Defunti, antenati, eroi : fenomenologia del tomb cult
Abstract
This study is specifically concerned with cult activities at Bronze Age tombs. This phenomenon, known as 'tomb cult', is not widespread all over Greece, evidences for definite and intensive worship are meager and some of the materials found in connection with chamber or tholos tombs may also be intrusive. By contrast, cults at Mycenaean tombs have gained attention in the last decades and have been described as an important means of self-definition; hero cult and ancestors cult, also, have been claimed as an interpretation of this kind of worship but no explanation seems to be really exhaustive. The main issue is to investigate the phenomenon with a proper methodology, which is actually lacking. In my research Data have been investigated with a philological and contextual approach, whose main aim was to evaluate the existence of a definite votive character in the depositions at Bronze Age tombs; “cult” and “ritual/sacred” activities have been distinguished from “profane” activities and conclusions have been drawn from both cultual and non-cultual examples. These data did not support the view that Bronze age tombs were object of cult: most often ancient tombs were not worshipped at all or were treated with disrespect. These results suggest the opportunity of a more articulated interpretation of the evidence and a reconsideration of the so-called “tomb cult” at Mycenaean tombs, which seems to be only a modern theoretical model that does not apply to the ancient world. [edited by Author] La ricerca affronta il tema del recupero con presunto scopo cultuale di sepolture micenee in epoca
successiva. Il fenomeno, identificato in bibliografia dalla locuzione 'tomb cult', non si mostra
omogeneo, né per diffusione, giacché non tocca tutti i comparti regionali greci, né per le modalità di
fruizione della sepoltura antica, che, ad un'analisi più attenta, si rivelano sempre differenti e talvolta
non manifestano una chiara finalità cultuale. La netta discrepanza che emerge tra la marcata
uniformità delle interpretazioni e la altrettanto marcata differenza, quantitativa e qualitativa, della
documentazione disponibile, sembra da imputare, da un lato, all'assenza di una metodologia
univoca e formalizzata per il trattamento dei dati e, dall'altro, all'allontanamento del record
archeologico dalla propria dimensione testimoniale, a favore di un approccio focalizzato più sulla
speculazione teorica che sull'analisi dei materiali. Scopo del lavoro è proprio quello di restituire
ciascun dato alla propria complessità informativa, tenendo conto sia delle peculiarità di ogni
ritrovamento, sia del più ampio contesto storico-territoriale di riferimento. Applicando un rigoroso
metodo filologico e basandosi su paradigmi indiziari chiari e definiti sono stati identificati gli
elementi che consentono di discriminare le attività a carattere cultuale dalle più semplici offerte
devozionali e da quelle azioni che, pur producendo esiti talvolta simili alle precedenti, non
sembrano aver avuto scopo rituale.
La rilettura critica dei dati ha consentito, quindi, di tratteggiare un quadro più realistico del
fenomeno, da un lato aprendo a nuove prospettive d'indagine che travalicano i confini
dell'argomento in oggetto e contribuiscono alla precisazione di tematiche collaterali (come la
nascita della polis e la definizione dell'identità etnica dei messeni), e dall'altro offrendo spunti di
riflessione sul più ampio problema dell'ermeneutica del mondo antico. [a cura dell'Autore]