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dc.contributor.authorAnnunziata, Mariangela
dc.date.accessioned2013-11-21T12:07:19Z
dc.date.available2013-11-21T12:07:19Z
dc.date.issued2013-04-15
dc.identifier.urihttp://hdl.handle.net/10556/863
dc.description2011 - 2012en_US
dc.description.abstractLa tesi affronta le diverse problematiche connesse ai contratti per il trasferimento di tecnologia. Nel primo capitolo si dà atto della complessità che caratterizza l’attività di ricerca e, per comodità di sintesi, si riconduce tale complessità a cinque differenti tipologie: complessità qualitativa, inerente le diverse forme di attività di ricerca realizzate; complessità soggettiva, inerente le diverse tipologie di soggetti operanti nel settore della ricerca; complessità istituzionale organizzativa, inerente le differenti tipologie di soggetti pubblici che si occupano, a livello comunitario o nazionale, di coordinare l’attività di ricerca; complessità programmatica, inerente i diversi livelli di programmazione dell’attività di ricerca; complessità finanziaria, rappresentata dalla vasta normativa in tema di finanziamenti alla ricerca. Si distingue tra forme di complessità “virtuose” e non e si auspica una semplificazione e razionalizzazione, mediante interventi normativi, dei profili di complessità soggettiva e di quella finanziaria. Nel secondo capitolo vengono esposti i principi costituzionali ed europei posti alla base dell’attività di ricerca. Si dà atto della differenza tra ricerca scientifica e tecnica e dei conseguenti risvolti sul piano costituzionale. Vengono esaminate le implicazioni dell’attività di ricerca sull’attività lavorativa e viene auspicato il passaggio a forme di partecipazione forte dei lavoratori a scelte fondamentali inerenti l’attività d’impresa, quali l’introduzione di innovazioni tecnologiche nel processo produttivo. Si constata che, al di là delle norme costituzionali specificamente inerenti l’attività di ricerca, quest’ultima ha tante referenze costituzionali quante sono le materie in cui si esplica. Nel terzo capitolo vengono affrontate tre questioni. Preliminarmente ci si interroga sulla possibilità di considerare le nuove risorse immateriali quali beni in senso giuridico. Dopo aver dato atto delle diverse tesi avvicendatesi sul tema, si aderisce all’impostazione che considera bene ogni cosa idonea a soddisfare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico. L’adesione a tale impostazione consente di superare anche le problematiche connesse all’immaterialità dei nuovi beni, che diviene irrilevante ai fini della qualificazione giuridica. In tale contesto caratteri quali la materialità, la patrimonialità, la limitatezza e l’appropriabilità divengono solo degli indici rivelatori dell’esistenza di un bene in senso giuridico, non dei requisiti necessari all’esistenza di un bene. Si esamina poi la possibilità che il diritto di proprietà abbia ad oggetto le nuove realtà immateriali. Si ritiene che il diritto di proprietà non si ricolleghi necessariamente ad un rapporto immediato e diretto con la res. Allo stesso modo l’esclusività di cui gode il proprietario non è collegata alla fisicità della cosa, ma alle utilità che dalla stessa possano essere tratte. Essa non inerisce infatti alla cosa in quanto tale, ma alla titolarità del diritto sulla res. In tale contesto è possibile concludere che il diritto di proprietà ben possa avere ad oggetto i nuovi beni immateriali. Le peculiarità di tali beni, tuttavia, conformeranno necessariamente il diritto di proprietà. Si valuta infine la possibilità di assimilare i profili di natura patrimoniale inerenti il diritto d’autore al diritto di proprietà. Dopo aver dato atto delle diverse tesi sostenute in merito alla qualificazione del diritto d’autore, si conclude per la possibilità di scindere nettamente tra diritto morale e diritto patrimoniale d’autore. Mentre il diritto morale d’autore è assimilabile ai diritti della personalità, di diritti patrimoniali, in virtù della loro conformazione e delle facoltà concesse all’autore, sono agevolmente assimilabili alla proprietà. Nel quarto capitolo vengono esaminate le diverse forme di trasferimento tecnologico. Con riferimento alla posizione assunta sul mercato dai soggetti che prendono parte al trasferimento di tecnologia, si distingue tra forme orizzontali e verticali di trasferimento; con riferimento alle modalità di attuazione del trasferimento tecnologico, si distingue tra forme volontarie, involontarie e coatte di trasferimento tecnologico. Vengono esaminate con attenzione le diverse tipologie negoziali di trasferimento tecnologico, distinguendo tra negozi che hanno ad oggetto principale o esclusivo il trasferimento di tecnologia (cessione, licenza, material transfer agreement) e forme che solo incidentalmente determinano un trasferimento di tecnologia (franchising, subfornitura industriale). Si dà atto delle implicazioni che le peculiarità dell’oggetto contrattuale hanno sulla struttura negoziale (sotto il