La vita e la scena. Le «Strette di mano» di Peppino de Filippo
Abstract
L’articolo prende in esame il volume di prose di Peppino De Filippo, “Strette di mano” (Marotta, 1974), in cui il drammaturgo napoletano raccoglie alcuni scritti pubblicati tra il 1969 e il 1971 sulle pagine del «Messaggero». In esse presenta un affresco della scena teatrale italiana dell’epoca attraverso il racconto di alcuni degli incontri memorabili che hanno segnato la sua carriera artistica. All’interno del volume si susseguono i ritratti delle più eminenti personalità della vita teatrale e cinematografica italiana (Ettore Petrolini, Ermete Zacconi, Angelo Musco, Il Principe de Curtis, federico Fellini, Luigi Pirandello); non si tralasciano, tuttavia, alcuni professionisti della penna (Indro Montanelli, Angelo Rizzoli, Ugo Ricci, Adolfo Cotronei), e illustri cariche di Stato con le quali il giovane De Filippo ebbe modo di conoscere (Vittorio Emanuele III, il Duca di Gloucester). I personaggi celebrati in queste prose, oltre ad essere pubblicamente omaggiati per le loro capacità artistiche, forniscono l’“occasione” per riflettere sulla difficile situazione del teatro in Italia, sulle insidie ad esso arrecate dal successo del cinematografo e, soprattutto, sulla faciloneria con cui una certa classe intellettuale tende a liquidare la «comicità» e il lavoro degli attori «comici». This article examines Peppino De Filippo’s velume of prose, ‘Strette di Mano’ (Marotta, 1974) where the playwright collects some of his works published from 1969 to 1971 in “Il Messaggero”. Such a collection depicts the Italian theatrical scene at the time through the stories of some of the memorable encounters which marked his artistic career. In the volume, he portraits some of the most eminent protagonists of the Italian theatrical and cinematographic life (Ettore Petrolini, Ermete Zacconi, Angelo Musco, Il Principe de Curtis, Federico Fellini, Luigi Pirandello); moreover, sone famous writers are mentioned (Indro Montanelli, Angelo Rizzoli, Ugo Ricci, Adolfo Coreonei) as well as some distinguished representatives of the State that the young De Filippo could meet (Vittorio Emanuele III, the Duke of Gloucester). On the one hand, the characters celebrated in these prose compositions are recognized for their artistic abilities; on the other hand, they are good occasions to refer to the difficult condition of theatre in Italy, to its pitfalls as caused by cinematographic success and, above all, to the laziness of some intellectuals who use to diminish the role of humor and the comic actors’ work.