Teoria delle Istituzioni nazionali e comunitarie tra federalismo e decentramentohttp://elea.unisa.it/xmlui/handle/10556/13612024-03-29T07:22:38Z2024-03-29T07:22:38ZDalla D.I.A. alla S.C.I.A.: nuovi percorsi dei rapporti tra pubblica amministrazione e cittadinoSaltelli, Serenahttp://elea.unisa.it/xmlui/handle/10556/18602019-05-30T10:34:41Z2013-07-24T00:00:00ZDalla D.I.A. alla S.C.I.A.: nuovi percorsi dei rapporti tra pubblica amministrazione e cittadino
Saltelli, Serena
The troubled history of article 19 of Law 7th August 1990, n. 241 provides the
undisputable proof of how impossible is to shape the relationship between Public Administration and Private Sector merely relying on the opposition between authority and freedom and on the required and fundamental supremacy of the former over the latter due to the sacrifice of the private interests over the common and general interest.
The transformation of the relationship between public administration and Private Sector has involved the meaningful shift of the administrative function from an "active" power (commanding) to a power of control (ruling first and monitoring after) of the citizen's actions, whose statements are directly linked with administrative effects without the strict need for an official formal act from the Public. [edited by Author]
2011 - 2012
2013-07-24T00:00:00ZPrincipio di adeguatezza e forme associativeSalzano, Mariellahttp://elea.unisa.it/xmlui/handle/10556/12582019-05-30T10:15:45Z2013-05-13T00:00:00ZPrincipio di adeguatezza e forme associative
Salzano, Mariella
Il principio di adeguatezza e un principio giovane del quale si
trova traccia per la prima volta nell’a Legge. n. 59 del 1997.
Nel campo del diritto amministrativo esso stabilisce che
l’entità organizzativa, che e potenzialmente titolare di una potestà
amministrativa, deve avere un’organizzazione adatta a garantire
l’effettivo esercizio di tali potestà; l’adeguatezza va considerata sia
rispetto al singolo ente, sia rispetto all’ente associato con altri end per
l’esercizio delle funzioni amministrative. Dal combinato di questo
principio con il principio di sussidiarietà si ricava che se l’ente
territoriale a cui e affidata una funzione amministrativa che per il
principio della sussidarietà dovrebbe essere quello più vicino al
cittadino amministrato, non ha la struttura organizzativa per rendere il
servizio, questa funzione deve essere attribuita all’entita
amministrativa territoriale superiore. Mentre il principio di
sussidarietà e il principio del possibile sul piano "ordinamentale", il
principio di adeguatezza e quello del possibile sul piano della
l’idoneita organizzativa". II primo capitolo prende in rassegna la
natura, le funzioni e le fonti normative di tale principio. Circa il primo
aspetto, gia dalla definizione fornita,desumiamo un forte legame con
la sussidarietà: il subsidium, infatti, sta nell’a seconda linea di riserva,
qualora la prima non sia idonea a garantire l’esercizio delle funzioni
amministrative. Infatti secondo parte della dottrina, l’adeguatezza
dovrebbe essere assorbita dalla sussidarietà, di cui e una mera
espressione, per cui stupisce che il legislatore abbia voluto
costituzionalizzare espressamente un principio che non ha una
esistenza autonoma, ma solamente implicita.
