La responsabilità civile della Pubblica Amministrazione
Abstract
La ricerca ha ad oggetto la ricostruzione del rapporto tra autorità e libertà in una prospettiva evolutiva, che tenga conto della complessità del fenomeno, ripudiando una concezione astorica e avalutativa.
L’entrata in vigore della Costituzione ha imposto il ripensamento del rapporto tra soggetto pubblico e soggetto privato nel rispetto del principio di legalità costituzionale che, nel rinnovato sistema delle fonti dell’ordinamento, non consente di rinvenire una dicotomia tra pubblico e privato o una supremazia del primo sul secondo.
Le conseguenze del rinnovato sistema di valori si sono avute, in modo tangibile, attraverso l’eliminazione di aree di franchigia dei pubblici poteri e, in primo luogo, con l’affermazione della responsabilità della pubblica amministrazione per i danni cagionati, con il suo comportamento, al soggetto privato.
Occorre, però, evidenziare che la mera affermazione di massima non implica l’effettiva realizzazione del programma costituzionale, volto alla realizzazione del valore della persona umana, nei suoi diritti fondamentali, ivi incluso il diritto ad una tutela piena ed effettiva, anche nei confronti dei poteri pubblici.
Nel presente lavoro, quindi, si evidenzia come, in concreto, taluni aspetti della disciplina sia sostanziale che processuale incidono sulla posizione giuridica soggettiva del privato, andando a limitarne la tutela.
La prova è data dal grande dibattito svoltosi con riguardo alla natura giuridica della responsabilità della pubblica amministrazione. Per quanto la giurisprudenza maggioritaria ne individui il paradigma nella responsabilità aquiliana, non mancano diverse opzioni ricostruttive nel senso della natura contrattuale, precontrattuale o speciale.
Si evidenzia la necessità di operare una valutazione in concreto della fattispecie, senza eliderne le peculiarità al solo fine di una sua inclusione nell’uno o nell’altro paradigma di responsabilità.
Occorre, comunque, rilevare che il dibattito circa talune conseguenze applicative - ritenute più o meno favorevoli all’amministrazione o al privato - la cui soluzione è tradizionalmente dipesa dalla soluzione offerta al quesito circa la natura giuridica della responsabilità della pubblica amministrazione, è stato sopito dall’intervento risolutivo del legislatore, oppure dall’opera ricostruttiva della giurisprudenza.
Infatti, con riferimento al problema della prescrizione, occorre rilevare che il legislatore ha previsto, all’art. 30 c.p.a., un termine decadenziale di 120 giorni per esperire l’azione; mentre, in riferimento all’elemento soggettivo, la giurisprudenza amministrativa fa applicazione del meccanismo presuntivo, sì che è onere della pubblica amministrazione dimostrare la scusabilità
dell’errore.
Al riguardo, poi, è necessario fare i conti con la recente giurisprudenza della Corte di giustizia, interrogandosi sull’ambito applicativo della regola espressa in materia di appalti, per la quale il criterio di imputazione della responsabilità sarebbe oggettivo, sì che un problema di distribuzione dell’onere della prova nemmeno si porrebbe, non facendo, la colpa, parte degli elementi costitutivi della responsabilità.
Tuttavia, il più grande limite all’effettiva attuazione del programma costituzionale pare essere costituito dalla limitazione del sindacato della Corte di cassazione sulle decisioni del giudice amministrativo ai soli profili di giurisdizione.
Questa barriera, frutto di una retriva concezione del rapporto tra i due plessi, intacca il principio di unicità della funzione giurisdizionale.
In primo luogo, manca una sede istituzionale per comporre eventuali contrasti tra giudici ordinari e giudici amministrativi nell’interpretazione delle stesse disposizioni, così svalutandosi il ruolo nomofilattico della Corte di Cassazione. Inoltre, il limite del sindacato ai soli motivi di giurisdizione impedisce una statuizione del giudice ordinario sui diritti soggettivi, quando riservati alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Queste problematiche sono vieppiù avvertite ove si rilevi che la distinzione tra interessi legittimi e diritti soggettivi, alla luce degli interventi legislativi e giurisprudenziali, non è più idonea a fondare il riparto di giurisdizione. Se svincolata dalla valutazione storica e culturale che l’ha prodotta, la dicotomia perde di rilievo e pare solo evidenziare una residuale area di privilegio in favore dei pubblici poteri, una latente ma resistente concezione autoritaria del rapporto tra soggetto pubblico e soggetto privato, in palese contrasto col principio di legalità costituzionale, sì che si auspica una profonda revisione del sistema di tutela delle posizioni giuridiche soggettive che si trovino a confrontarsi con una pubblica amministrazione, revisione che attui il programma costituzionale e si prefissi l’obiettivo della massima tutela del valore della persona umana. [a cura dell'autore]