Libertà e povertà: una lettura dell'Apologia pauperum di Bonaventura da Bagnoregio
Abstract
La prima parte della tesi tratta del valore della dignità dell’uomo. Egli è immagine divina e deve cercare di recuperare lo status di similitudo divina, che ha perso con il peccato originale, riconducendo nello stesso tempo il creato a Dio. Ciò è possibile perché l’uomo esercita una funzione di mediazione tra il creato e Dio, grazie alla sua costituzione fatta di anima e corpo.
La seconda parte della tesi tratta del libero arbitrio, che è la dimensione fondamentale dell’anima. Essa è strutturata in anima vegetativa, sensitiva e intellettiva. La vita dell’anima si articola attraverso l’attività di due potenze: cognitiva e affectiva o motiva. La potentia affectiva si divide in voluntas naturalis e voluntas electiva o deliberativa, che è appetitus ratiocinativus, ovvero la volontà in senso proprio. La volontà naturale è chiamata sinderesi e per natura spinge verso il bene e recalcitra verso il male e tende verso la beatitudine. La volontà deliberativa opera dopo il giudizio della ragione e può dirigersi verso il bene o verso il male.
Libero arbitrio è dominium. È presente soltanto nelle sostanze razionali. Essere libero è il contrario della condizione servile (servitus) e la libertas è propria della voluntas, è dominium plenum tam respectu obiecti, quam respectu actus proprii, sia perché può dirigersi verso la totalità degli oggetti appetibili, cioè honestum, conferens e delectabile, mentre le creature prive di anima razionale possono ricercare solo utile e piacevole, sia perché può decidere da sé di iniziare o frenare un atto, mentre gli animali privi di ragione non possono dominare i propri atti interiori, cioè il proprio appetitus, essendo determinati e necessitati dalla loro natura. Arbitrium significa capacità di giudizio che sa distinguere tra giusto e ingiusto e tra proprio e altrui. Anche l’arbitrio è proprio solo degli esseri razionali, che sono gli unici capaci di riflettere su sé stessi, perché non vincolati in tutto alla materia, e possono così conoscere i propri atti.
La libertà dell’arbitrio comincia nella ragione, ma è la volontà che lo porta a compimento, quindi essa svolge il ruolo più importante e il libero arbitrio consiste soprattutto nella volontà.
Il libero arbitrio implica potere di conservare la rettitudine, assenza da costrizione e dignità dell’eccellenza. Esso esprime la similitudine con Dio che è collegata alla signoria e al dominio. Conseguentemente il rapporto dell’uomo con le cose deve essere un esercizio di libertà e dominio, che si realizza nella paupertas.
La terza parte della tesi presenta il quadro storico-culturale da cui nacque l’Apologia pauperum, mentre la quarta ed ultima parte analizza il tema della povertà. Bonaventura interpreta la povertà come assenza di diritti di proprietà e ritiene che essa sia strumento essenziale per la perfezione evangelica. In particolare il culmine della perfezione si può raggiungere con la povertà assoluta, rinunciando alla proprietà personale e comunitaria e conservando soltanto l’uso limitato, stretto e necessario delle cose.
La rinuncia alla proprietà è un atto della volontà, la quale è capace di istituire una relazione reale ed effettiva con i beni mondani, perché la volontà è la facoltà determinante dell’anima, dalla quale dipende l’esercizio della libertà e della signoria su di sé e sul creato, che si attua attraverso la paupertas. La povertà evangelica e la largitas politica sono virtù fondate sulla rettitudine solidale e consentono di valorizzare i rapporti umani nascosti nelle relazioni con i beni mondani e di dare ad esse il senso autentico che le subordina al valore della persona attraverso le dimensioni della gratuità e della reciprocità incondizionata, permettendo la piena realizzazione della libertà.
[a cura dell'autore]