L'etica della risolutezza: le radici luterane dell'analitica esistenziale
Abstract
Con la pubblicazione di Essere e Tempo nel 1927 Heidegger si poneva l’obiettivo di
riproporre la questione del senso dell’essere passando per l’esposizione preliminare
delle strutture d’essere di un ente particolare, l’Esserci, la cui essenza veniva
individuata nella capacità di autocomprendersi. Egli assumeva come filo conduttore
dell’analisi una definizione formale di tale esserci espressa nei termini che seguono:
L’Esserci è un ente che, comprendendosi nel suo essere si rapporta a questo essere.[…].
L’esserci è inoltre l’ente che io stesso sempre sono. L’essere-sempre-mio appartiene all’Esserci
esistente come condizione della possibilità dell’autenticità e dell’inautenticità. L’Esserci esiste
sempre in uno di questi modi o nell’indifferenza modale rispetto ad essi (1).
Esplicitamente, nei paragrafi metodologici posti all’inizio di Essere e Tempo,
Heidegger individuava il compito dell’analitica dell’esistenza in una “comprensione
esistenziale” (2), ovverosia in una comprensione dell’ esistenzialità dell’esistenza, e cioè di
ciò che costituisce l’esistenza ontologicamente nella sua struttura. Nello stesso contesto,
egli distingueva altrettanto esplicitamente, tale comprensione da “una comprensione
esistentiva” (3), intesa come “la comprensione di se stesso che fa da guida all’esistenza” (4).
Solo quest’ultima riguarda “il problema dell’esistenza” (5), che è da intendersi come “un
‘affare’ ontico dell’esserci“ (6 ) il quale “non richiede la trasparenza teoretica della
struttura ontologica dell’esistenza” (7). Il tema dell’analitica esistenziale invece era la
comprensione esistenziale e non esistentiva, quindi l’ontologia e non l’etica.
Nonostante le sue dichiarazioni programmatiche, però, l’attenzione da Heidegger
dedicata alla dimensione concreta dell’esistenza e i toni con cui tale esistenza veniva
descritta fecero subito pensare ai suoi lettori ad un’opera dai forti connotati pratici.
Tant’è che già nel 1928, Eberhard Grisebach, nel suo testo Gegenwart. Eine Kritische
Ethik (8), assumeva l’analitica esistenziale come modello di una filosofia morale e, nello
stesso anno, Herbert Marcuse, dopo essersi allontanato da Friburgo per lavorare in una
libreria di Berlino, vi ritornò per studiare e lavorare fianco a fianco con Heidegger (9),
avendo colto in Essere e Tempo un vero e proprio ritorno della filosofia al concreto e
alla prassi. Anche il primo interprete francese (10), Georges Gurtvitch – presentando (11) in
un corso sulle tendenze attuali della filosofia tedesca, tenuto alla Sorbonne nel 1928,
Heidegger come “il filosofo più ascoltato al giorno d’oggi”, metteva in evidenza la forte
preoccupazione etica del suo pensiero, in grado di “deformarne l’ontologia generale” (12).
Ed è per la saggezza, l’eroismo, addirittura, per una sorta di santità che permetteva di
resistere agli eventi intravisti in questa filosofia che Sartre si era interessato ad essa,
comportandosi - secondo quanto egli stesso, nel 1940, annota nei Cahier de la drole de
guerre – “come gli Ateniesi, i quali, dopo la morte di Alessandro, si allontanavano dalla
dottrina di Aristotele per avvicinarsi alle dottrine ‘più brutali’, ma ‘più totalitarie’ degli
Stoici o degli Epicurei dai quali apprendere l’arte del vivere” (13). Heidegger stesso
racconta come, dopo la pubblicazione di Essere e Tempo, un giovane studioso gli avesse
chiesto quando avrebbe pubblicato un’etica (14). Non solo l’immediata recezione di
Heidegger, ma anche l’impatto esercitato dal suo pensiero sul più lungo periodo
forniscono la prova della tensione pratica in esso presente: alla filosofia di Heidegger si
fa anche risalire quella riabilitazione della filosofia pratica che ha giocato un ruolo
fondamentale nel panorama filosofico tedesco negli anni Sessanta e Settanta del
Novecento (15).