Altra parte dell’a dottrina supporta un profilo dimensionale
dell’adeguatezza, che a sua volta e fattore ascendente della
sussidarietà. L’inadeguatezza dell’’ente minore deve essere
dimensionale, nel senso che la funzione deve essere svolta ad un
livello più ampio: ciò si verifica non solo quando l’atto amministrativo
ha dimensione nazionale ma anche quando la sua adozione necessità
di una visione d’insieme. II principio di differenziazione, invece,
impone di considerare la realtà di fatto delle istituzioni territoriali nel
territorio nazionale e dunque di distinguere, nell’attribuzione delle
funzioni amministrative e nell’a disciplina dell’organizzazione, gli
enti in base alla propria capacita di governo, alle differenti situazioni
economiche e demografiche, alle articolate realtà territoriali. E’
possibile dunque che enti dell’o stesso livello, nell’’esercizio delle
funzioni amministrative, non solo possiedano competenze differenti,
ma possano esercitarle in base a regole differenti, senza che a ciò sia
d’ostacolo la astratta predeterminazione, da parte del legislatore, del
livello più adeguato allo svolgimento di una data attività
amministrativa: proprio l’adeguatezza per condurre alla
differenziazione tra enti dell’o stesso livello. L’affermazione del
principio di adeguatezza a livello comunitario si e avuta con il
Protocollo sull’applicazione dei principi di sussidarietà e
proporzionalità, adottato il 2 ottobre 1997 ed allegato al Trattato di
Amsterdam e sotto il nome di proporzionalità: l’Unione deve
intervenire solo se necessario e tendenzialmente optare per «mezzo
più leggero, purchè adeguato al raggiungimento dell’o scopo». In
definitiva per l’intervento dell’’istituzione superiore occorrono due
requisiti: necessarietà e proporzionalità. Nel nostro sistema tale
impostazione e del tutto assente, infatti il legislatore non ha inteso
utilizzarlo come elemento regolatore dell’’esercizio dell’a potestà
legislativa statale, quando concorre con quella regionale. Analizzando
tale principio, insieme all’a sussidarietà e alla differenzazione, come
metodo di allocazione dell’e funzioni, se si facesse riferimento solo
all’e funzioni fondamentali la differenza tra esse e le funzioni
conferite scemerebbe ed essendo abilitato a compiere quest1
operazione il legislatore statale, la competenza del legislatore
regionale prevista dall’’art. 118, comma 2, in tema di funzioni
«conferite» risulterebbe conseguentemente compromessa... [a cura dell'autore]
2010 - 2011
2013-05-13T00:00:00ZLa sottrazione dei minori tra normativa europea ed internazionaleMartone, Angelahttp://elea.unisa.it/xmlui/handle/10556/10132019-05-30T09:56:22Z2013-07-01T00:00:00ZLa sottrazione dei minori tra normativa europea ed internazionale
Martone, Angela
Il fenomeno della sottrazione internazionale dei minori consiste nell’illecito
allontanamento (o nel mancato rientro) del minore «in violazione dei diritti di
affidamento derivanti da una decisione, dalla legge o da un accordo vigente in base alla
legislazione dello Stato membro nel quale il minore aveva la sua residenza abituale» da
parte di un genitore. Ad esso sono dedicate alcune norme del Regolamento (CE) n.
2201/2003 relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni
in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale e le disposizioni della
Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione
internazionale di minori.
Tali atti prevedono, oltre ai criteri di definizione delle autorità competenti e alle norme
sul riconoscimento ed esecuzione delle decisioni, la creazione di una rete di
cooperazione fra gli Stati membri diretta alla risoluzione celere della questione e al
perseguimento degli interessi del minore coinvolto.
I casi di sottrazione dei minori coinvolgono, inoltre, ulteriori aspetti riguardanti la vita
familiare degli stessi, il diritto ad essere ascoltati, la valutazione della loro vulnerabilità,
il diritto di mantenere rapporti con entrambi i genitori e il diritto di visita. A ciò si
aggiunge l’affermazione dell’obbligo per gli Stati di rispettare il diritto alla vita
familiare (artt. 8 CEDU e 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea) e
le pronunce rese dalla Corte europea sulla compatibilità tra gli obblighi scaturenti dalla
Convenzione dell’Aja del 1980 e le norme CEDU. La sottrazione internazionale dei
minori è, dunque, un fenomeno in cui gli aspetti processuali del diritto internazionale
privato si fondono con i principi sottesi all’effettiva ed efficiente cooperazione tra Stati
e con la tutela dell’interesse superiore del minore (previsto su scala universale dall’art. 3
della Convenzione Onu sui diritti del fanciullo del 1989), nonché, con il diritto alla vita
familiare. Profili che investono il diritto internazionale, europeo e nazionale,
condizionando inevitabilmente quest’ultimo e la sfera di esclusiva competenza riservata
al legislatore statale.
La tutela del minore quale principio preminente rispetto ai diversi interessi coinvolti ha,
dunque, una valenza particolarmente incisiva tale da superare le stesse delimitazioni di
competenza tra Unione europea e Stati membri, nel senso che gli aspetti processuali atti
a garantire il rientro del minore nello Stato di residenza abituale possono condurre nelle
singole fattispecie concrete ad un superamento della disciplina nazionale in materia di
affidamento. [a cura dell'autore]
2011 - 2012
2013-07-01T00:00:00ZLa tutela della vittima nelle fonti europee e nel sistema processuale penale italianoLo Conte, Federicahttp://elea.unisa.it/xmlui/handle/10556/8922019-05-30T09:50:41Z2013-05-15T00:00:00ZLa tutela della vittima nelle fonti europee e nel sistema processuale penale italiano
Lo Conte, Federica
Il presente lavoro, prendendo le mosse dall’analisi delle fonti interne e
sovranazionali che contribuiscono alla tutela della vittima del reato, mira a
verificare in che misura l’ordinamento italiano abbia recepito le indicazioni
provenienti dai provvedimenti adottati sul tema, nel tentativo di delineare
quello che è stato definito lo “statuto” della vittima del reato.
