Un proletario che si chiama artista: Moravia e il ’68, a mente fredda
Abstract
Il saggio indaga la posizione assunta da Alberto Moravia rispetto alla contestazione giovanile del ’68, e la sua difesa dell’intellettuale, dell’artista dalle accuse degli studenti universitari. Il romanziere intervenne a più riprese sul movimento sia nelle pagine di «Nuovi Argomenti» sia su «L’Espresso», ma anche a posteriori dialogando con Alain Elkann e con Enzo Siciliano, ribadendo un concetto cardine: il ’68 aveva il merito di aver mutato i rapporti fra genitori e figli, insegnanti e allievi, ma rimaneva un movimento velleitario, confuso, senza precisi obiettivi. Ambivalente, dunque, l’atteggiamento del romanziere: affascinato dal movimento, ma al contempo, a mente fredda, ne riconosce l’insufficienza, la disorganicità, il velleitarismo. The present study musess on Alberto Moravia’s attitude towards the youth protest in 1968 and his defence of the intellectual and artist from the charges of university students. The writer commented on the movement many times from the pages of “Nuovi argomenti”, and “L’Espresso”, but also afterwards, in dialugue with Alain Elkan and Enzo Siciliano, by stressing a pivotal idea: the 1968 youth protests had changed the relationships between parents and children, teachers and students; however, it remained an over-ambitious and confused movement, with no percise objective. Thus, he kept a double perspective: on the one hand, he was intrigued by the protest; on the other hand, and unemotionally, he recognized the inadequate, patchy and unrealistic nature of themovement.