Perché, nonostante Heidegger intendesse realizzare un’analisi della struttura
ontologica dell’esistenza, in essa venne colta una dimensione pratica fino a suscitare nei
suoi lettori il desiderio di un completamento dell’analisi esistenziale con la
formulazione di un’etica? Quale aspetto della sua filosofia ha innescato quel processo di
riabilitazione della filosofia pratica? Siamo di fronte ad un sistematico fraintendimento
dell’opera di Heidegger e della sua intenzione di formulare un’ontologia fondamentale
partendo dall’analisi dell’esistenza? E ammesso che di fraintendimento si tratti, quali
sono le motivazioni intrinseche che ne sono alla base? Cosa spinse i primi lettori di
Heidegger a considerare Essere e Tempo come una vera e propria opera di filosofia
morale, o a desiderare l’integrazione dell’analitica dell’esistenza con un’etica? E perché
i suoi ascoltatori declinarono il suo pensiero in chiave decisamente pratica? (16)
Basta solo sfogliare l’indice di Essere e Tempo per notare come Heidegger dedichi
ampio spazio a fenomeni come la coscienza, la risolutezza, la decisione, la colpa,
fenomeni che generalmente rientrano in ambito pratico (17). Non solo. Ad un’analisi più
approfondita risulta subito evidente che l’analisi dell’esistenza non è neutra, ma, anzi, è
attraversata da una dimensione valutativa che si impone con forza, nonostante l’esplicita
intenzione di Heidegger a muoversi su un piano meramente ontologico.
Questa dimensione valutativa – questa l’ipotesi che qui di seguito si intende
verificare – è strettamente connessa con la concettualità attraverso cui avviene la
comprensione e la descrizione dell’esistenza e con il modo in cui Heidegger perviene
alla formulazione di tale concettualità.
La filosofia di Heidegger si radica nella crisi del Positivismo e nasce con l’obiettivo
di comprendere la vita come un intero nella sua motilità e nella sua storicità (18). Per
realizzare il suo programma filosofico Heidegger parte dalla particolare situazione della
filosofia a lui contemporanea che egli così descrive:
La filosofia della situazione attuale si muove ancora nella posizione dell’idea dell’uomo,
dell’ideale di vita, delle rappresentazioni ontologiche, della vita umana, nelle diramazioni delle
esperienze fondamentali che si sono temporalizzate nell’etica greca e, soprattutto, nell’idea
cristiana dell’uomo e dell’esserci umano (19).
Data questa situazione, egli vede la “necessità di un confronto con la filosofia greca e
la deformazione dell’esistenza cristiana attraverso di essa“ (20), riproponendosi di trovare
in questo modo “la reale idea della filosofia cristiana“, ovverosia “la strada verso una
teologia cristiana originaria – libera dalla grecità“ (21). È per dar voce a tale esigenza che
Heidegger intraprenderà quell’opera congiunta di distruzione della tradizione filosofica
greca e cristiana e di ripetizione critica di modelli esemplari in essa presenti le cui tracce
sono riscontrabili nella formulazione dell’analitica esistenziale.
Ora, è noto che Heidegger arrivò ad una formulazione della concettualità attraverso
un confronto con il proto-cristianesimo (22) di Paolo (23) e di Agostino (24), da un lato, e con la filosofia pratica di Aristotele (25) dall’altro. Qui di seguito intendo compiere un ulteriore
passo indietro nella genealogia concettuale di Essere e Tempo, interrogandomi sul ruolo
che nell’analitica esistenziale assume colui che, secondo quanto Heidegger riferisce, fu
un compagno nella sua ricerca: Martin Lutero. Ripercorrendo i punti di contatto fra
l’opera del giovane Heidegger con quella di Lutero, intendo mettere in evidenza come il
rapporto di Heidegger con l’etica, ovverosia con la presenza di una chiara dimensione
valutativa coniugata con un radicale e sistematico rifiuto di qualsiasi dimensione
normativa, debba essere ricondotto all’origine teologica (26) del pensiero di Heidegger e
soprattutto al suo fertile dialogo con l’opera del giovane Lutero.
È a partire dal confronto con le fonti filosofiche e neotestamentarie (27) in cui si radica
l’analitica esistenziale che si proverà a contestualizzare sia la dimensione pratica
dell’analitica esistenziale sia i suoi limiti.
Nonostante, infatti, i concetti utilizzati come base per la comprensione dell’esistenza
siano privati del loro contenuto e siano assunti nella loro struttura come “indicazioni
formali“, essi, al di là delle intenzioni dell’autore, conservano - per usare un’espressione
dello stesso, “una traccia della loro provenienza“ (28).
