AIPH 19 – La narrazione storica sportiva: un approccio multidisciplinare
Data
2019Autore
Elia, Domenico Francesco Antonio
Guazzoni, Deborah
Anastasi, Matteo
Carelli, Paolo
Battente, Saverio
Sbetti, Nicola
Metadata
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I temi presentati all’interno del seguente panel afferiscono a diversi ambiti di ricerca –
storia materiale e museale dello sport, storia della comunicazione sportiva nei mass-media
e storia del tifo organizzato – aventi come fattore unificante la necessità di procedere a
definire le forme euristiche di una narrazione storica continuamente “rimediata” mediante
il processo di ridefinizione di ruoli e linguaggi che i mezzi di comunicazione subiscono a
causa della continua influenza che gli uni esercitano sugli altri (Bolter, Grusin 2002).
La necessità di delimitare gli ambiti e gli spazi di pertinenza della narrazione storica
sportiva assume una notevole rilevanza nella società odierna, caratterizzata da “mediazione” dello sport: a partire dagli anni Sessanta del Novecento, infatti, l’evento sportivo è
stato trasmesso al pubblico «in modi che possono migliorarne la spettacolarità o, al
contrario, deprimerla» (Martelli, 2011), imponendosi all’opinione pubblica come «fatto
sociale totale» (Mauss, 1965), in grado di «generare e produrre simboli, linguaggi, che
penetrano in maniera trasversale in tutte le sfere della società» (Balducci, 2007),
investendo il tifoso di una realtà poliedrica costituita da elementi sociali, simbolici,
economici e ludici.
Gli eventi sportivi sono strettamente connessi al quotidiano di migliaia di persone e al
loro vissuto, da cui deriva un conseguente bisogno di cultura storico-sportiva (Dal Lago,
Moscati, 1992). Questa necessità è alla base di due conseguenze: da un lato una crescente
domanda di musei sportivi, che fungono da strumenti di conservazione della storia sportiva
e di confronto con il ricordo personale e collettivo degli appassionati, e dall’altro il
proliferare di intrattenimenti televisivi a carattere storico, che cercano di ricomporre e raccontare gli eventi sportivi come espressione di un momento storico più generale (De
Luca, Frisoli 2010).
Una terza conseguenza, quest’ultima negativa, origina, tuttavia, un fenomeno
collezionistico privato che spesso finisce col sottrarre alla ricerca documenti e oggetti di
indiscutibile interesse (De Lorenzi, 1999; Santarelli, Teja, 2010). Al fine di scongiurare
tale rischio, può essere utile avviare un dibattito inteso a garantire lo sviluppo e la tutela dei
cimeli sportivi, intesi come “prodotti materiali”, attraverso lo studio di fonti non-scritte,
secondo una metodologia euristica suggerita da Riello (2009), in merito alla necessità di
avviare un costruttivo dialogo fra artefatti umani e fonti scritte tradizionali, che non finisca
con lo schiacciare il primo alle caratteristiche delle seconde, ma che, al contrario, ponga
entrambi i soggetti sullo stesso piano di piena dignità di riconoscimento da parte del
ricercatore.
L’attenzione su due specifici casi di studio (Museo nazionale della pallacanestro a Siena
e il Museo nazionale della Ginnastica a Forlì) sarà funzionale soprattutto per discutere di
quale sia il ruolo della ricerca scientifica all’interno di uno spazio pensato soprattutto per la
divulgazione e della difficoltà nel trovare un equilibro fra l’esigenza auto-celebrativa dei
committenti e quella di mantenere un rigore storico.
La genesi dello “sport-spettacolo” nella seconda metà del Novecento ha contribuito a
rendere gli italiani più interessati alla «specializzazione, approfondimento, condivisione di
stili di vita, preparazione e coinvolgimento» (Balducci, 2007) e meno ai contenuti sportivi,
dei quali restavano privi. La produzione e il successo conseguito dal programma “Sfide”,
in onda dal 1998 sui canali RAI, ha tuttavia mostrato come il pubblico sia interessato alla
divulgazione della storia sportiva, resa possibile grazie al costante utilizzo delle fonti
storiche, da quelle archivistiche a quella stampa, alle fonti orali; gli speciali “Buffa
racconta”, condotti da Federico Buffa su Sky Sport dal 2014, al contrario, hanno
inaugurato una nuova era della narrazione sportiva, puntando sull’oralità e il pathos del
conduttore. La preservazione delle fonti tradizionali e materiali all’interno di archivi open-access
dello sport in Italia, coadiuvata e supportata da un efficace storytelling e dalla necessità di
venire incontro a una domanda sempre maggiore, da parte dei tifosi delle singole discipline
agonistiche, di osservare i cimeli dei propri campioni all’interno di musei che siano in
grado di valorizzare i propri contenuti attraverso un percorso espositivo che tenga conto di
differenti fruitori (dagli accademici ai giornalisti, ai tifosi), si inserisce quindi all’interno
della public history.