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dc.contributor.authorLambiase, Elisabetta
dc.date.accessioned2024-06-18T09:09:43Z
dc.date.available2024-06-18T09:09:43Z
dc.date.issued2023
dc.identifier.citationLambiase, E. "Controlli e rimpatri alle frontiere interne: il caso Ventimiglia " Iura & Legal Systems, X.2023/2, H (1): 1-30it_IT
dc.identifier.issn2385-2445it_IT
dc.identifier.urihttps://www.rivistagiuridica.unisa.it/indexit_IT
dc.identifier.urihttp://elea.unisa.it/xmlui/handle/10556/7041
dc.description.abstractLa libertà di movimento delle persone è una libertà fondamentale, perseguito nell’area Schengen fin dalle prime scaturigini. Il trasferimento dell’acquis di Schengen nell’ordinamento giuridico europeo ha, conseguentemente, trasportato simile principio nell’Unione europea. Tuttavia, lo spazio senza controlli alle frontiere interne è stato vittima di due eventi che hanno notevolmente compromesso il godimento del diritto alla libertà di circolazione delle persone: la crisi dei migranti del 2015 e la più recente pandemia da Covid-19. Siffatti episodi hanno dissotterrato alcune lacune e disfunzionalità dello spazio Schengen, provocando la medesima reazione tra gli Stati membri, i quali hanno sistematicamente fatto ricorso alle disposizioni presenti nel Capo II del Titolo III del codice frontiere Schengen, concernente le procedure di ripristino dei controlli alle frontiere interne. In questo scenario, dunque, la libertà di circolazione appare preordinata alle volontà nazionali circa la fruizione da parte delle persone di siffatto principio, limitandola gravemente specialmente per i cittadini dei Paesi terzi che richiedono asilo nel territorio europeo. Ne è esempio lampante la Francia, la quale dal 2011 sistematicamente ha ripristinato i controlli al confine con l’Italia, allo scopo di contenere i movimenti irregolari dei migranti (c.d. movimenti secondari). Siffatta pratica, tuttavia, risulta idonea a fornire un quadro dettagliato delle modalità di gestione del fenomeno migratorio, gli Stati membri non sarebbero dare effettività a quanto disposto dall’articolo 80 TFUE, che stabilisce l’obbligatorietà di un approccio solidare delle migrazioni, ripartendo le responsabilità equamente tra gli attori europei. Simile approccio individualista, invero, sarebbe il risultato di una politica europea in materia di asilo timida, idonea ad acuire siffatti nazionalismi, basti pensare sia alle disposizioni in materia di controllo alle frontiere esterne sia a quelle stabilite dal Regolamento Dublino III, entrambe origine delle pressioni fortemente sofferte dagli Stati di frontiera. Questi, infatti, risultano fortemente sobbarcati delle incombenze della gestione delle migrazioni, occupandosi sia del governo delle frontiere esterne, essenziale per la sicurezza europea e sia dell’esame delle richieste di protezione internazionali avanzate. Tale condizione è madre del malfunzionamento del sistema europeo comune d’asilo, che ha determinato l’innalzamento di muri nel territorio europeo come quello a Ventimiglia. Tuttavia, il recente pacchetto di proposte avanzato dalla Commissione europea, confluito nel Patto sulla migrazione e l’asilo, nonostante muova dalla consapevolezza di un cambiamento di rotta, non sembrerebbe risolvere le asimmetrie che determinano il malfunzionamento del sistema d’asilo e la compromissione della libertà di movimento. Il presente elaborato assume l’obiettivo di analizzare simile scenario allo scopo di comprendere le ragioni soggiacenti alla sofferenza dell’area Schengen, concludendo con il tentativo di individuare alcune soluzioni. Si procederà con la disamina dell’evoluzione normativa dal primo accordo Schengen del 1985 fino ad oggi, verrà analizzato il codice frontiere Schengen, atto regolatore dell’area senza controlli alle frontiere interne, focalizzandosi principalmente sulle disposizioni stabilite dal Capo II del Titolo III, evidenziandone le criticità. Successivamente verrà affrontato ciò che accade effettivamente alla frontiera italo-francese, con particolare attenzione alla città di Ventimiglia, nel tentativo di individuare la conformità di ciò che si verifica con il diritto europeo, analizzando, altresì, gli istituti del diritto interno francese, atti al controllo sulle persone, rapportandolo con l’Accordo bilaterale, stipulato tra Francia e Italia, c.d. Accordo di Chambéry.it_IT
dc.description.abstractFreedom of movement of persons is a fundamental right, pursued in the Schengen area since its inception. The transfer of the Schengen acquis into the European legal order has consequently brought this principle into the European Union. However, the area without internal border controls has been victim of two events that have compromised the enjoyment of the right to free movement of people: the crisis of migrants in 2015 and the most recent Covid- 19 pandemic. These events have uncovered some shortcomings and dysfunctional aspects of the Schengen area, causing the same reaction among Member States, which have systematically used the provisions of Chapter II of Title III of the Schengen Borders Code, on the procedures for the reintroduction of controls at internal borders. Therefore, in this scenario, national will appears to be able to decide whether guarantee freedom of movement of persons, severely limiting it, especially for third-country nationals seeking asylum on European territory. France has systematically restored controls at the border with Italy since 2011, to contain irregular movements of migrants (c.d. secondary movements), becoming an example of this tendency. Such practice, however, is appropriate to provide a detailed picture of the management of the migration phenom, Member States would not give effect to the provisions of Article 80 TFEU, which establishes the obligation of a solid approach to migration, sharing responsibilities equally among European actors. Such an individualistic approach would, in fact, be the result of a timid European asylum policy, capable of exacerbating such nationalisms. It is enough to consider both the provisions on control at the external borders and those laid down by the Dublin III Regulation, which are the source of the pressure that the border States have to endure. They are in fact heavily burdened with the tasks of managing migration, dealing with both the government of the external borders, which is essential for European security, and the examination of the requests for international protection. This condition is at the root of the malfunctioning of the common European asylum system, which has led to the building of walls in European territory such as that at Ventimiglia. Whilst the recent package of proposals put forward by the European Commission, which has been incorporated into the Pact on Migration and Asylum, was driven by an awareness of a change of course, it would not seem to solve the asymmetries that determine the malfunction of the asylum system and the impairment of freedom of movement. The purpose of this paper is to analyse this scenario in order to understand the underlying reasons for the suffering of the Schengen area, and to conclude with an attempt to find solutions. The examination of the evolution of legislation from the first Schengen Agreement of 1985 until today will be drawn and the Schengen Borders Code, the regulatory act of the area without internal border controls, will be analysed, focusing mainly on the provisions laid down in Chapter II of Title III, highlighting the critical points. Subsequently, what is actually happening at the Italian French border will be addressed, with particular attention to the city of Ventimiglia, in an attempt to identify the conformity with European law, analysing, also, institutions of French domestic law, capable of controlling persons, in relation to the bilateral agreement between France and Italy, c.d. Chambéry Agreement.it_IT
dc.format.extentP. 1-30it_IT
dc.language.isoitit_IT
dc.sourceUniSa. Sistema Bibliotecario di Ateneoit_IT
dc.titleControlli e rimpatri alle frontiere interne: il caso Ventimigliait_IT
dc.typeJournal Articleit_IT
dc.relation.ispartofjournalIura & Legal Systemsit_IT
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