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dc.contributor.authorRussomando, Annalisa
dc.date.accessioned2018-02-12T12:51:23Z
dc.date.available2018-02-12T12:51:23Z
dc.date.issued2017-07-04
dc.identifier.urihttp://hdl.handle.net/10556/2575
dc.identifier.urihttp://dx.doi.org/10.14273/unisa-974
dc.identifier.urihttp://dx.doi.org/10.14273/unisa-974
dc.description2015 - 2016it_IT
dc.description.abstractIl lavoro riflette sul ruolo attribuito al dirigente pubblico ripercorrendo le diverse tappe delle riforme, analizzando infine la figura dirigenziale nell’ambito della L. 124/2015 che rappresenta il più recente intervento di ammodernamento delle amministrazioni italiane. La ricerca si sofferma sulla figura del dirigente-manager, evidenziando il legame tra i sistemi di valutazione delle performance ed i meccanismi di incentivazione della produttività, ed analizzando i risvolti in termini di responsabilità del mancato raggiungimento dei risultati. L’analisi è volta ad evidenziare in che misura la categoria dei dirigenti pubblici possa realmente contribuire al processo di miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza della pubblica amministrazione. Il tema di ricerca verte sulla figura del dirigente pubblico e sul suo ruolo nel raggiungimento degli obiettivi della pubblica amministrazione, primo tra tutti quello della c.d. “buona amministrazione”, ovvero del soddisfacimento dei bisogni dei cittadini-utenti, codificato come vero e proprio diritto dall’art. 41 della Carta di Nizza. Il dirigente pubblico è il motore della funzione amministrativa e l’amministrazione è lo strumento della Repubblica, atto a garantire le libertà individuali e collettive. Il suo ruolo risulta strategico ma anche di particolare delicatezza in quanto, al di là della gestione amministrativa egli si trova in un particolare rapporto di fiduciarietà con l’organo politico in vista dell'attuazione degli indirizzi politici. Se è vero che la dirigenza pubblica è la figura deputata a garantire il raggiungimento di tali obiettivi, e pertanto è fortemente legata all’organo politico, è anche vero che il diritto alla buona amministrazione esige l’imparzialità e l'autonomia dell'agire amministrativo. I processi di riforma analizzati nel presente lavoro aspirano a fare del dirigente il punto di incontro tra valori e principi pubblicistici da un lato, fondati sull'osservanza di vincoli e leggi poste a garanzia del perseguimento del fine pubblico e al corretto uso delle risorse ad esso preordinate, e regole privatistiche dall'altro, contraddistinte da discipline flessibili e come tali ispirate alle logiche di mercato. L'inquadramento della dirigenza pubblica come collante tra due ambiti strutturalmente diversi e che per tradizione spesso utilizzano strumenti e schemi giuridici appartenenti a modelli a volte addirittura contrapposti, ha generato diversi risvolti problematici. Invero, sin dalla sua originaria previsione normativa, risalente al 1972, la figura in esame è il risultato empirico dell'annosa questione circa la necessità ovvero l'opportunità, di tenere separate la funzione politica da quella amministrativa, e come tale, esso è mutato nel tempo e ha risentito, sotto il profilo sia organizzativo sia strutturale, delle scelte compiute dal legislatore nel corso degli anni. Il leitmotiv della trattazione è rappresentato da questa spinosa relazione tra potere politico e potere amministrativo, e dalla ricostruzione critica delle normative che di volta in volta hanno tentato di incidere sulla disciplina della dirigenza per raggiungere un equilibrio tra i due poteri, con un particolare sguardo all’ultimo intervento normativo in materia. La storia di questo processo normativo dimostra tutte le difficoltà incontrate da ciascun legislatore nel cercare di coniugare le opposte esigenze di autonomia e fiduciarietà che connotano il rapporto di lavoro dirigenziale, tutti tentativi che hanno avuto risultati non sempre brillanti. Nella ricostruzione del tema si è posta attenzione anche sulla disciplina degli incarichi che costituisce un altro punto nodale del sistema: rappresenta il meccanismo che a monte può incidere sull’obiettivo di autonomia del potere amministrativo rispetto a quello politico, pur essendo lo snodo che evidenzia la maggiore difficoltà di contemperare l'autonomia dei dirigenti con la natura fiduciaria dell’incarico loro assegnato dal vertice politico. Accanto a ciò, l’assunto dal quale si sono prese le mosse è la crescente consapevolezza che, per conseguire la “buona amministrazione”, oltre ad incidere sul rapporto dirigente/politica, sia necessario implementare strategie virtuose, e la valutazione del personale (dirigenziale e non) può essere lo strumento privilegiato per verificare, a valle del sistema, se essi abbiano conseguito gli obiettivi prefissati. La valutazione delle