Victor Hugo, la langue à travers la psychanalyse
Abstract
In virtù del suo potenziale immaginifico, Victor Hugo è riuscito a plasmare
il linguaggio fino a rendere possibile l’indicibile, esprimendo stati
d’animo e sensazioni rimasti inespressi. Il nostro studio, partendo dalla
considerazione della riscoperta etimologica rivelatrice del senso originario
della parola, propone di analizzare alcune tra le espressioni più significative
dell’opera hugoliana per far luce su immagini e metafore che rivelano
la presenza della psicoanalisi nei suoi scritti. Sulla base degli studi condotti
da Baudouin, in particolare nella sua Psychanalyse de Victor Hugo,
cercheremo di dimostrare in che misura la psicoanalisi del testo riporti
costantemente a quella della vita, attraverso l’analisi del personaggio e le
libere associazioni care all’autore. La fonte dell’atto creativo hugoliano si
concentra sul duplice processo di mobilitazione e di concentrazione della libido o di quello che lo stesso Baudouin definisce il suo potentiel affectif.
Tratti caratteristici, quali l’antitesi, saranno presi in considerazione per evidenziare
comportamenti e patologie oggetto della psicoanalisi. Ci occuperemo
del noto personaggio di Jean Valjean; questi, ad esempio, nell’atto di
nascondersi in un convento, attua il mito del rifugio materno. Sua madre,
figura terribile e fatale, si era fissata in maniera traumatica nella sua mente
fino a raffigurarsi come un ragno. Si stabilisce tra la fatalità (anankè) e sua
madre (arachnè) un rapporto simbiotico tanto che, persino l’eroe-Valjean,
necessita di spazi-prigione per trovare la pace sperata. Attraverso la proposta
e l’analisi di descrizioni significative, il nostro studio focalizza sul
linguaggio supportato dall’esperienza psicanalitica per evidenziare conflitti
antichi l’attenzione innanzitutto quello dell’anankè, nella sua tensione
estrema tra l’eroe e l’altro.