dc.description.abstract | Intorno agli anni Sessanta in Italia la ricerca sulla scultura si rinnova, sperimentando nuove e inaspettate relazione con lo spazio circostante con l’intenzione di stabilire col pubblico un diretto e più intimo dialogo. Lontana ormai dalla distinzione del piedistallo, la scultura cerca un rapporto più serrato e complice con l’ambiente, abbattendo ogni separazione tra luogo aulico dell’arte e spazio comune della vita. In questa nuova prospettiva, la scultura rifiuta la “figuratività” e la “verticalità”, che da sempre la connotano e mette in discussione le tecniche e i materiali tradizionali. Si assiste così al tramonto dell’intaglio e della modellatura a favore della sperimentazione di nuovi processi costruttivi, di procedimenti, come l’accumulo o l’assemblaggio, che non richiedono una particolare manualità; contestualmente, si assiste al rifiuto delle materie tradizionali della scultura sostituite, o, talvolta, affiancate, da materiali di origine industriale o da elementi prelevati dalla natura. La scultura intraprende dunque un radicale processo di rinnovamento estetico la conduce verso territori linguistici i cui confini appaiono sfumati, tanto poco decodificabili che la scultura è, a detta di Meneguzzo, “oggi la disciplina più difficile da definire” [a cura dell'autore] | en_US |