Impostando il suo discorso intorno all’esistenza, Heidegger dichiara di voler evitare
che “l’interpretazione ontologica“ dell’esserci sia dedotta da “una possibile idea
concreta di esistenza“ (29). Ciò nonostante si trova ad affermare in conclusione della sua
analisi che “il fatto“ che l’interpretazione dell’esistenza trovi il proprio filo conduttore
in “un’idea dell’esistenza in generale ‘presupposta’ come tale“ (30) o che “a base
dell’interpretazione ontologica dell’esistenza dell’Esserci“ ci sia “un ideale concreto
dell’Esserci“ “!non solo non deve né essere negato né ammesso a denti stretti, ma deve
essere compreso ed elaborato nella sua necessità positiva a partire dall’oggetto tematico
della ricerca stessa“ (31). Heidegger precisa tale questione in questi termini:
Dove mai l’interpretazione trova il proprio filo conduttore se non in un’idea dell’esistenza in
generale ‘presupposta’ come tale? Come sono regolati i passi dell’analisi della quotidianità
inautentica se non attraverso un concetto di esistenza presupposta? E quando diciamo che
l’Esserci è ‘deiettivo’ e che l’autenticità del suo poter-essere deve essere strappata a questo ente
contro la tendenza del suo essere, da quale punto di vista facciamo questa affermazione? Tutto
non è già illuminato, benché indistintamente, dalla luce dell’idea di esistenza che abbiamo
‘presupposta’ (32).
Egli è quindi consapevole che “quest’idea dell’esistenza, formale ed esistentivamente
non obbligatoria, porta già in sé un ‘contenuto’ ontologico determinato benché non
chiarito” (33). Nella consapevolezza che “la filosofia non debba ripudiare i suoi
‘presupposti’, ma neppure limitarsi ad assumerli“ (34), Heidegger pertanto intende dirigere
tutti i suoi sforzi per “inserirsi originariamente e recisamente [nel] ‘circolo’“ (35) che si
instaura fra un’idea di esistenza presupposta e la sua dimensione di indicazione formale.
È in questo circolo fra presupposizione dell’idea dell’esistenza e sua determinazione
indicativo-formale che si apre lo spazio per la determinazione della dimensione pratica
dell’analitica esistenziale. Heidegger stesso sembra fare un passo in questa direzione
quando sottolinea come “l’oggetto tematico risulta artificiosamente e dogmaticamente
amputato se si chiude ‘innanzi tutto’, in ‘un soggetto teoretico’, per integrarlo poi ‘dal
punto di vista pratico’ con l’aggiunta di ‘un’etica’” (36).
La risposta alla domanda: quando scriverà un’etica, che un giovane studioso pose ad
Heidegger subito dopo la pubblicazione di Essere e Tempo, come egli racconta, è da
cercare quindi nella circolarità della stessa analitica esistenziale. Non si tratta di
integrare un’ontologia con un’etica, ma è all’interno dell’esistenza, nella circolarità che
si istaura fra formalità dei concetti esistenziali e precomprensione di un concreto ideale
di esistenza che, da un lato, va cercata la dimensione etica del pensiero di Heidegger,
dall’altro ne vanno individuati i limiti.
(1) M. H EIDEGGER, Sein und Zeit, Tübingen, Niemeyer, 1993 17, pp. 52-53; trad. it., a cura di P. Chiodi,
Milano, Longanesi, 1976, p. 76. D’ora in poi: EeT.
(2) EeT, p. 13; trad. it., p. 29.
(3 ) Ibidem.
(4 ) Ibidem.
(5 ) Ibidem.
(6 ) Ibidem.
(7 ) Ibidem.
(8) E. G RISEBACH, Gegenwart. Eine Kritische Ethik, Würzburg, Königshausen & Neumann, 2005. La
tensione etico-pratica veniva messa in luce anche in una delle prime recensioni di Essere e Tempo: M.
BECK, Referat und Kritik von Martin Heidegger: “Sein und Zeit” (Halle 1927), in „Philosophische
Hefte“ (Berlin), 1 (1928), pp. 5-44.
(9 ) Cfr. H. MARCUSE, Frühe Aufsätze, nella seconda parte del primo volume degli Schriften, Frankfurt a.
