La mediazione culturale del sistema universitario
Abstract
Negli ultimi quindici anni l’Università italiana è stata chiamata a realizzare al proprio interno un cambiamento negli aspetti organizzativi e didattici in linea con il mutamento del Welfare italiano (Salvatore & Scotto di Carlo, 2005) e su sollecitazione dell’Unione Europea (EC; 2000, 2001, 2006, 2009) che invita gli istituti formativi a rispondere in modo adeguato alla “Modernizzazione del modello sociale europeo” (EC, 2000). Queste modifiche che hanno trovato la loro attuazione in numerose riforme legislative, l’ultima delle quali è la legge Gelmini (204) del 30 Dicembre 2010. Pur mantenendo il proprio mandato istituzionale formativo, l’Università ha dovuto ha dovuto fronteggiare due questioni importanti: la prima riguarda l’impossibilità di assimilare tout court la conoscenza all’occupazione lavorativa, la seconda, invece, riguarda la necessità di istaurare un dialogo efficiente ed efficace tra gli interlocutori dell’Università stessa (studenti, docenti, il personale, famiglie, mondo del lavoro) sempre più differenziati ed eterogenei.
Per rispondere a questo mandato essa si è trasformata in un servizio che, in quanto tale, eroga prestazioni e costruisce prodotti definiti, in questo caso, dalla formazione degli studenti. La logica di servizio, si associa immediatamente a quella della Qualità, quale parametro per interpretare da un lato ai bisogni, desideri e richieste dei clienti, e dall’altro per offrire servizi che soddisfano tali esigenze (Gentile & Cocozza, 2000). La Qualità del servizio Universitario è, quindi, in questa ottica garanzia del miglioramento dell’offerta formativa, nonché dell’occupabilità delle persone e di conseguenza sostegno allo sviluppo del sistema produttivo (EC, 2006; 2009).
La declinazione della qualità all’interno dell’Università ha richiesto sempre più una capacità di negoziare tra la richiesta di soddisfazione degli standard europei e nazionali e la domanda locale, definita dagli utenti tra i quali gli studenti. Questi ultimi costituiscono i clienti del servizio nonché il prodotto dello stesso, e non son più ritenuti utenti passivi ma pensati come co-costruttori del servizio stesso (Vairetti, 1995; Salvatore, 2001).
Nella prima parte di questo lavoro, accanto alla presentazione della letteratura sui temi del servizio e della qualità universitaria, viene dato ampio risalto al modo con cui la prospettiva socio-costruttivista e psicodinamica (Cole, 1996; Carli, 1999; Gergen, 1985, 1999; Harrè & Gillett, 1994; Matte Blanco, 1975; Salvatore & Scotto di Carlo, 2005), all’interno del paradigma interpretativista, affronta il tema della qualità. In particolare è esplicitato il ruolo che gli studenti rivestono nell’implementazione di servizi di qualità a partire dai significati che gli studenti attribuiscono all’esperienza universitaria. Questi possono essere considerati come i vettori della loro partecipazione ed implicazione nel contesto formativo configurando l’intensità, le modalità degli investimenti, la forma delle pratiche organizzative e cognitive agite dagli stessi. L’università, quindi deve essere attenta a cogliere questi processi di significazione individuando come essi intervengono nell’implementazione degli interventi realizzati per migliorare la Qualità, ed interrogandosi sul suo ruolo nella riproduzione o trasformazione.
Nella seconda parte è presentato, all’interno della cornice teorica presentata, un lavoro di ricerca effettuato su 310 studenti iscritti dal primo al quarto anno alla Facoltà di Scienze della Formazione (rispettivamente ai corsi di laurea in Scienze
dell’educazione e Scienze della Formazione Primaria) dell’Università degli Studi di Salerno. Si tratta di un campionamento di convenienza per quote proporzionali (Ortalda, 1998) rispetto ai corsi di laurea e agli anni di iscrizione (Blalock JR, 1960; Carli & Salvatore, 2001; McBurney, 2001).
L’obiettivo della ricerca è stato verificare se, a fronte dei modelli culturali degli studenti: a) l’incontro con i setting formativi produca una modifica dei processi di significazione degli studenti universitari; b) questa modifica segua traiettorie simili per i processi di significazione riguardanti rispettivamente il contesto sociale ed universitario e professionale in relazione anche all’afferenza al Corso di Laurea o all’anno di iscrizione.
