L’haiku di Yosa Buson nelle «Quartine vallesane» di R. M. Rilke
Abstract
L’estetica e la poesia giapponese hanno ricoperto un ruolo fondamentale nello sviluppo del linguaggio che ha caratterizzato le ultime opere di Rainer Maria Rilke. Alla ricerca di un compromesso tra la sfera dell’essere e quella del non essere, il «linguaggio dell’invisibile» satura le poesie francesi e continua a fare capolino fino ai “Sonetti a Orfeo” per poi comparire, un’ultima volta, nell’enigmatico epitaffio dettato dal poeta. Il presente saggio propone, pertanto, un’analisi approfondita delle “Quartine Vallesane” e di altre poesie francesi, mettendone in evidenza la vicinanza con gli haiku del poeta e pittore Yosa Buson e analizzandone gli altri echi nipponici. Sulle orme dei lontani maestri giapponesi Rilke intuisce e canta la pura essenza delle cose, anche dell’infinitamente piccolo, alla stregua di un vero e proprio haijin. Japanese aesthetics and poetry played a crucial role in developing the language that distinguished Rainer Maria Rilke’s latest works. In serch of a compromise between the sphere of Being and Non-being, the “language of the invisible” permeates the French poems, continues to peep out up to ‘Sonnets to Orpheus’ and then appears, one last time, in the enigmatic epitaph dictated by the poet himself. This essay, therefore, proposes an in-depth analysis of the ‘Valais Quatrains’ and other French poems, highlighting their closeness to the poet and painter Yosa Buson’s ‘haikus’ and examining other Japanese echoes. In the footsteps of distant Japanese masters, Rilke perceveis and sings the purest essence of things, even of the infinitely small, just in the manner of a real ‘haijin’.