M., Suhrkamp, vol. I, 19812, pp. 347-468. Cfr. anche l´epistolario fra Heidegger e Marcuse, pubblicato
da M. CALLONI, L'epistolario Marcuse-Heidegger: 1947-1948, in „Fenomenologia e Società“, 1 (1989),
pp. 165-173. Cfr. anche: Id., Le ragioni di Heidegger. 1948: La risposta a Marcuse, in „Fenomenologia
e Società“, 1992, n. 3, pp. 189-192. Per una discussione di questo scambio epistolare cfr.: R. WOLIN,
Introduction to Herbert Marcuse and Martin Heidegger: An Exchange of Letters, „German Critique“, 53
(Primavera 1991), pp. 19-27;
Sul rapporto fra Marcuse e Heidegger un’interessante prospettiva é offerta in: M. BERCIANO, Herbert
Marcuse: el primer marxista heideggeriano, in „Pensamient“, 36 (1980), pp. 131-164.
(10) La recezione di Heidegger in Francia é molto importante per la questione dell’etica; cfr. D. JANICAUD,
Heidegger en France, I e II, Paris, Albin Michel, 2001; A. RENAUT, Il caso Heidegger in Francia, in, F.
Bianco (a cura di), Heidegger in discussione, Milano, Angeli, pp. 295-309; T. ROCKMORE, Heidegger
and French philosophy. Humanism, antihumanism and being, Routledge, Ny, 1995.
(11) G. GURVITCH, Les Tendances actuelles de la philosophie allemande, Paris, Vrin, 1930, p. 207.
(12) Sul legame fra Esistenzialismo ed Etica si veda anche: O. F. BOLLNOW, Existentialismus und Ethik , in
Die Sammlung 4 (1949), pp. 321-335; H. FAHRENBACH, Existenzphilosophie und Ethik, Frankfurt a. M.,
Klostermann, 1969, pp. 99-131; W. GENT, Existenzphilosophie und Ethik, in „Philosophische Studien“,
Berlin 2 (1950/1951), pp. 126-136. L’attenzione di Heidegger a temi religiosi viene invece rilevata in
SCHERWATZKY, Philosophie und Theologie: Gedanken zu Heideggers neuem Buch: Sein und Zeit, in
„Monatsblätter für den evangelischen Religionsunterricht“, 24 (1931), pp. 81-89; cfr. anche: O. DE
BERRANGER, Être et Temps et la théologie, in „Gregorianum“, 74 (1993), pp. 543-561; piú in generale
su Esistenzialismo e teologia protestante si veda: E. PETERSON, Existentialismus und protestantische
Theologie, in Id., Marginalien zur Theologie und andere Schriften, Würzburg, Echter, 1995, pp. 52-55.
(13) J-P. SARTRE, Carnets de la drôle de guerre: septembre 1939 - mars 1940 , a cura di A. Elkaïm-Sartre,
Paris, Gallimard, 1995.
(14 ) Cfr. M. HEIDEGGER, Brief über den Humanismus, Frankfurt a.M., Klostermann, 1991 9, p. 43; trad. it.,
a cura di F. Volpi, Lettera sull’Umanismo, Milano, Adelphi, 1995, p. 88.
(15) Cfr. M. CALLONI, Heidegger e la filosofia pratica, in „Fenomenologia e Società“ 1989, n. 2, pp. 3-31;
F. VOLPI, Tra Aristotele e Kant: orizzonti, prospettive e limiti del dibattito sulla “Riabilitazione della
filosofia pratica”, in C.A. Viano (a cura di), Teorie etiche contemporanee, Bollati Borighieri, Torino,
19952, pp. 128-148.
(16 ) Numerose sono le pubblicazioni sul rapporto di Heidegger con l’Etica e più in generale con la
Filosofia Pratica. Per un orientamento sull’ampio dibattito si vedano i volumi collettanei: A.
GETHMANN-SIEFERT-O.PÖGGLER (a cura di), Heidegger und die Praktische Philosophie, Frankfurt a. M.,
Suhrkamp, 19892; P. DI GIOVANNI (a cura di), Heidegger e la filosofia pratica, Palermo, Flaccovio,
1994; A. ARDOVINO (a cura di), Heidegger e gli orizzonti della filosofia pratica: etica, estetica, politica,
religione, Milano, Guerini, 2003. La questione dell´etica in Heidegger è stata posta anche nei seguenti
testi: R. BRANDNER, Warum Heidegger keine Ethik geschrieben hat, Wien, Passagen-Verl., 1992; C.