performance è stata vista, sin dal suo primo ingresso nel settore pubblico, come un sistema capace di misurare il livello dei servizi e trovare soluzioni per migliorarli ad invarianza di costo, risultato peraltro difficile da conseguire nel contesto di crisi degli ultimi anni, caratterizzati dalla c.d. spending review. La materia della gestione dei premi e degli incentivi per i dirigenti pubblici - al centro del processo di valutazione della prestazione - è orientata da diversi anni a trovare soluzioni volte a favorire la diffusione di una cultura di tipo aziendalistico, introducendo concetti di efficacia e di efficienza nella gestione delle risorse, con risultati, però, non sempre incoraggianti. È chiaro l’intento di voler dare risalto al ruolo manageriale della dirigenza nell’organizzazione del lavoro: il legislatore affida a questa figura un ruolo centrale nel sistema di valutazione delle strutture e dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche. Il dirigente diventa co-protagonista del ciclo di gestione delle performance e degli strumenti di valorizzazione del merito e della produttività della prestazione lavorativa. Se è vero che tali strumenti fungono da incentivi all'aumento della produttività dei dirigenti, ed in generale dei dipendenti pubblici, sottoposti a valutazione della performance, è altrettanto vero che il fine premiante è attenuato dalla normativa tributaria che rende di fatto tali emolumenti attraibili all'area del reddito imponibile e li assoggetta dunque a tassazione. Strettamente connessa alla valutazione è il tema della responsabilità, con particolare riferimento a quella definita dirigenziale la cui finalità è di accertare che l’attività dei dirigenti sia nel suo complesso finalizzata al perseguimento dell’interesse pubblico e tesa al raggiungimento degli obiettivi prefissati, conservando la peculiarità di essere legata alla valutazione dei risultati complessivi dell'attività svolta e non alla generica osservanza dei doveri d'ufficio. Lo studio delle norme sulla tematica ha evidenziato la difficoltà del legislatore nel coniugare i molteplici aspetti della figura dirigenziale pubblica che sono racchiuse in discipline frammentate, con passaggi non ancora armonizzati, e la complessità di tradurre gli strumenti messi a disposizione da norme e prassi applicative e giurisprudenziali, nella c.d. buona amministrazione. Nell’esporre i nodi problematici del quadro normativo dedicato al dirigente si è guardato al ruolo della contrattazione collettiva, soprattutto in quegli ambiti che in qualche modo presentano interessanti peculiarità: una parte del lavoro è così dedicata alla ricostruzione e analisi della figura dirigenziale nel comparto della sanità. Inoltre, in una prospettiva comparata, si è voluta evidenziare l’esperienza di un altro paese europeo, la Spagna, in cui tuttora vige un modello ancora fortemente politicizzato di relazione tra politica ed amministrazione che non sembra consentire l’implementazione di sistemi pubblici virtuosi. Nell'affrontare i temi esposti, infine, si è dato conto, di volta in volta, delle ultime novità legislative sul tema, in particolare del decreto attuativo della L. 124/2015 sulla dirigenza pubblica, ancorché non ancora efficace, la cui ratio si sostanzia nel tentativo di equilibrare i rapporti tra il vertice politico e le figure dirigenziali attraverso una ridefinizione del ruolo e delle funzioni del dirigente pubblico. [a cura dell'autore]it_IT
dc.description.abstractPUBLIC MANAGEMENT AND ITS ROLE IN ENHANCEMENT OF MERIT The research analyses the role attributed to the public sector manager examining the various phases of the reforms, finally analyzing the managerial figure in the Italian Law 124/2015, which is the most recent regulatory intervention to modernize the Italian Public Administration. The research focuses on the manager-executive role, highlighting the link between performance evaluation systems and productivity incentive mechanisms, and examining the implications in terms of responsibility of failure to achieve results. The study aims to underline how the category of public sector managers can really contribute to the improvement of the efficiency and effectiveness of public administration. [edited by author]it_IT
dc.language.isoitit_IT
dc.publisherUniversita degli studi di Salernoit_IT
dc.subjectDirigenzait_IT
dc.subjectPubblica amministrazioneit_IT
dc.subjectPerformanceit_IT
dc.titleLa dirigenza pubblica ed il suo ruolo nella valorizzazione del meritoit_IT
dc.typeDoctoral Thesisit_IT
dc.subject.miurIUS/07 DIRITTO DEL LAVOROit_IT
dc.contributor.coordinatoreDestefanis, Sergio Pietroit_IT
dc.description.cicloXV n.s. (XXIX )it_IT
dc.contributor.tutorLuciani, Vincenzoit_IT
dc.identifier.DipartimentoScienze Economiche e Statisticheit_IT
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