La frode alla legge nel diritto interno e nel diritto internazionale privato
Abstract
La frode alla legge è un tema che, sin dalla cultura romana, ha attirato l’attenzione dei giuristi e risulta, ancora oggi, particolarmente attuale: forte è infatti, la tendenza di coloro che cercano sempre nuovi marchingegni al fine di sottrarsi alle norme imperative. E ciò è tanto più vero se si pone mente alla circostanza che non solo si tratta di un istituto affine a molti altri, quali la simulazione, il negozio indiretto e quello fiduciario, ma anche che esso va assumendo sempre più connotati di “internazionalità”, trovando applicazione non solo nel diritto interno, ma anche in quello internazionale privato. Inoltre, la frode viene generalmente perpetrata attraverso non un singolo negozio, bensì per il tramite di una pluralità di negozi tra essi collegati: tale circostanza rende, da un lato, più gravoso il compito dell’autorità giudiziaria, chiamata a compiere un’analisi non formale e superficiale, ma sostanziale e che vada a guardare, più che il singolo frammento, il risultato raggiunto dalla complessiva operazione economica posta in essere dalle parti; dall’altro, fa sì che la figura sia fortemente evanescente, difficile da inquadrare nelle sue molteplici e variopinte sfaccettature.
La frode alla legge è disciplinata, nel nostro ordinamento, dall’art. 1344 del codice civile, il quale prevede che «Si reputa altresì illecita la causa quando il contratto costituisce lo strumento per eludere l’applicazione di norme imperative»: si tratta, come si evince dalla lettura del testo, di una disposizione scarna e di non facile interpretazione.
Con l’espressione “frode alla legge” s’intende una violazione mediata e indiretta, un aggiramento della legge. In ciò si differenzia da altri istituti che, pur comportando la inosservanza di un comando o un divieto posto a livello delle norme, agiscono in maniera diretta. Con le parole della Suprema Corte, «il contratto in frode alla legge è caratterizzato dalla consapevole divergenza tra la causa tipica del contratto prescelto e la determinazione causale delle parti indirizzate all'elusione di una norma imperativa» (Cass. civ., 9 dicembre 1971, n. 3568, poi confermata, tra le altre, da Cass. civ., Sez. Un., 7 luglio 1981, n. 4414 e da Cass. civ., Sez. Un., 25 ottobre 1993, n. 10603). Il fine fraudolento è, dunque, realizzato attraverso uno o più contratti tipici, ma piegati al raggiungimento di scopi vietati da norme imperative (e divergenti da quelli per cui le figure negoziali sono state predisposte). [a cura dell'autore]