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dc.contributor.authorMarchese, Maria
dc.date.accessioned2011-11-22T08:58:40Z
dc.date.available2011-11-22T08:58:40Z
dc.date.issued2011-03-28
dc.identifier.urihttp://hdl.handle.net/10556/203
dc.description2009 - 2010en_US
dc.description.abstractIl principio di precauzione ed il danno evitabile si pongono, oggi più che mai, al crocevia di importanti riflessioni che vanno al cuore di istituti fondamentali, naturale conseguenza del fatto che il principio di precauzione è stato inserito in moltissime pronunce giurisprudenziali, che non hanno più interessato esclusivamente l’ ambiente, ma anche altri settori e determinate sostanze. Gli OGM, gli additivi alimentari, gli antiparassitari, i medicinali, ecc., difatti, devono considerarsi potenzialmente pericolosi, a meno che e fino a quando non sia possibile dimostrare il contrario con sufficiente certezza. In tali casi, il principio di precauzione determina un’inversione dell’onere della prova sul produttore, sul fabbricante o sull’importatore responsabili non solo di ciò che sanno, o dovrebbero sapere, ma anche di quello su cui dubitano. Inteso in questo modo, il principio di precauzione conduce alla conclusione che la dimostrazione del rapporto causale tra l’attività umana e il danno non debba spettare ex post ai danneggiati, ma ex ante ai produttori dell’ipotetico danno. Mentre il percorso giurisprudenziale del principio di precauzione ha una giovane vita (si sviluppa nell’ultimo decennio), quello dottrinale affonda le radici nel passato, e più precisamente al momento in cui la scienza apparve agli occhi di ognuno fallibile (visti i continui disastri ambientali). Nacque così la necessità di adottare un comportamento che avesse bilanciato: la naturale e spontanea aspirazione dell’uomo al progresso e la necessità di protezione che trovasse fondamento nel diritto, in questa prospettiva il “principio di precauzione” fece il suo ingresso. Sebbene nato come regola comportamentale, si trasformò in norma giuridica con l’inserimento nella Dichiarazione di Rio de Janeiro sull'ambiente e lo sviluppo del 14 giugno 1992, battezzata come Earth Summit, (approvata a conclusione della Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente e sullo sviluppo). La decisione raggiunta dagli Stati aderenti alla Conferenza di Rio riecheggia in campo internazionale e consente l’applicazione del principio di precauzione anche in altri ambiti. Dal settore ambientale si è esteso al campo alimentare, coerentemente con il dato che nella catena alimentare la salute è condizionata dalla salubrità dell’ambiente, dalla sanità del bestiame e delle piante destinate al consumo umano. Viene immediatamente inserito nel Protocollo di Cartagena sulla Biosicurezza, adottato il 29 gennaio 2000, che rappresenta una prima applicazione del principio di precauzione nel settore del commercio internazionale degli OGM. In questo panorama, già nel 1994, faceva il suo ingresso l’Accordo SPS, raggiunto in materia di misure sanitarie e fitosanitarie. Nello scenario europeo lo troviamo richiamato nell'art. 130-R del Trattato di Maastricht, divenuto poi l'art. 174 del Trattato di Amsterdam. E’ fuori dubbio che il principio di precauzione sia ben radicato in diversi dispositivi legislativi, ma dallo studio dei diversi ordinamenti stranieri si è potuto rilevare che le autorità sono assai restie a metterlo in atto. Nella vita pratica, quindi, nelle decisioni giurisprudenziali non trova la sua concreta attuazione. Non a caso la Svezia tenta di escludere ad origine eventuali rischi alla salute, non ricorrendo al principio di precauzione, ma adottando quello che può essere considerato come un succedaneo del principio in questione. Nel 1986, un’amministrazione speciale fu incaricata di controllare i prodotti chimici e di mettere in opera il “principio di sostituzione”, che obbliga i produttori o gli importatori di prodotti chimici, a produrre o importare le sostanze meno pericolose tra quelle che sono disponibili sul mercato. Addirittura l’Olanda non ha una legge che impone alle autorità di mettere in opera il principio di precauzione (anche se la legislazione ne assume qualche elemento esplicito). Anzi la giustizia olandese giustifica tale decisione perché è in attesa che la Corte di Giustizia dell’Unione Europea fornisca una sua interpretazione. Fino a qualche anno fa il discorso non era differente in Germania e Francia; solo recentemente, difatti, vi sono state le prime pronunce giurisprudenziali. La Corte di Appello di Versailles, nel 2009, è stata la prima del Paese a condannare, un operatore di telefonia mobile Bouygues Telecom, a smontare una delle sue antenne di emissione-ricezione nella regione del Rodano, motivando che gli abitanti del posto potevano essere esposti ai rischi dai campi elettromagnetici. La Corte, in applicazione del principio di precauzione, ha ritenuto che non vi fosse alcun elemento che permettesse di scartare l’impatto sulla salute pubblica dell’esposizione alle onde ed ai campi elettromagnetici, condannando Bouygues a risarcire una somma di € 7.000,00 alle tre coppie che si erano lamentate dell’antenna. In Germania la Corte amministrativa federale, al fine di trovare applicazione al principio di precauzione, ha sottoposto alla Corte di Giustizia CE, la causa C-140/07, con la quale si chiedeva, ad una ditta Farmaceutica la Hecht Pharma Gmbh, di togliere dal mercato un integratore alimentare poiché si sarebbe trattato di medicinale e quindi soggetto ad autorizzazione amministrativa. Probabilmente sono proprio il legislatore