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dc.contributor.authorDe Cristofaro, Carlo
dc.date.accessioned2018-12-14T12:40:55Z
dc.date.available2018-12-14T12:40:55Z
dc.date.issued2018-06-01
dc.identifier.urihttp://hdl.handle.net/10556/3058
dc.identifier.urihttp://dx.doi.org/10.14273/unisa-1344
dc.description2016 - 2017it_IT
dc.description.abstractOggetto del presente lavoro di ricerca è lo studio circa l’eventuale rilevanza giuridica delle unioni omosessuali nell’antica Roma. Dedicarsi al delicato tema dell’omosessualità dalla prospettiva giuridica costituisce di per sé un’esperienza di studio complessa, la quale – nelle sue innumerevoli articolazioni ed implicazioni – valica i limiti spazio-temporali tipici del perimetro di ricerca degli storici del diritto, tanto da sollecitare anche l’attenzione dei vigentisti i quali tutt’oggi, a cavallo fra diritto, morale e politica, copiosamente ne dibattono. Pensare all’omosessualità come una variante naturale del comportamento umano, piuttosto che una sua aberrazione o una trasgressione, costituisce un imprescindibile punto di partenza che (senza violare la pur sempre legittima opinione personale sul punto) consente allo storico del diritto di avvicinarsi alla questione con un atteggiamento più ricettivo ai segnali – non numerosi e non sempre facilmente decodificabili – presenti nelle fonti oggi disponibili al suo vaglio, la maggior parte delle quali posteriori al I sec. a.C.. Come si osserva nel lavoro, la posizione – in linea di massima – degli antichi Romani rispetto all’omosessualità era di parziale ‘indifferenza morale’, almeno fintantoché alcuni suoi palesamenti non confliggessero con altri valori sociali di primario rilievo: i Romani, insomma, non erano abituati a classificare l’orientamento sessuale di un civis in maniera granitica (adoperando, dunque, termini assimilabili agli odierni ‘omosessuale’, ‘bisessuale’, ‘eterosessuale’, ‘pansessuale’, etc.), quanto piuttosto ad osservarne la condotta complessiva al fine di considerarlo pudicus o inpudicus. La premessa testé segnata, tuttavia, merita di essere ulteriormente approfondita: è necessario chiarire quali fossero le logiche (anche etiche e sociali) sottese a siffatto atteggiamento e quali ne fossero le conseguenze sul piano giuridico. Pertanto, premessi doverosi cenni al valore della pudicitia ed al rapporto intercorrente fra essa e gli atteggiamenti omosessuali, si procederà a verificare se, nelle varie epoche della storia di Roma, esistessero configurazioni del rapporto fra persone dello stesso sesso assimilabili alle odierne unioni civili o matrimoni. La parte conclusiva dello studio, invece, è orientata ad esaminare l’approccio del Cristianesimo alle relazioni omosessuali, quali furono i principali provvedimenti assunti per contrastarle, nonché, infine, si passerà allo studio circa l’effettiva portata del loro contenuto, convenzionalmente ritenuto come ineluttabilmente proibitivo e repressivo. [a cura dell'autore]it_IT
dc.language.isoitit_IT
dc.publisherUniversita degli studi di Salernoit_IT
dc.subjectOmosessualitàit_IT
dc.subjectDiritto romanoit_IT
dc.subjectunioni omosessualiit_IT
dc.titleLa rilevanza giuridica delle unioni omosessuali nell’antica Romait_IT
dc.typeDoctoral Thesisit_IT
dc.subject.miurIUS/18 DIRITTO ROMANO E DIRITTI DELL'ANTICHITÀit_IT
dc.contributor.coordinatorePreterossi, Geminelloit_IT
dc.description.cicloXVI n.s.it_IT
dc.contributor.tutorSolidoro, Laurait_IT
dc.identifier.DipartimentoScienze Giuridicheit_IT
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