CASLA BIURRUN, Heidegger y la etica, in „Apuntes Filosoficos“, 16 (2000), pp. 71-84; E.L.CASTELLON,
Dimensiones christianas de la etica de situacion, in, „Estudios Filsóficos“, 21 (1972), pp. 377-442;
D.WEBB, Heidegger, ethics, and the practice of ontology, London, Continuum, 2009; A. FRANCO DE SÁ,
Heidegger e a questão da ética:Entre as duas vias da questão do ser, in „Phainomenon: Revista de
fenomenologia“, Lisboa, 5/6 (2002/2003), pp. 141-166; L. J. HATAB, Ethics and finitude: Heideggerian
contributions to moral philosophy, Lanham, Rowman & Littlefield, 2000; G. HODGE, Heidegger and
ethics, London, Routledge, 1995; A. ISAGA, Es posible hablar de una ética en Martin Heidegger?, in
„Franciscanum“, Bogota, 6 (1964), pp. 48-56; A. JACOB, Heidegger e la questione etica, in F. Bianco (a
cura di), Heidegger in discussione, Milano, Angeli, 1992, pp. 108-113; J. KREIML, Zwei Auffassungen
des Ethischen bei Heidegger. Ein Vergleich von "Sein und Zeit" mit dem "Brief über den Humanismus",
Regensburg, Roderer, 1987; M. LEWIS, Heidegger and the place of ethics: being-with in the crossing of
Heidegger's thought, London, Continuum, 2005; MAUER, Von Martin Heidegger zur praktischen
Philosophie, in M. Riedel (a cura di), Rehabilitierung der praktischen Philosophie, Freiburg, Rombach,
1971, pp.415-454; D. MIYASAKI, A Ground for Ethics in Heidegger's Being and Time, in „Journal of the
British Society for Phenomenology“, 38 (2007), pp. 261-278; A. MOLINARO, Heidegger e l'etica, in
„Aquinas“, 2 (1977), pp. 238-254; R. E. MORANDI (a cura di), Heidegger e l’etica, in „Con-tratto“, 2,1/2,
(1993), Padova, Il Poligrafo; E. S. NELSON, Heidegger and the questionability of the ethical, in „Studia
phaenomenologica: Romanian journal for phenomenology“, Phenomenology and literature, 8 (2008),
pp. 411-435; E. NICOLETTI, L'etica originaria in Martin Heidegger, in „Aquinas“, 25 (1982), pp. 479-
498; O. PÖGGELER, Die ethisch-politische Dimension der hermeneutischen Philosophie, in: GERDGÜNTHER
GRAU (a cura di), Probleme der Ethik, Freiburg, Alber, 1972, pp. 45-81; G. PRAUS, Erkennen
und Handeln in Heideggers “Sein und Zeit”, Freiburg i. Br., 1977; M. RECALCATI, Abitare nella legge
dell’essere: Heidegger e l’etica, in Id., Abitare il desiderio. Sul senso dell’etica, Milano, Marcos y
Marcos, 1991; B. SITTER, 'Sein und Zeit' als Theorie der Ethik, in „Philosophische Rundschau“, 16
(1969), pp. 273-281; T. STAEHLER, Unambiguous calling? Authenticity and ethics in Heidegger's Being
and time, in „Journal of the British society for phenomenology“, 39 (2008), pp. 293-313; J. VAN BUREN,
The Ethics of ‘Formale Anzeige’ in Heidegger, in „American Catholic Philosophical Quartley“ 69,
(1995), pp. 157-170; F. VOLPI, L’etica rimossa di Heidegger, in „MicroMega“, 2 (1996), pp. 139-63; Id.,
L’etica dell’inesprimibile fra Wittgenstein e Heidegger, in „MicroMega“, 2 (1998), pp. 180-195; Id., È
ancora possibile un'etica? Heidegger e la “filosofia pratica”, in „Acta philosophica“, 11 (2002), pp.
291-313; A. K. WUCHERER-HULDENFELD, Das ursprünglich Ethische im Ansatz von Heideggers "Sein
und Zeit", in Orte des Schönen: Phänomenologische Annäherungen, a cura di R. Esterbauer, Würzburg,
Königshausen & Neumann, 2003, pp. 217-237.
