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http://elea.unisa.it/xmlui/handle/10556/1926
Title: | „Ich bin Jugoslawe – ich zerfalle also“.Chronotopoi der Angst in der deutschsprachigen Gegenwartsliteratur |
Authors: | Mare, Raffaella Martelli, Sebastiano Perrone Capano, Lucia Brunner, Maria |
Keywords: | Migrationsliteratur |
Issue Date: | 1-May-2015 |
Publisher: | Universita degli studi di Salerno |
Abstract: | Questo lavoro si propone di esaminare alcune opere scelte di autori della letteratura contemporanea di lingua tedesca originariamente provenienti dai territori appartenuti alla Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia. Oggetto della ricerca sono gli scrittori che hanno vissuto le guerre jugoslave direttamente o indirettamente, e che successivamente si sono trasferiti nei Paesi di lingua tedesca (Germania, Austria o Svizzera). Del Paese di destinazione hanno imparato la lingua e in tedesco hanno scritto e scrivono tutt'ora. In questo senso il lavoro mette al centro dell'analisi il trauma vissuto dagli autori e il corrispondente senso di paura relativo all'esperienza bellica, così come la tematizzazione della paura all'interno dei testi letterari. Di seguito il lavoro si concentra sul confronto del motivo della paura in modo da mettere in evidenza le corrispondenze stilistiche e formali fra le differenti opere letterarie. Il metodo di analisi di questa tesi si basa sulla teoria del cronotopo introdotta dal critico e letterato russo Michail Bachtin, e in particolare sull'analisi del cronotopo della paura nei romanzi scelti. Scopo di questa ricerca è dimostrare attraverso l'analisi cronotopica come il trauma della guerra si intessa nelle trame testuali e quali siano esattamente le sue manifestazioni letterarie nei testi scelti. Il cronotopo in sé non è un concetto puramente letterario, infatti il suo significato originario proviene dall'ambito matematico-fisico, e precisamente dalla teoria della relatività di Albert Einstein, secondo cui le coordinate di spazio e tempo si rivelano variabili intercambiabili e dipendenti fortemente l'uno dall'altra. La definizione di cronotopo introdotta da Bachtin viene chiarita nel saggio “Le forme del tempo e del cronotopo nel romanzo”, nel suo Estetica e romanzo, risalente al 1937. Nelle “Osservazioni conclusive” al saggio, che sono state aggiunte solo nel 1973, Bachtin riprende la nozione di cronotopo e la inserisce nel contesto letterario e filosofico contemporaneo, il che dimostra quanto questo concetto possa apportare nuovi contributi all'analisi dei testi letterari. Per cronotopo, o spaziotempo, Bachtin intende l'interconnessione dei rapporti temporali e spaziali che danno forma a un testo letterario. In questo senso viene utilizzato il termine cronotopo dallo scienziato della letteratura Bachtin, che lo inserisce in ambito letterario come metafora di un sistema unitario presente nel testo, in cui le coordinate di spazio e tempo sono imprescindibili l'una dall'altra. Il cronotopo nel testo si presenta come un'immagine precisa che da sola condensa un motivo ricorrente dell'opera. Nel saggio di Bachtin vengono citati molti temi (chiamati anche motivi), tipici del romanzo moderno, che sono fortemente connotati in termini cronotopici; uno di questi è la strada, in cui si incrociano casualmente persone e personaggi diversi, di diversa estrazione sociale, età e nazionalità, credo religioso e aspetto fisico. Sulla strada sono possibili incontri tra persone che di solito sono separati da distanze spaziali o sociali. Le coordinate dello spazio in questo senso sono condensate nell'asfalto della strada, mentre quelle temporali fluiscono su di essa proprio come i passanti. Così, scrive Bachtin, “il tempo sbocca nello spazio e vi scorre (formando le strade)”. Altra immagine cronotopica tipica della narrativa è quello della città di provincia. Nella variante di Madame Bovary di Flaubert, ad esempio, si tratta di una cittadina provinciale dove il tempo ordinario si ripete ciclicamente con il passare dei giorni, dei mesi e degli anni. Il tempo che avviluppa la vita nella cittadina di provincia di Flaubert è dunque un tempo ordinario, in cui non succede niente di particolare e i protagonisti ripetono sempre gli stessi gesti e le stesse