Lo scenario sovranazionale che si presenta all’interprete racchiude una
pluralità di livelli: ONU, Unione europea e Consiglio d’Europa, Corte di
giustizia dell’Unione europea e Corte europea dei diritti dell’uomo.
Il tema è affrontato con riferimento a numerosi aspetti, che abbracciano
l’istituto del risarcimento del danno da parte dello Stato, la tutela delle vittime
della tratta di esseri umani e della criminalità organizzata, nonché i possibili
sviluppi del paradigma mediativo in ambito penale.
In una prospettiva diacronica, l’Unione europea ha intrapreso il cammino
verso il formale riconoscimento dei diritti della vittima del reato al fine di
realizzare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. In tale ottica, la protezione
delle vittime costituisce la “piattaforma comune” da cui devono trarre
fondamento ed ispirazione tutti gli altri strumenti funzionali al raggiungimento
dell’obiettivo.
La tutela delle vittime è stata a lungo messa in disparte dal legislatore italiano
che, concentrandosi sul momento repressivo, ne ha trascurato i problemi e le
reali istanze. Soltanto a partire dai primi anni ottanta si è fatta strada un’analisi
del crimine che, senza pregiudicare i diritti dell’imputato, ha posto l’accento su
un’ottica Opfer-orientiert (orientata alla vittima), traducendosi in scelte di
politica criminale più attente alla prospettiva vittimologica. Ciò nonostante, in molti punti la nostra legislazione appare non completamente rispettosa degli
obblighi imposti dall’ordinamento sovranazionale.
Nella prospettiva attuale si avverte l’esigenza di rafforzamento delle politiche
socio-assistenziali in favore delle vittime del reato, al fine di scongiurare i rischi
di vittimizzazione secondaria che sovente si palesano nella fase del post-crimen.
In futuro, il processo di ristrutturazione del sistema processuale penale dovrà
necessariamente passare attraverso il potenziamento dei poteri processuali
riconosciuti alla persona offesa e degli istituti ispirati ai temi della restorative
justice e della composizione del conflitto ingenerato dal reato. [a cura dell'autore]; This piece of work, starting from the analysis of the inner and supranational
sources which contribute to the tutelage of the victim of the offence, aims to
check how the Italian rules have caught the suggestions coming from the
measures which are adopted for this theme, with the attempt to delineate what
has been defined the “statute” of the victim of the offence.
The supranational scenery which is in front of the expert includes a plurality
of levels: ONU, European Union and European Council, Court of Justice of the
European Union and European Court of the rights of man.
The theme has been discussed referring to many aspects, including the
Institute of the Compensation by the State, the tutelage of the victims of the
human beings trade and the organized crime and also about the probable
developments of the meditative paradigm in the penal laws.
In a diachronic perspective, the course of the European Union towards the
formal recognition of the rights of the victim of the offence has been faced with
the aim to create a space of freedom, safety and justice. According to this point
of view, the safety of the victims characterizes the “common platform” from
which all the other functional instruments, to reach the goal, have to take
grounding and inspiration.
The tutelage of the victims has been put aside for many years by the Italian
legislator who, concentrated on the repressive moment, has neglected the
problems and the real petitions of the victims. Only since the early eighties an analysis of the crime has been taken into consideration which, without
compromising the rights of the defendant, has focused on a line Opfer-orientert
(victim oriented), revealing in choices of criminal policy more careful towards
the victim oriented perspective. In spite of this, in many points, our legislation
looks like not totally respectful of the duties imposed by the supranational
rules.
In the current perspective it’s possible to notice the need to strengthen the
social-charitable policies in favor of the victims of the offence, in order to avoid
the risks of the secondary victimization which, often, are revealed in the postcrime
phase. Furthermore, the reorganization phase of the procedural penal
system should, necessarily, go through the procedural laws strengthening
which are recognized for the offended person and of the Institutes inspired to
the restorative justice and of the composition of the conflict caused by the
offence. [edited by author]
2011 - 2012
2013-05-15T00:00:00Z