Il fallimento degli enti non profit
Abstract
L’inadeguatezza dell’apparato dello Stato a fornire un compiuto riscontro alle esigenze e ai bisogni di tutte le fasce della popolazione, ha negli anni sollecitato l’iniziativa privata da parte dei cittadini tesa a porre rimedio alle lacune dell’apparato statuale.
L’iniziativa privata ha dato vita ad una vasta e multiforme realtà composta da una serie di organizzazioni, caratterizzate da finalità solidaristiche e assistenzialistiche, integrative e per certi versi sostitutive all’agire dello Stato, e costituenti il c.d. terzo settore, una sorta di stato parallelo strutturato per soddisfare i bisogni delle classi meno abbienti.
Nell’ultimo trentennio con l’avvento del c.d. stato sociale, teso a garantire un minino di sostegno a tutte le fasce delle popolazione, a prescindere dalla loro condizione economica, il terzo settore ha conosciuto un notevole sviluppo caratterizzato dal proliferare delle organizzazioni che lo compongono, i c.d. enti non profit.
Per ente non profit si è soliti qualificare quelle organizzazioni senza scopo di lucro che hanno il fine esclusivo di soddisfare i bisogni sia dei propri membri che dei terzi.
Tali organizzazioni sono deputate al perseguimento di un fine altruistico, ma ciò non esclude che gli enti non profit possano anche svolgere attività diretta alla produzione di utili (lucro oggettivo), che non è possibile distribuire nei confronti dei componenti della compagine istituzionale (lucro soggettivo), bensì vi è l’obbligo statutario di reimpiegarli per realizzare le finalità sociali.
Lo svolgimento di attività commerciale è di vitale importanza per un ente non profit, in quanto solo in questo modo potrà dotarsi delle giuste risorse per poter realizzare al meglio i fini solidaristici e sociali per il perseguimento dei quali l’ente stesso è stato predisposto.
A causa dell’assenza di una disciplina organica ed uniforme, il settore del non profit si presenta capace di accogliere al suo interno una varietà di istituzioni, ciascuna con proprie peculiarità e anche molto diverse tra loro, caratterizzate dal minimo comune denominatore del perseguimento di attività solidaristica e del divieto di distribuzione degli utili.
Il presente lavoro dopo aver analizzato l’evoluzione della disciplina del settore non profit e del fallimento, va ad indagare sulla possibilità per un ente non profit di esercitare attività commerciale e sulla successiva ed eventuale sottoposizione a fallimento, specie per ciò che concerne il regime dell’estensione della procedura concorsuale nei confronti dei membri dell’ente.
Infine, particolare attenzione è stata riservata all’istituto dell’impresa sociale, predisposto dal legislatore nel 2006 e rappresentante la possibilità sia per un ente originariamente
lucrativo di perseguire finalità a carattere sociale, sia per un ente non profit di strutturarsi in forma d’impresa per perseguire finalità solidaristiche.
In questo caso, il legislatore, ha predisposto per la regolamentazione di eventuali patologie derivanti dall’attività d’impresa, la procedura di liquidazione coatta amministrativa piuttosto che il fallimento, a testimonianza della volontà dello stesso di salvaguardare le iniziative a rilevanza sociale, in quanto al termine della procedura concorsuale, laddove ci sia un patrimonio residuo, lo stesso verrà reimpiegato per il soddisfacimento di altre istanze sociali.