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dc.contributor.authorCuomo, Benedetta
dc.date.accessioned2013-12-12T11:20:11Z
dc.date.available2013-12-12T11:20:11Z
dc.date.issued2013-04-12
dc.identifier.urihttp://hdl.handle.net/10556/922
dc.description2010 - 2011en_US
dc.description.abstractIl Trattato di Lisbona rafforza il ruolo dei Parlamenti nazionali come mai era accaduto prima. Infatti, ad essi viene ora riconosciuta la possibilità di incidere direttamente sul processo decisionale europeo. Più in generale, si affida ai Parlamenti nazionali il compito di contribuire “attivamente al buon funzionamento dell’Unione”, secondo la formula utilizzata dal nuovo articolo 12 del Trattato sull’Unione europea, interamente dedicato ai Parlamenti nazionali. Un anno dopo l’entrata in vigore del nuovo Trattato, avvenuta il 1° dicembre 2009, le Assemblee legislative nazionali hanno, quindi, incominciato ad occuparsi di come rispondere alla ‹‹chiamata›› europea in un’ottica, tuttavia, solo ‹‹individuale›› e non anche ‹‹collettiva››. Sotto tale profilo, si è posta, in particolare, la questione, assai dibattuta in dottrina, inerente la giusta interpretazione da dare alle nuove previsioni del Trattato di Lisbona, ovvero se con esse si sia voluto riconoscere ai Parlamenti nazionali un potere di intervento nel processo decisionale europeo da intendersi quale ‹‹individual empowerment››, al pari del diritto di veto di cui ciascun Parlamento (o Camera nazionale) dispone in ordine alle proposte di modifica dei trattati istitutivi o, invece, se il sistema prefigurato da tali previsioni nella forma del cosiddetto ‹‹meccanismo di allerta precoce›› o ‹‹Early Warming System›› non presupponga, piuttosto, un esercizio collettivo di detto potere configurando, altresì, una sorta di ‹‹collective responsability›› in ordine al suo esercizio. In tale contesto, si è scelto di limitare l’analisi del presente lavoro di ricerca ad un profilo circoscritto, rappresentato dall’incidenza del Trattato di Lisbona sui meccanismi predisposti a livello europeo per coinvolgere i Parlamenti nazionali nel circuito decisionale europeo, privilegiando pertanto l’esame della cosiddetta ‹‹fase ascendente›› del diritto comunitario, cioè la fase di formazione degli atti e degli orientamenti politici. Tale approfondimento ha consentito inoltre di svolgere anche un esame critico delle novità introdotte nel nostro ordinamento con la legge 4 febbraio 2005, n. 11, altrimenti nota come ‹‹legge Buttiglione›› - che ha integralmente sostituito la legge 9 marzo 1989, n. 86, cosiddetta ‹‹legge La Pergola››, dedicando alcune disposizioni innovative al ruolo del Parlamento italiano nella fase ascendente del processo decisionale europeo – nonché di formulare talune valutazioni con riguardo alla più recente prassi applicativa seguita dalle Camere italiane. [a cura dell'autore]en_US
dc.language.isoiten_US
dc.publisherUniversita degli studi di Salernoen_US
dc.subjectControllo sussidiarietàen_US
dc.subjectParlamenti nazionalien_US
dc.titleI parlamenti nazionali ed il "dialogo" legislativo con l'Unione europeaen_US
dc.typeDoctoral Thesisen_US
dc.subject.miurIUS/13 DIRITTO INTERNAZIONALEen_US
dc.contributor.coordinatoreMarenghi, Enzo Mariaen_US
dc.description.cicloX n.s.en_US
dc.contributor.tutorDi Stasi, Angelaen_US
dc.identifier.DipartimentoDiritto Pubblico e Teoria delle Istituzionien_US
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