(17) Cfr. a tale proposito B. RECKI, Kultur als Praxis. Eine Einführung in Ernst Cassirer Philosophie der
symbolischen Formen, Berlin, Akademie Verlag, 2004. Nel tentativo di istituire un parallelo fra le
implicazioni etiche del pensiero di Heidegger (o meglio la mancanza di tali implicazioni) e quelle del
pensiero di Cassirer, l’autrice afferma: „Al lettore privo di pregiudizi appare chiaramente che sono i
concetti fondamentali sistematici dell’analitica esistenziale in Essere e Tempo – Zuhandenheit, cura,
coscienza, colpa, afferramento di possibilità, progetto risolutezza- a far trasparire la colorazione pratica
dell’intera esistenza umana“ (Ivi, p. 193). Questi concetti devono essere compresi al da là della
distinzione di pratico e teoretico. Un autore tanto attento a questioni del linguaggio, avrebbe potuto
scegliere secondo l’ autrice, espressioni meno ambigue.
(18) A tale proposito mi permetto di rimandare al mio lavoro: Vita e Metodo nelle prime lezioni friburghesi di
Martin Heidegger (1919-1923), Firenze, Le Cariti, 2008.
(19) M. HEIDEGGER, Phänomenologische Interpretationen zu Aristoteles: Ausarbeitung für die Marburger
und die Göttinger Philosophische Fakultät (1922), in Gesamtausgabe, vol. 62, a cura di G. Neumann,
Frankfurt a.M., Klostermann, 2004, p. 368; trad. it., a cura di A.P. Ruoppo, Interpretazioni
fenomenologiche di Aristotele: elaborazione per la facoltà filosofiche di Marburgo e di Gottinga (1922),
con un saggio di G. Figal, Napoli, Guida Ed., 2005, p. 36; d’ora in poi: NB.
(20) Id., Phänomenologie der Anschauung und des Ausdrucks: Theorie der philosophischen
Begriffsbildung, Frankfurt a. M., Klostermann, 1993, Gesamtausgabe, vol. 59, p. 91; d’ora in poi: HGA
59.
(21) Ibidem.
(22) Sul rapporto di Heidegger alla teologia e al cristianesimo si veda: A. A RDOVINO, " Quomodo ergo
iustus dirigi potest, nisi in occulto?": Considerazioni di struttura sul rapporto tra fenomenologia e
teologia in Heidegger (1919-1927), in „Rassegna di teologia“, 41 (2000), pp. 367-394; E. BRITO, Les
théologies de Heidegger, in „Revue théologique de Louvain“, 27 (1996), pp. 432-461; Id., Heidegger et
le christianisme, in „Revue de sciences philosophiques et théologiques“, 1999, (83), pp. 241-272;
P.BRKIC, Martin Heidegger und die Theologie. Ein Thema in dreifacher Fragestellung, Mainz, Matthias-
Grünewald-Verl., 1994 (con una ricostruzione delle diverse linee interpretative e un’ampia bibliografia);
E. CERASI, Heidegger e la teologia, in „Protestantesimo“, 60 (2005), Nr. 2, pp. 133-138; F. DASTUR,
Heidegger et la théologie, in „Revue philosophique de Louvain“, 92 (1994), pp. 226-245; E. CORETH,
Filosofia e teologia in Heidegger, in „Rassegna di teologia“, 42 (2001), pp. 283-289; P. DE VITIIS,
Heidegger e la filosofia della religione, in M. Olivetti, (a cura di), La recezione italiana di Heidegger,
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„Teologia“, 28 (2003), pp. 215-219.
(23) Nella sua dissertazione J. Brejdak ha inteso dimostrare come „l’interpretazione dell’Apostolo Paolo
rappresenti un pilastro dell’analitica esistenziale“ (cfr. J. BREJDAK, Philosophia crucis. Heideggers
Beschäftigung mit dem Apostel Paulus, Frankfurt a. M., Lang, 1996, p. 4. Il rapporto di Heidegger e
Paolo é oggetto anhe di F.W. VON HERRMANN, Faktische Lebenserfahrung und urchristliche
Religiösität. Heidegggers phänomenologische Auslegung Paulinischer Briefe, in N. Fischer (a cura di),
Heidegger und die christliche Tradition. cit, pp. 21-30; A. MOLINARO (a cura di), Heidegger e San
Paolo: interpretazione fenomenologica dell'Epistolario paolino, Città del Vaticano, Urbaniana
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(24) Sul rapporto di Heidegger con Agostino si veda: M. B RITO MARTINS, L'herméneutique originaire
d'Augustin en relation avec une ré-appropriation Heideggerienne, Porto, Fundação Eng. António de
Almeida, 1998; C. DE PAULO (a cura di), The influence of Augustine on Heidegger: the emergence of an
Augustinian phenomenology, Lewiston, Mellen, 2006; ID., La relación filósofica entre Agustín y
Heidegger según la investigación contemporánea, in „Augustinus“, 53 (2008), pp. 329-337. C.
