dc.description.abstract | Lo sviluppo dell’imprenditorialità – e la nascita di nuove società che esso implica – costituisce la
condizione per promuovere innovazioni tecnologiche e di prodotto, così come dello sviluppo
economico. In conseguenza, alla base dell’innovazione, si ritrova l’imprenditorialità innovativa, in
quanto dotata di management di alto livello e in grado di creare valore per i clienti, gli azionisti e lo
stesso territorio. La letteratura sull’imprenditorialità incentra la propria attenzione sugli aspetti
cognitivi che conducono l’individuo ad identificare le opportunità di business per la creazione di
nuove società. Le teorie relative alle opportunità imprenditoriali affermano che l’imprenditorialità è
influenzata dall’ambiente esterno e dal modo secondo cui le società vi si relazionano.
In questa prospettiva, il così detto modello Closed Innovation – tutto deriva dalla società stessa –
è sostituito dal Modello Open Innovation, secondo cui le società possono sia ottenere idee,
conoscenza e tecnologie, non posseduta, dall’esterno, sia trasferire idee, conoscenza e tecnologie,
possedute, ad altre società. Il Modello Open Innovation assiste lo sviluppo imprenditoriale
innovativo, consentendo all’attento uomo d’affari di individuare l’opportunità di business. Certo, il
principale rischio implicato dal Modello Open Innovation sta nella gestione della proprietà
intellettuale, atteso che l’apertura garantisce marcata trasparenza nella comunicazione e costituisce,
per tale ragione, una fonte di potenziali comportamenti opportunistici. L’imprenditore innovative
deve selezionare la migliore strategia al fine di gestire la conoscenza prodotta. Peraltro, il Modello
Open Innovation promuove collaborazioni e processi di “deverticalizzazione” come nel caso
dell’outsourcing. Mentre molti uomini d’affari considerano l’outsourcing come una strategia di
business, altri lo considerano come un’opportunità imprenditoriale. Le conclusioni teoriche sopra
descritte trovano conferma nei settori biotech e farmaceutico.
Secondo questi paradigmi, nel settore biofarmaceutica le CRO (Contract Research
Organizations) stanno accrescendo il proprio ruolo e la propria importanza.
Le CRO sono società dotate di know how farmaceutico a forniscono servizi specialmente in
outsourcing. Le principali Contract Research Organizations sono Quintiles, Covance,
Pharmaceutical Product Development (PPD), Parexel, Icon Clinical (ICON), Charles River
Laboratories (CRL), MDS, Kendle, PRA International, InVentiv Health Clinical, le quail dominano
il mercato globale e costantemente aumentano il proprio fatturato.
L’analisi degli investimenti e del comportamento sul mercato delle CRO rivela il loro crescente
interesse nella delocalizzazione delle proprie attività, soprattutto nei Paesi BRICS, in ragione dei
vantaggi normativi e fiscali che qui esse rinvengono. In effetti, nelle aree BRICS, le CRO stanno
progressivamente spostando non solo la propria produzione ma anche la sperimentazione clinica del
farmaco e le principali fasi dello sviluppo farmaceutico del prodotto.
Nel corso del tempo, le CRO hanno cambiato il proprio modello di business al fini di garantire
crescente flessibilità e qualità nella fornitura di servizi per i clienti, così come nel ricercare soluzioni
adatte ai bisogni differenziati del settore biofarmaceutica. Secondo questa tendenza, le CRO 2.0 e
l’outsourcing virtuale si apprestano ad identificare il modello futuro della nuova generazione CRO.
Mentre il contest internazionale nel quale le CRO sono solite agire trova compita descrizione in
letteratura, lo stesso non si verifica con riguardo al panorama italiano. In questa prospettiva, il
nostro lavoro ambisce a investigare e analizzare il settore delle CRO in Italia. Al fine di raggiungere
tale obiettivo, è stata inviata a cinquanta CRO una intervista, assumendo l’11° Rapporto Nazionale
della sperimentazione quale fonte per l’identificazione delle loro generalità. I dati a disposizione su
cui l’analisi si è incentrata dimostrano chiaramente una tendenza di crescita delle CRO nel mercato
italiano. Tale affermazione è valida e veritiera sia con riguardo alle CRO italiane nate da
imprenditori italiani sia con riferimento alle sedi italiane di CRO multinazionali. Le prime,
comunque, sostanzialmente, seppur lentamente, tendono ad imitare i modelli internazionali, sebbene
preferiscono scegliere differenti strategie anche nelle proprie politiche di delocalizzazione, secondo
differenti cultura ed approccio imprenditoriale. In ogni caso, in Italia, entrambe le tipologie di CRO
incontrano ostacoli normative, burocratici e finanziari – sottolineati nel lavoro – che rappresentano
il limite reale nel processo di crescita dell’esperienza della CRO italiana rispetto ai competitors
internazionali. [a cura dell'autore] | en_US |