profilo spaziale, temporale e delle facoltà connesse alla situazione di appartenenza). Viene dato particolare risalto alla struttura collaborativa dell’attività di ricerca ed alla conseguente contitolarità dei risultati da essa scaturenti. Sul punto è ancora controversa la disciplina applicabile, poiché la scelta normativa di rinvio alle norme sulla comunione risulta in concreto insoddisfacente. Vengono esaminati altresì gli effetti sul negozio giuridico della declaratoria di nullità del titolo sul quale la protezione della tecnologia si fonda, affrontando la problematica connessa alla quantificazione dell’ “equo rimborso” di cui all’art. 77 del Codice. Con specifico riferimento al contratto di licenza, vengono esaminate le differenti tipologie di compensi, che possono essere non monetari e monetari; questi ultimi si dividono a loro volta in corrispettivi fissi o variabili. Particolare attenzione è dedicata alla royalties ed ai costi di monitoraggio che il licenziante deve sostenere per evitare comportamenti opportunistici (under reporting) del licenziatario. Viene esaminata anche la problematica connessa all’ammissibilità delle royalties post expiration e si conclude per la piena ammissibilità dell’istituto, concretamente idoneo a favorire il trasferimento di tecnologie. Con riguardo ai material transfer agreement vengono esaminate invece le questioni connesse al passaggio del rischio ed alla titolarità dei risultati realizzati mediante la sperimentazione sul materiale concesso in uso. Sempre nel quarto capitolo vengono esaminate le questioni connesse alla titolarità delle invenzioni e delle opere dell’ingegno realizzate in esecuzione del rapporto di lavoro, con particolare attenzione anche alle ipotesi di lavoro non dipendente. Si dà atto delle modifiche normative intervenute nel 2001 in merito alle invenzioni dei ricercatori universitari. Si riscontra come la scelta per la titolarità individuale dei trovati accademici non sia in linea con la normativa degli altri Stati europei e con la prassi statunitense e si esaminano le problematiche connesse al riconoscimento della titolarità individuale delle invenzioni accademiche. Vengono altresì esaminati alcuni strumenti, molto utilizzati dagli atenei, al fine di garantire il trasferimento di tecnologia: si tratta degli spin off e degli industrial liason office. Sul punto viene operato un raffronto tra realtà europea e statunitense e vengono esaminate le problematiche connesse all’accesso a forme di finanziamento ed al recupero, da parte dell’Ateneo, della tecnologia concessa in caso di fallimento dello spin off. Dopo un rapido passaggio sulla determinazione dei corrispettivi nei contratti per il trasferimento di tecnologia, si esaminano i rapporti tra diritto della concorrenza e negozi di ricerca. Viene evidenziata la generale incompatibilità con il trattato dei patti che escludono o limitano la concorrenza e si esamina l’esenzione per categoria prevista, per il settore della ricerca, dal Regolamento 772/2004. Vengono prospettate le limitazioni connesse all’approccio del Regolamento comunitario, in particolare con riferimento alla quantificazione delle soglie di mercato ed all’eccessiva rigidità delle stesse, nonché con riguardo all’inapplicabilità della normativa agli accordi tra più di due imprese. Vengono esaminate anche le diverse forme di collective societies, ed in particolare i patent pools, le standard setting organizations e le collective rights organizations. Sono esaminate, in una continua comparazione con gli ordinamenti statunitensi e giapponese, le implicazioni sulla concorrenza delle predette tipologie di accordi, esaminando anche i rimedi convenzionali e giurisprudenziali elaborati per contrastare i comportamenti opportunistici della parti. La tesi si conclude auspicando un intervento normativo di semplificazione del panorama della ricerca che tenga in concreta e reale considerazione le problematiche del settore. In particolare occorrerà riformare la normativa nazionale in tema di invenzioni accademiche e reimpostare la disciplina dei contratti per il trasferimento di tecnologia in chiave concorrenziale. Il legislatore dovrà prendere atto che proprietà intellettuale e diritto della concorrenza convergono verso un unico risultato: l’efficienza del mercato. Mediante i contratti per il trasferimento di tecnologia infatti si crea un concorrente sul mercato, determinando un effetto positivo per le imprese e per l’economia. [a cura dell'autore]en_US
dc.language.isoiten_US
dc.publisherUniversita degli studi di Salernoen_US
dc.subjectTrasferimentoen_US
dc.subjectTecnologiaen_US
dc.subjectConcorrenzaen_US
dc.titleI contratti per il trasferimento di tecnologiaen_US
dc.typeDoctoral Thesisen_US
dc.subject.miurIUS/01 DIRITTO PRIVATOen_US
dc.contributor.coordinatoreLuciani, Vincenzoen_US
dc.description.cicloXI n.s.en_US
dc.contributor.tutorValentino, Danielaen_US
dc.identifier.DipartimentoScienze Economiche e Statisticheen_US
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