ESPOSITO, Heidegger und Agustinus, in Schafer H. (a cura di), Annäherungen zu Martin Heidegger,
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HERRMANN, Die "Confessiones" des Heiligen Augustinus im Denken Heideggers, in C. Esposito (a cura
di), Heidegger e i medievali. Atti del Colloquio internazionale Cassino, 10/13 maggio, Turnhout-
Brepols, Quaestio, 1/2001, pp. 113-146; ID., Gottsuche und Selbstauslegung: Das 10. Buch der
Confessiones des heiligen Augustinus im Horizont von Heideggershermeneutischer Phänomenologie des
faktischen Lebens, in „StudiaPhaenomenologica: Romanian journal for phenomenology“, 1 (2001), pp.
201-219; ID., Augustinus im Denken Heideggers, in, G. Pöltner-M.Flatscher (a cura di), Heidegger und
die Antike, Frankfurt, Lang, 2005, pp. 149-160; F.VAN FLETEREN, (a cura di), Martin Heidegger's
interpretations of Saint Augustine, Collectanea Augustiniana, Lewiston, NY, Mellen, 2005.
(25) M. BOWLER, Heidegger and Aristotle: philosophy as praxis , London, Continuum, 2008. B. ELLIOTT,
Anfang und Ende in der Philosophie: eine Untersuchung zu Heideggers Aneignung der aristotelischen
Philosophie und der Dynamik des hermeneutischen Denkens, Berlin, Duncker und Humblot, 2002; D.
YFANTIS, Die Auseinandersetzung des frühen Heidegger mit Aristoteles: ihre Entstehung und Entfaltung
sowie ihre Bedeutung für die Entwicklung der frühen Philosophie Martin Heideggers (1919 - 1927),
Berlin, Duncker & Humblot, 2009; W. J. RICHARDSON, Heidegger and Aristotle, in „The Heytrop
Journal“, 5 1964, pp. 58-64; F.VOLPI, ”Sein und Zeit”: Homologien zur ”Nikomachischen Ethik”, in
„Philosophisches Jahrbuch“, 41 (1989), pp. 225-40; ID., L’esistenza come ”Praxis”: le radici
aristoteliche della terminologia di ”Essere e Tempo”, in „Filosofia ‘91“, Bari, Leterza, 1991, pp. 215-
253.
(26) Sin dalle sue origini il pensiero di Heidegger è stato messo in relazione alla teologia. P. B RKIC
ricostruisce le diverse linee interpretative, fornendo un’ampia bibliografia in Martin Hedegger und die
Theologie. Ein Thema in freifacher Fragestellung, Mains, Matthias-Grünewald-Verlag, 1994.
(27) Si veda a tale proposito il libro di CH. S OMMER, Heidegger, Aristote, Luther. Les sources
aristotéliciennes et néotestamentaires d´Être et Temps, Paris, Presses Universitaires de France, 2005.
(Cfr. anche la recensione apparsa su „Filosofia e Teologia“, quaderno I, 2007, pp. 208-212).
(28 ) NB, p. 368; trad. it., p. 36. J. Brejdak si chiede a tale proposito: „la formulazione dell’ermeneutica
indicativo formale come ‘schematizzazione’ in Essere e Tempo non rappresenta – relativamente alle
prime lezioni friburghesi – un passo indietro verso l’impulso proto-cristiano, come é stato sottolineato da
molti allievi di Heidegger?“ (Cfr. Brejdak, cit., p. 4).
(29) EeT, p. 43; trad. it., p. 66.
(30) Ivi, p. 313; trad. it., p. 378.
(31) Ivi, p. 310; trad. it., p. 375.
(32) Ivi, p. 313; trad. it., p. 378.
(33) Ivi, p. 314; trad. it., p. 379.
(34) Ivi, p. 310; trad. it., p. 375.
(35 ) Ivi, p. 315; trad. it., p. 381.
(36) Ibidem.
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