e i giudici italiani ad applicare maggiormente tale principio. Tra le disposizioni che vi si riferiscono si possono annoverare: la Legge quadro sulla protezione dall'esposizione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici del 22 febbraio 2001, n. 36, che ha il fine di assicurare la tutela della salute dei lavoratori, delle lavoratrici e della popolazione dagli effetti dell'esposizione a determinati livelli di campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici ai sensi e nel rispetto dell'art. 32 della Costituzione. In tal senso, il Tribunale di Venezia con sentenza 19 febbraio 2008, n. 236, ha accolto la richiesta di un gruppo di persone, residenti in prossimità di un linea elettrica ad alta tensione, ordinando alla società responsabile della gestione della rete di distribuzione dell’energia, la cessazione delle immissioni eccedenti la normale tollerabilità (art. 844 c.c.). Sempre in applicazione del principio di precauzione, poi, è stato possibile condannare la società responsabile al risarcimento del danno non patrimoniale patito da quanti, a seguito dell’esposizione prolungata ad immissioni di onde elettromagnetiche, hanno provato di “aver subito in concreto un turbamento psichico (sofferenze e patemi d’animo) di natura transitoria”. Dunque, in altri termini, il principio di precauzione consente, in questo caso, di “orientare” la lettura dell’art. 844 c.c. e delle norme in tema di risarcimento del danno (artt. 2043-2059 c.c.) e di condurre ad estendere le tutele che tali norme apprestano all’esigenze di protezione della salute. E’ da segnalare il Codice dell’ambiente (decreto legislativo, n. 152/2006) contenente numerosi ed espliciti riferimenti al principio di precauzione nell’art 301, oltre alla definizione di danno ambientale, ricondotta all’art. 300. Il mancato rispetto dei tempi e della procedura imposti dal decreto hanno portato ad es. il Tar del Lazio, con la sentenza 20 ottobre 2009, n. 1118, a rigettare l’ordinanza 24 gennaio 2008, n. 2, con la quale il sindaco del comune di Montalto Uffigo (CS), ingiungeva all’Agenzia del Demanio-Filiale della Calabria, ai sensi dell’art. 244 del decreto legislativo, 3 aprile 2006, n. 152, (recante norma in materia ambientale), di provvedere, “immediatamente entro e non oltre dieci giorni” dalla relativa notifica, allo smaltimento dei rifiuti ed alla bonifica del sito di Montalto Uffigo. L’art. 301, difatti, evidenzia come l’operatore, quando emerga un serio rischio, debba informare il Comune, la Provincia, la Regione o la provincia autonoma nel cui territorio si prospetta l’evento lesivo, nonché il prefetto della provincia che, nelle 24 ore successive, informano il ministro dell’ambiente e della tutela del territorio. Completamente diversa è la sentenza del Tribunale di Milano, settembre 2009, n. 2207, in cui viene accolta l’ordinanza del Comune di Milano che imponeva ad un gestore di un impianto di depurazione delle acque, la messa in sicurezza dello stesso con il relativo smaltimento delle vasche contenenti rifiuti speciali pericolosi. Da quanto osservato, ne consegue che in caso di omissioni o inerzie nell’esercizio di tali poteri, i pubblici amministratori e i dipendenti, oltre a rispondere ai sensi degli artt. 328, 635 c.p., correrebbero il rischio di vedersi imputata la responsabilità per omesso impedimento ex art. 40 c.p., nelle ipotesi in cui il soggetto (pubblico) garante non abbia impedito la commissione da parte di terzi di illeciti puramente formali o di mero pericolo, quali sono, in gran parte, le contravvenzioni previste dalle leggi ambientali. Questo caso concreto rientrerebbe in una delle tre categorie in cui è racchiuso il “danno evitabile” e più precisamente in quella ove la condotta del soggetto passivo abbia aggravato ulteriormente il danno già subito. E’ ipotizzabile un concorso di cause nell’evento di pericolo o di danno risarcibile, ai sensi dell’art. 1227, comma primo c.c.. Ma non si può neppure escludere che ricorrano fattispecie, sussumibili nell’ambito del disposto dell’art. 1227, comma secondo, c.c.. In particolare facciamo riferimento ai casi nei quali l’amministrazione locale non sia intervenuta ad ordinare (o a rimuovere d’ufficio), una situazione di inquinamento nota o facilmente identificabile e, con la consapevole inerzia, abbia contribuito a determinare l’aggravamento dell’originario danno ambientale. La norma che limita il danno alle conseguenze immediate e dirette dell'inadempimento (art. 1223 c.c.) trova, infatti, il suo completamento nel secondo comma dell'art. 1227 del c.c., che esclude la risarcibilità dei danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza. Questa disposizione normativa si compone di due fattispecie diverse: al primo comma disciplina il caso del concorso di colpa del creditore nella produzione del danno, disponendo una riduzione del risarcimento secondo il grado della sua colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate. Il secondo comma enuncia il criterio dell'evitabilità del danno. [a cura dell'autore]en_US
dc.language.isoiten_US
dc.publisherUniversita degli studi di Salernoen_US
dc.subjectPrincipio di precauzioneen_US
dc.titleIl principio di precauzione ed il danno evitabileen_US
dc.typeDoctoral Thesisen_US
dc.subject.miurIUS/01 DIRITTO PRIVATOen_US
dc.contributor.coordinatoreStanzione, Pasqualeen_US
dc.description.cicloIX n.s.en_US
dc.contributor.tutorStanzione, Pasqualeen_US
dc.identifier.DipartimentoDiritto dei rapporti civili ed economici nei sistemi giuridici contemporaneien_US
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