L’inganno utilitaristico delle “ragioni” del tormento: reificazione dell’umano e deriva nichilistica del potere
Abstract
The global emergence of the fight against terrorism, the crises of law and of democracy as a form of government the emergence of hard powers confer legitimacy on an increasing number of suspensions of rights and freedoms. The controversy on the return of torture, in this context, entails the possibility of "exceptional" situations that lead us to consider this practice no longer a crime to be unconditionally avoided, but a legally regulated and therefore legitimate conduct. It is not right to disagree with the "tabù" of torture. The abolition of the practice of torment, progressively decreed by the various countries only after 1750, did not prevent the continued use of "private" spaces, such as police offices and prisons. The notorious facts in the Bolzaneto, in the Guantanamo prison camp or in the case of Stefano Cucchi, Federico Androvaldi, Giuseppe Uva, Giulio Regeni and many others, are notable. And indeed, the upward movement of the major decision-making centers has led to the establishment of a supranational police state, where intelligence agencies represent the model of organization and political action. Torture is a public law instrument, since the only result that its use may entail is the tendency to totalitarian arrangement of the order on which the practice is authorized, since it is by ontological characterization. A crowd of carnivorous zealots flock to the human's objectification and reification. And madness does not seem accidental, having to reconnect to those paranoid components that are presently incisive in twentieth-century politics, a deranged rationality, to an impressive confusion of "endless means", according to the icastic summary of Agamben . The triumph of torment seems to coincide with power nihilism, which could be remedied by the setting of a renewed policy, the constant pursuit of a non-rhetorical deepening of human rights.
Phd. Lucia Iapichino She graduated in Law at the University of Calabria. The thesis in Philosophy of Law concerns the relationship between the legal order and the economic order. A research fellow at the University of Salerno, deals with the use of torture in the international area. [edited by author] L’emergenza globale della lotta al terrorismo da un lato e la comprovata crisi dello Stato di diritto e della democrazia come forma di governo dall’altro nonché l’emersione dei c.c.d.d. poteri forti conferiscono legittimità ad un numero sempre maggiore di sospensioni del diritto e delle libertà. La polemica sul ritorno della tortura, in tale contesto, inerisce alla possibilità che si diano situazioni “eccezionali” che inducano a considerare tale prassi non più un crimine da rifuggire incondizionatamente, bensì una condotta giuridicamente regolamentata e, dunque, lecita. Non è corretto disquisire di “tabù” ovvero di un “ritorno” della tortura. L’abolizione della pratica del tormento, decretata progressivamente dai vari Paesi solo dopo il 1750, non ha affatto impedito la prosecuzione del suo utilizzo in “spazi privati”, quali gli uffici di polizia e le carceri. Eloquenti sono i fatti notori accaduti nella caserma di Bolzaneto, nel campo di prigionia di Guantanamo ovvero i casi riguardanti Stefano Cucchi, Federico Androvaldi, Giuseppe Uva, Giulio Regeni e molti altri. Ed invero, lo spostamento verso l'alto dei rilevanti centri decisionali ha portato verso la costituzione di uno Stato sovranazionale di polizia, in cui le agenzie di intelligence rappresentano il modello dell’organizzazione e dell’azione politica. Si assiste alla trasformazione delle moderne democrazie in sistemi di violenza organizzata, con squadre di assassini sotto copertura fuori controllo, in cui si pratica la politique du pire. La tortura si configura come dispositivo di diritto pubblico, in quanto l’unico risultato che il suo utilizzo può comportare è la configurazione in senso tendenzialmente totalitario dell’ordinamento all’interno del quale ne viene autorizzata la pratica, poiché essa è per caratterizzazione ontologica un mezzo con il quale si persegue la conservazione di un potere autoritario. Una folla di zelanti carnefici si affaccendano intorno all’oggettivizzazione dell’umano, alla sua reificazione. E la follia non pare accidentale, dovendosi ricollegare a quelle componenti di paranoia che sono presenti con incisività nella politica novecentesca, ad una razionalità in via di deragliamento, ad un’imponente congerie di “mezzi senza fine”, secondo l’icastica sintesi di Agamben. Il trionfo dei tormenti sembra coincidere, in definitiva, con il nichilismo del potere, cui potrebbe porsi rimedio mediante l’impostazione di una politica rinnovata, alla costante ricerca di un approfondimento non retorico dei diritti umani. Dott.ssa Lucia Iapichino Ha conseguito la laurea magistrale in Giurisprudenza presso l’Università della Calabria. L’elaborato di tesi nell’ambito della Filosofia del diritto verte sul rapporto tra l’ordine giuridico e l’ordine economico. Dottoressa di ricerca presso l’Università degli studi di Salerno, si occupa dell’utilizzo della tortura in ambito internazionale. [a cura dell'autore]