L’identità operaia nella poesia italiana dell’ultimo Novecento: Franzin, Di Ruscio, Riccardi
Abstract
A partire dagli anni ’80 e ’90 del ’900 gli assetti del
sistema industriale italiano entrano definitivamente in crisi: lo choc della chiusura delle fabbriche e la cassaintegrazione, solcano la scena del
presente e la delocalizzazione degli impianti pone
fine al sogno cementizio. La distruzione dell’identità operaia viene rivendicata attraverso forme
poetiche di testi franti, sincopati, desultori, che testimoniano il senso di inutilità di una classe nonché il vuoto che circonda i capannoni dismessi: è il
caso di autori quali Fabio Franzin, Luigi Di Ruscio
e Antonio Riccardi. Starting in the 1980s and 1990s, the assets of the
Italian industrial system entered a phase of permanent crisis: the shock of factory closures and
the humiliation of unemployment welfare, mark
the scene of the present, and the relocation of
plants put an end to the consumerist dream of
brick-and-mortar development. The greatest horror is the destruction of working-class identity,
which is claimed through the poetic forms of fragmented texts that bear witness to the sense of futility of a class as well as the emptiness that surrounds abandoned warehouses: this is the case of
authors such as Fabio Franzin, Luigi Di Ruscio and
Antonio Riccardi.