Il De Topicis differentiis di Severino Boezio
Abstract
A distanza di pochi anni dalla stesura del commento ai Topica di Cicerone
(terminato prima del 522 d. C.), Severino Boezio redige la sua ultima monografia
logica, che ha lo scopo di presentarsi come un lavoro definitivo sulla disciplina
topica: il De topicis differentiis (terminato prima del 523 d. C.). Diviso in quattro
libri, il De topicis differentiis è un testo che spicca per la sistematicità con cui la
materia è proposta - segno questo della volontà di completezza e della finalità
didattica che stanno alla base dello scritto. Lo scopo del trattato è fornire un metodo
per il reperimento degli argomenti, ossia un'arte che insegni a risolvere ogni genere
di quaestio mediante il ricorso ai loci, sedi operative della mente in grado di produrre
argumenta svolti successivamente in argumentationes: «topicorum vero intentio est
verisimilium argumentorum copiam demonstrare».
Tale disciplina è stata per la prima volta sistematizzata da Aristotele nei
Topici, come arte dell'argomentazione a servizio della disputa dialettica socratica.
Sfortunatamente, le fonti a disposizione degli studiosi sono oggi ancora insufficienti
per consentire una chiara ricostruzione della storia di questa disciplina, cosi come è
stata trasmessa da Aristotele a Boezio. Di sicuro essa è presente in ambito latino per
il tramite di Cicerone, con il nome di ars inveniendi, o topica, sebbene
profondamente mutata rispetto al suo assetto originario, e utilizzata in ambito quasi
esclusivamente retorico. Dal canto suo, Boezio conosce la parafrasi di Temistio ai
Topici di Aristotele, traduce i Topici di Aristotele (non prima del 520 d. C.) e li
commenta (prima del 523 d. C.), e in quanto romano di cultura latina, conosce a
fondo anche i Topica di Cicerone. Essendosi dunque reso conto della notevole
differenza tra i due insegnamenti, l'uno di natura eminentemente dialettica, l'altro di
natura prevalentemente retorica, egli si assume un compito di grande respiro:
compiere un'operazione di raccordo tra l'insegnamento greco e latino di questa
disciplina. A questo scopo egli commenta anche i Topica di Cicerone, per far
emergere l'originaria valenza dialettica dei loci ciceroniani, e infine compone il De
topicis differentiis, in cui trasmette la divisione dei loci di Temistio e di Cicerone, al
fine di mostrare la concordanza di fondo dei loro insegnamenti nonostante la
differente divisione della materia operata dai due autori.
Lungo il corso dell'intera trattazione del De topicis differentiis, Boezio non si
è mai curato di dare una precisa spiegazione del titolo. La traduzione letterale, Sulle
differenze topiche o Sulle differenze dei luoghi, spingerebbe a ritenere che esso possa
riferirsi indistintamente nel primo caso alle differenze dei loci, intesi questi ultimi
come maximae propositiones (le cui differenze costitutive sono nondimeno loci), nel
secondo caso invece alle differenze tra i loci dialectici e i loci rhetorici. Non è da
escludersi che, scegliendo questo titolo, Boezio abbia mirato a tale duplice possibilità
interpretativa, in considerazione soprattutto del fatto che l'intentio operis è
indirizzata a chiarire proprio questi due aspetti. In ogni caso il termine topica, come
sostantivo neutro plurale, è utilizzato dal filosofo romano esclusivamente per
indicare il titolo dell’opuscolo ciceroniano e il testo aristotelico. Il titolo della
monografia boeziana non si riferisce perciò né alla disciplina topica né ai Topica - segno
evidente, questo, dello spostamento della tematica, adesso centrata sulle
'differenze topiche' (anch'esse loci), e sulle differenze tra i luoghi dialettici e i
luoghi retorici.
Il primo libro presenta un compendio delle conoscenze logiche di base che
uno studente deve possedere per accostarsi allo studio di questa disciplina: Boezio
spiega infatti il significato di propositio, quaestio, conclusio, maxima propositio e
argumentum - nozioni, queste ultime, che richiamano gli elementi di cui un
sillogismo è composto. Nel secondo libro viene introdotta la nozione di
argumentatio, insieme alle due specie di loci: la maxima propositio e le maximarum
propositionum differentiae; il seguito del libro è invece dedicato all'esposizione della
lista delle maximae propositiones di Temistio e delle loro differentiae. Nel terzo libro
viene introdotta la divisione ciceroniana dei loci, ed è svolto il primo obiettivo del
trattato annunciato nell'intentio operis: mostrare come la divisione dei loci
temistiana e quella ciceroniana siano contenute l'una nell'altra. Infine, il quarto libro
è interamente dedicato alla retorica e all’esposizione dei loci rhetorici, e anche il
secondo obiettivo annunciato nell'intentio operis è portato a termine: mostrare in che
modo i loci rhetorici si distinguano tra di loro, e in che cosa differiscano dai loci
dialectici.
La difficoltà maggiore nella trasmissione di questa disciplina è dovuta alla
differente concezione che Temistio e Cicerone sembrano apparentemente avere del
concetto di locus. Per Temisito un locus è sia una maxima propositio sia la differenza
della maxima propositio. Cicerone definisce invece il locus: un'argumenti sedes ed è
dunque necessario spiegare queste due nozioni per comprendere a fondo la topica
boeziana. La qualità specifica della maxima propositio è quella di essere per se nota:
essa è essenzialmente a servizio della costruzione di un sillogismo o di un entimema
perché contiene tutte le altre proposizioni da provare così come un luogo può
contenere dei corpi. Essa può essere posta sia internamente, sia esternamente al
sillogismo, cionondimeno essa rimane sempre il principio da cui dipende la forza
dimostrativa dell'intera argomentazione…
[a cura dell’autore]