In altri termini questa ricerca ha inteso esplorare la capacità dei setting formativi di mediare i Modelli Culturali (processi di significazione) degli studenti (Carli & Paniccia, 1999).
Agli studenti è stato somministrato un questionario costruito ad hoc facendo riferimento al repertorio di significati culturali proprio del metodo ISO (Carli, Paniccia, 2002; 2003; Carli, Salvatore, 2001; Salvatore, Mannarini, Rubino, 2004; Salvatore et al., 2008) che rileva due aree di analisi: Area del contesto sociale ed universitario e Area della formazione professionale.
Le risposte al questionario sono state trattate considerando le due macro aree di analisi. Per entrambe la matrice di risposte ottenuta dalla somministrazione del questionario è stata elaborate attraverso una procedura di analisi multidimensionale (Metastasio & Cini, 2009).
I risultati della ricerca evidenziano che in generale i setting formativi hanno un impatto sui modelli culturali degli studenti, sia per quanto riguarda la rappresentazione del contesto sociale ed universitario che professionale, e questo impatto si traduce sia nella riproduzione di questi modelli che nella loro trasformazione.
Rispetto alla rappresentazione del contesto sociale e universitario la mediazione non opera diversamente rispetto ai corsi di laurea (Scienze della formazione Primaria e Scienze dell’Educazione). In altri termini formarsi per fare l’insegnante, piuttosto che l’educatore, non incide sul rapporto con il contesto micro-macro sociale e universitario. Nel tempo i Modelli culturali, però, si modificano per entrambe i corsi di laurea in una direzione non adeguata, di maggiore anomia da un lato, o di investimento senza progetto. Questo risultato è significativo ed evidente negli studenti del corso di laurea in Scienze dell’Educazione.
Nel caso della rappresentazione del contesto professionale, invece, i risultati si presentano come invertiti. Il primo dato evidenzia come i Modelli Culturali degli studenti afferenti ai due corsi di laurea sono mediati secondo traiettorie diverse, proprio perché i setting formativi si configurano come diversi nei contenuti e nelle pratiche. Gli studenti di Scienze della formazione Primaria, si orientano verso una maggiore professionalità, invece la traiettoria seguita dagli studenti di Scienze dell’Educazione sembra essere a rischio, in quanto fortemente ancorata all’idea di volontariato e di aiuto ai bisognosi. Ultimo aspetto rilevante nella rappresentazione dell’area professionale riguarda la mancata modifica dei modelli culturali degli
studenti nel tempo. Questo dato fa ipotizzare che i setting formativi riproducano nel tempo questi Modelli Culturali, per entrambe i corsi di laurea.
Nell’ultima parte, inoltre, accanto alla discussione dei risultati, e stata effettuata una riflessione sui risultati e sulla necessità di interventi che mirino allo sviluppo della competenza contestuale degli studenti, intesa come capacità a costruire una rappresentazione sensata dell’Università, della formazione e della professione che - in questa ottica – è parte integrante di una strategia di sviluppo della qualità. L’università è chiamata in questo momento storico, da questo punto di vista, a pensare dispositivi che permettano di raccogliere e mappare tali universi di significati ed ad orientare, a partire dalla loro conoscenza, strategie di sviluppo della qualità.
Infine sono stati affrontati i punti critici definiti dalla metodologia stessa e dall’applicazione di una metodologia longitudinale, nonché le linee di sviluppo. La prima di queste riguarda la relazione la relazione tra i Modelli Culturali e carriere universitarie, la seconda, già in analisi vuole verificare l’esistenza di una continuità/discontinuità tra Modelli Culturali di studenti e genitori (Ruggeri et al., 2011), quindi verificare il ruolo di mediazione del setting formativo all’interno di questa relazione. La terza si orienta verso una riflessione che concerne l’introduzione dei concetti di transizione ed identità. Il setting formativo, pertanto, può produrre una rottura dei Modelli Culturali che genera a sua volta una transizione (Zittoun, 2004; 2007b, 2008, 2009) verso un nuovo modello di significazione e quindi un nuovo posizionamento identitario (Hermans & Ligorio, 2005; Salgado & Gonçalves, 2007) verso l’oggetto Università e verso Sé (Simão, 2005). [a cura dell'autore]