dc.description.abstract | Considerata la complessità globale, il sistema dei poteri pubblici richiede il supporto del sistema sociale.
L’uomo, in quanto membro della collettività, è chiamato a cooperare con l’Amministrazione, così
integrando la funzione pubblica con quella privata, in un rapporto di tipo sussidiario.
E’ oramai tramontata l’idea di un uomo non “socialmente impegnato”, il suo ruolo è riconsiderato
come funzionale a finalità di cooperazione, per contribuire al sistema comune. L’ambiente determina il
rovesciamento della visione di proprietà, che muta da attiva in passiva. Non è più l’ambiente,
considerato come un bene, ad appartenere all’uomo, ma è quest’ultimo ad appartenere al primo.
Si assiste a un allargamento delle garanzie, mediante lo sviluppo del diritto positivo verso un modello di
amministrazione pubblica orizzontale, dove il rapporto tra soggetti pubblici e privati è ispirato alle
logiche della corceted decision, rinvigorendo la legittimazione del privato alla partecipazione al
procedimento.
La public partecipation diviene una condizione di effettività della decisione, che, ove mancante,
determinerebbe l’invalidità della decisione stessa. La previsione di una decisione condivisa e partecipata
fa sorgere in capo all’Amministrazione competente un insieme di doveri, corrispondenti ad altrettanti
diritti per i consociati, la cui violazione può essere direttamente causa di vizio per la decisione.
Rispetto alla decisione finale dell’Amministrazione Pubblica, non risulta semplice definire quale sia il
limite che divide la discrezionalità dalla doverosità del potere amministrativo. Risulta fuori discussione
come l’attività della P.A. devia tendere alla migliore attuazione del principio dello sviluppo sostenibile,
con il vincolo della priorità nella considerazione degli interessi alla tutela dell’ambiente.
I cambiamenti analizzati inducono a considerare come la superiorità del potere pubblico sia stata
sostituita dall’effettività, capace di offrire un esisto positivo all’attività pubblica.
L’analisi economica della bontà della partecipazione e della rappresentazione delle istanze della
collettività interessata passa attraverso l’affermazione della soggettività del valore ambientale,
indefinibile aprioristicamente.
Un approccio di tipo precauzionale, seguendo l’onda dello sviluppo sostenibile, consente di superare i
limiti e le forzature che un’analisi basata sui costi e sui benefici potrebbe comportare, così relegando a
un ruolo marginale la tecnica autoritaria del “comand and control”.
La partecipazione dialettica del privato allo svolgimento della funzione, oltre a essere un’occasione di
completamento per l’istruttoria, consentendo la c.d. regulation by information, permette di superare il
rischio del proliferarsi dei fenomeni cc. dd. NIMBY. Questi ultimi, oltre a essere un costo per l’intera
collettività, rappresentano ,soprattutto, il malcontento delle popolazioni che effettivamente vedono
mutare la proprio quotidianità, in funzione di scelte di insediamento, prese spesso da lontano e
sull’errato presupposto che benefici di breve periodo siano il mezzo migliore e più congruo per
giungere a qualunque risultato.
L’espressione comunitaria del principio di precauzione rende possibile la c.d. opzione zero in mancanza
di un pieno ed esaustivo corredo di prove e di test tecnico scientifici. La scelta di campo dell’Unione
europea per una versione “debole” del principio di precauzione, al cospetto di costruzioni più “forti”
proposte dal diritto internazionale, sembra essere stata messa da parte e rimpiazzata da una più
plausibile percezione della sua elasticità, nella sua intrinseca flessibilità e che, pertanto, la sua apparente
debolezza possa in realtà risolversi in un vero e proprio valore aggiunto, in una forma aggiuntiva che
finisce con il costituirne il più rilevante tratto di identificazione e di qualificazione.
L’evoluzione dell’ordinamento e il conseguente abbandono della netta contrapposizione tra pubblico e
privato ha recepito istanze di legalità sostanziale non più soddisfabili mediante il richiamo al solo
principio di legalità.
Il mutamento dei parametri dell’azione amministrativa, non più semplicemente agganciata ai filtri
dell’imparzialità e del buon andamento, ritenuti oramai non sufficienti, ha comportato la sostituzione
del “primato dell’autorità” con il “primato del consenso”1. L’interesse pubblico viene oggi individuato
non con la legge, ma in itinere, mediante l’attività istruttoria 2 , vero e proprio strumento di
partecipazione, prescindendo dal quale risulterebbe difficile giustificare l’esercizio di ampie potestà
discrezionali da parte della p.a.
La chiave di volta di questo cambiamento culturale è tutta nella “Deliberative Democracy”, che può
conferire legittimità, equità e correttezza a procedure complesse, così come affermato dalla nuova
direttiva 2014/52/UE.
L’ordinamento francese può essere considerato, da questo punto di vista, come un buon esempio.
Mediante l’enquete publique si è infatti realizzata la valorizzazione del momento partecipativo, andando
oltre quella che è la logica della maggioranza, compiendo un passo in avanti importante verso la piena
valorizzazione e applicazione del principio democratico. Questo modello riconosce l’importanza della
formazione di un’opinione pubblica attenta in tema di procedimenti ambientali, in grado di controllare,
1 F. Bassi, Autorità e consenso, in Riv. Trim. Dir. Pubbl. 1992, pp. 744 e ss.
2 La Suprema Corte di Cassazione, con una pronuncia delle SS. UU. del 1 aprile 2000, n. 82, ha affermato il principio
secondo cui la partecipazione al procedimento ha, come funzione, quella di contribuire all’accertamento dei “presupposti di
fatto del provvedimento finale e l’interpretazione delle norme giuridiche che regolano il potere”. Un’attività della P.A. priva
dell’apporto del cittadino finirebbe per risultare carente delle necessarie giustificazioni giuridiche.
mediante un accesso agevole alle relative informazioni, la portata dell’impatto ambientale, le
prospettive e gli esiti connessi alla realizzazione di un progetto. [edited by Author] | it_IT |