dc.description.abstract | L’obiettivo del presente lavoro è la ricostruzione della posizione della Santa Sede rispetto alla
questione palestinese, durante gli anni del mandato britannico. Il percorso argomentativo della
tematica analizzata si è strutturato sulla base delle seguenti domande: come si rapportò la Santa Sede
al progetto sionista e quale peso ebbe, nel determinarne l’atteggiamento, il fattore teologico? Come
reagì quando, nel corso della Conferenza di San Remo, fu affidato il mandato palestinese alla Gran
Bretagna, grande sostenitrice del sionismo, da un lato, e delle Chiese protestanti e scismatiche,
dall’altro? In che misura influì, sulla posizione vaticana, e sulle sue relazioni con il governo
britannico, il punto di vista delle comunità arabo-cattoliche di Terra Santa? Quali reazioni vi furono di
fronte all’ascesa del nazionalismo arabo in Palestina, da un lato, e dell’antisemitismo nel cuore
dell’Europa cristiana, dall’altro? Quale atteggiamento assunse il Vaticano di fronte al disimpegno
britannico, che riaprì il dibattito internazionale sul futuro assetto politico-territoriale della Terra Santa?
Il coinvolgimento della Sede Apostolica nelle vicende mediorientali, a causa della presenza, in
Terra Santa, di minoranze cristiane, discendenti dai primi gruppi di credenti e dell’interesse alla tutela
di Gerusalemme e dei Luoghi Santi è poco conosciuto e mancano finora studi organici sulla posizione
della Santa Sede rispetto alla questione palestinese per il periodo del mandato britannico, anche a
causa dell’inaccessibilità, fino al mese di settembre del 2006, delle fonti archivistiche vaticane
successive al 22 gennaio del 1922. Per ricostruire questo periodo storico sono stati analizzati diversi
fondi archivistici, ricchi di fonti in gran parte inedite o poco studiate.
Una delle questioni più dibattute e controverse fra gli studiosi è relativa all’incidenza del fattore
teologico nell’atteggiamento vaticano rispetto al sionismo. L’analisi delle fonti archivistiche ha
dimostrato che, per quanto riguarda gli anni del mandato britannico sulla Palestina, nelle
argomentazioni antisioniste vaticane, il fattore teologico, relativo alla tesi del «popolo deicida», era
praticamente assente e questo porta ad escludere la tesi di un legame diretto fra antisionismo ed
antisemitismo. La Santa Sede non avversava in modo assoluto l’ideale sionista, finalizzato alla
creazione di un «focolare» nazionale ebraico in Palestina, su un piano di parità con la popolazione
preesistente, ma il volto concreto che il sionismo assunse nel corso del mandato anche, e soprattutto, a
causa della politica britannica, che non esitava a sacrificare, sull’altare della «dichiarazione di
Balfour», i diritti dei palestinesi.
Per quanto riguarda l’assetto politico-territoriale della Terra Santa, l’atteggiamento vaticano fu
idealista e pragmatico al tempo stesso. Nonostante una netta preferenza per una soluzione unitaria, che
escludesse una sovranità totalmente araba o ebraica, la Sede Apostolica non si oppose ai progetti di
divisione della Palestina, purché fosse garantita la salvaguardia di Gerusalemme e dintorni, attraverso
un’internazionalizzazione territoriale e fosse previsto un adeguato sistema di garanzie per gli altri
Luoghi sacri della Cristianità, disseminati sull’intero territorio palestinese. [a cura dell'autore] | en_US |