azioni. Questo tipo di tempo “attaccaticcio” e quasi del tutto immobile è usato dagli autori principalmente come tempo di fondo, contrastivo rispetto agli avvenimenti di primo piano che vengono raccontati nel romanzo. Secondo le indicazioni di Bachtin ogni testo contiene molte immagini cronotopiche, il cui studio può svelare nuove tecniche di analisi testuale. In questo modo si propone una nuova visione del testo letterario, in cui non vengono esaminate esclusivamente le coordinate temporali o quelle spaziali, bensì il loro reciproco interloquire, in un “dialogo” che è alla base del principio creativo. I differenti cronotopi presenti all'interno di un testo possono quindi interconnettersi fra loro, così come si interconnettono con i cronotopi esterni, quelli non fittizi, in cui l'autore vive e scrive. In questo modo non restano immagini letterarie astratte ma acquisiscono ancor più concretezza e reciprocità con il mondo esterno. Nelle sue osservazioni Bachtin non esclude neanche il rapporto dialogico con il mondo dei lettori: così la materia letteraria continua a parlarci incessantemente, e non è mai morta. Il cronotopo come concetto diventa quindi creativo nel pieno senso del termine, poiché si rigenera continuamente nello scambio tra opera e vita. Tipico del cronotopo è la capacità figurativa degli eventi attraverso la concretizzazione del tempo in particolari tagli di spazio. Il tempo si materializza nello spazio, l'astratto prende forma e significato. Attraverso l'analisi cronotopica della paura questo lavoro intende proprio rendere tangibile un concetto complesso e altamente discusso come quello della paura, in modo da fargli acquisire una dimensione propria, letteraria sì ma in continuo rapporto con la realtà dell'autore e del lettore. Da subito in questo lavoro si è riscontrato il bisogno di contenere il concetto sterminato di paura, escludendone le declinazioni psicologiche e psicoanalitiche, entro i limiti di un determinato campo d'analisi spaziale e temporale, che pertanto include i territori dell'ex-Jugoslavia subito dopo e durante il periodo delle guerre (1991-1995). Nell'introduzione alla tesi si distinguerà anche tra i termini “paura” e “angoscia”, in cui il primo sta ad indicare una reazione concreta ad una causa scatenante, mentre il secondo si riferisce ad uno stato mentale e psicologico che nella maggior parte dei casi non è causato da alcuna minaccia concreta. Questo studio si propone di analizzare il fenomeno della paura come inteso nella filosofia moderna di Freud e Heidegger, ovvero la paura di qualcosa di determinato e determinabile. La paura della guerra come trauma dell'infanzia, vissuto sia direttamente ma anche indirettamente dagli autori e dalle autrici dei testi scelti, è la reazione ad un pericolo reale che trova il suo spazio (e il suo tempo) nella realizzazione dell'opera letteraria. La scrittura si rivela infatti per gli autori dei testi scelti come lo sforzo di superamento del trauma. Le soluzioni saranno diverse per ogni autore, ma in tutti i testi si riscontra il tentativo riuscito o meno di riconciliazione con il passato attraverso la rielaborazione di ciò che è stato. Il lavoro si divide in cinque capitoli: ogni capitolo presenta una parte preliminare che ne riassume l'impostazione metodica generale. Il primo capitolo racchiude alcune linee introduttive a concetti teorici come migrazione, esilio, estraneità (1.1), così come memoria, ricordo e oblio (1.2), che sono alla base della successiva analisi testuale. Il secondo capitolo concentra la sua attenzione sul cronotopo di Bachtin (2.1), e successivamente tratta delle più rilevanti teorie riguardo lo spazio (2.2) e il tempo (2.3). Nello specifico viene esaminata la teoria della temporalità di Paul Ricoeur nel suo Tempo e racconto. Il terzo capitolo prende in esame i testi scelti, che vengono suddivisi per autore e analizzati da un punto di vista cronotopico. Si tratta di Tauben fliegen auf di Melinda Nadj Abonji (3.1), Engel des Vergessens di Maja Haderlap (3.2) e Wie der Soldat das Grammofon repariert di Saša Stanišić (3.3). Particolare attenzione si riserva alla tematizzazione del concetto di paura e all'elaborazione del trauma attraverso la scrittura. Dall'analisi testuale emergono le immagini dei cronotopi