AIPH 9 e 13 – Briganti senza storia I. Narrazioni e circuiti comunicativi neoborbonici II. Immaginari e saperi alla sfida neoborbonica
Abstract
Le costellazioni discorsive e iconografiche centrate sulla figura del brigante e sul fenomeno
del brigantaggio hanno una storia risalente e articolata. Esse riattivano periodicamente – il
più delle volte senza filtri e mediazioni – rappresentazioni e linguaggi modulati su nuovi
circuiti comunicativi e nuovi contesti socio-politici. Prestate alla causa neoborbonica,
queste narrazioni si caratterizzano per l’eroicizzazione dei briganti, la tendenza a farne i
rudi paladini della libertà, pronti a pagare il prezzo più alto, in nome della “causa perduta”
controrivoluzionaria. Le immagini di briganti ammazzati circolano con una sorta di
compiacimento macabro; quei corpi esibiti diventano icone di riscatto, di cui ci si appropria
come di un patrimonio comune e condiviso.
Eppure quello del brigantaggio è fenomeno complesso in cui elementi sociali, criminali
e politici si intrecciano in misure differenti a seconda dei contesti. E quando pure gli si
voglia attribuire una fisionomia di riscatto sociale, esso va inteso come aspirazione al
miglioramento della propria condizione individuale e non collettiva. La coincidenza fra
gruppo sociale e lotta politica del resto è essa stessa in larga misura una costruzione discorsiva,
su cui si gioca una parte cruciale della storia otto-novecentesca. Il brigantaggio, peraltro,
non nasce – come la vulgata neoborbonica vuole indurci a credere – col Risorgimento
e l’Antirisorgimento. È fenomeno endemico del Mezzogiorno, carsico, funzionale alle
cause più varie, e quindi agli intrecci narrativi più dissonanti sebbene morfologicamente
condivisi. E questo ficitional side è un elemento costitutivo oltre che una parte integrante
dell’universo brigantesco, ieri come oggi.