possibile l’assetto negoziale condiviso in merito ai fondi. Certamente, non determina il trasferimento di cubatura in assenza del provvedimento amministrativo, ma garantisce la creazione del vincolo di inedificabilità, il quale, benché risultato solo parziale, sarà opponibile erga omnes mediante la trascrizione. In conclusione, può affermarsi che il negozio di diritto privato si inserisce nell’ambito del procedimento amministrativo dal quale deriverà, quale effetto finale, il rilascio del permesso di costruire cd. maggiorato secondo le regole biunivoche tra diritto privato e diritto pubblico, nel senso che tale ultimo permesso di costruire potrà essere rilasciato al proprietario del lotto ricevente solo qualora sia stato stipulato in suo favore un negozio traslativo di volumetria nei limiti dell’interesse pubblico alla salvaguardia sostanziale del bene territorio. La complessità di un esatto e soddisfacente inquadramento dogmatico dei diritti edificatori discende, poi, anche dal fatto che le operazioni circolatorie prospettate si pongono sull’esatto confine tra diritto amministrativo e diritto civile, atteso il preponderante coinvolgimento del diritto urbanistico tale da garantire al permesso di costruire un’indubbia rilevanza. Chi, tuttavia, sulla scorta di tale considerazione, ritiene che oggetto dei trasferimenti di cubatura non siano posizioni di diritto ma interessi legittimi tesi all’ottenimento del titolo abilitativo, relega immeritatamente l’indagine civilistica in secondo piano, atteso che la responsabilità ermeneutica impone di distinguere il momento antecedente al rilascio da quello successivo. Di conseguenza, non può negarsi al titolare del diritto edificatorio una posizione meritevole di assoluta tutela e considerazione già prima di tale rilascio, dal momento che, come attenta dottrina ha avuto modo di affermare, soltanto chi disponga di un titolo idoneo a comprovare la detta titolarità sarà legittimato all’avanzamento della relativa istanza. Titolo che proietta indiscutibilmente la vicenda su un piano di riconoscimento proprio del diritto civile... [a cura dell'autore] | it_IT |
dc.language.iso | it | it_IT |
dc.publisher | Universita degli studi di Salerno | it_IT |
dc.subject | Diritti edificatori | it_IT |
dc.subject | Trascrizione | it_IT |
dc.title | Dalla cessione di cubatura alla circolazione dei diritti edificatori | it_IT |
dc.type | Doctoral Thesis | it_IT |
dc.subject.miur | IUS/01 DIRITTO PRIVATO | it_IT |
dc.contributor.coordinatore | Folliero, Maria Cristina | it_IT |
dc.description.ciclo | XIII n.s. | it_IT |
dc.contributor.tutor | Ivone, Vitulia | it_IT |
dc.contributor.tutor | Federico, Andrea | it_IT |
dc.identifier.Dipartimento | Scienze Giuridiche | it_IT |