della paura, i quali vengono successivamente confrontati in modo da individuarne similarità e differenze. I romanzi scelti presentano alcune tematiche simili che si sviluppano in maniera differente nel corso della narrazione. Oggetto di analisi del quarto capitolo è proprio il confronto fra queste tematiche, le quali rispecchiano il contrasto tra il tempo ante e post migrazione, così come la percezione duplice dello spazio e del tempo da parte dei protagonisti dei romanzi. Il Paese di origine e il Paese di destinazione, il passato e il presente sono spaziotempi che si rapportano tra loro in un continuo dialogo, spesso contrastivo, ma certamente creativo dal punto di vista dell'analisi testuale. Tra i motivi ricorrenti verranno analizzati il cibo (4.1), la famiglia (4.2) e l'acqua (4.3). Il quinto capitolo analizza le opere due autori che, pur non avendo vissuto le guerre jugoslave, ne hanno documentato la portata attraverso i loro romanzi: Meeresstille di Nicol Ljubić (5.1) e Die gefrorene Zeit di Anna Kim (5.2) offrono al lettore di questo lavoro un'interessante prospettiva esterna al trauma bellico e al fenomeno connesso della paura. In questo capitolo verranno presi sotto esame specialmente la tensione tra gli effetti di straniamento e i tentativi di avvicinamento al trauma da parte delle voci narranti che assistono dall'esterno agli eventi. Nel paragrafo 5.3 si evidenzia come i cronotopi di questi due romanzi differiscano da quelli esaminati nel terzo capitolo: in questo caso infatti non c'è alcuna dicotomia tra gli spaziotempi del passato e del presente, tra tempo ante e post migrazione, dato che i ricordi della guerra e della famiglia non appartengono alle voci narranti. Nelle conclusioni verranno infine riassunti e riformulati gli obiettivi principali del lavoro, così come i risultati e i metodi utilizzati durante l'analisi. In appendice vengono riportate le trascrizioni dei colloqui svolti con gli autori Nicol Ljubić e Saša Stanišić, che si sono sviluppati intorno ai temi di colpa e responsabilità personale nei confronti della guerra. L'obiettivo principale di questo lavoro è dimostrare come il senso di paura che attanaglia i protagonisti delle opere di Melinda Nadj Abonji, Maja Haderlap e di Saša Stanišić sia generato dalla frizione tra il passato vissuto nella terra di origine e il presente da vivere nel Paese di destinazione, cioè da due spaziotempi o cronotopi che si interconnettono perlopiù in senso contrastivo all'interno dei testi letterari. Questa frizione tra passato “ricordato”, cioè frutto più o meno attendibile della memoria, e presente crea una frattura fra le coordinate temporali, le quali si condensano successivamente in spazi o luoghi differenti; da una parte ci sono i bei ricordi nel tempo passato nel Paese di origine, reminiscenze pregne degli odori del cibo casalingo e delle voci sonanti dei nonni; d'altra parte c'è il presente da vivere nel Paese di destinazione, poco accettato dai protagonisti e dominato dalle immagini del passato. A questi cronotopi vengono assegnati nei romanzi caratteristiche esclusivamente positive o esclusivamente negative: nei cronotopi connotati negativamente emergono alcune immagini che condensano il senso di paura dei protagonisti. In Tauben fliegen auf di Melinda Nadj Abonji il ricordo del passato è per la protagonista Ildikó Kocsis dolce come le ore trascorse nel giardino di casa della nonna. Tutto della vita quotidiana in patria viene connotato positivamente: il cibo gustoso, lo sguardo diretto delle persone, i rumori e gli odori dei parenti, i denti storti della cugina, le montagne di spazzatura su cui giocano i bambini rom. Il cronotopo della paura, che attraverso un'immagine cristallizza il trauma della guerra, non ha posto in questo passato intessuto di piacevoli memorie dell'infanzia, e viene collocato paradossalmente proprio nel presente in Svizzera, lontano dalla Vojvodina piegata dai conflitti bellici. La caffetteria Mondial, gestita dalla famiglia Kocsis nella piccola cittadina svizzera, rappresenta per la protagonista Ildi il vero e proprio luogo del conflitto: seduti al tavolo i clienti leggono le notizie sul giornale e si domandano se la grandezza del cranio della “razza” balcanica sia direttamente proporzionale alle loro capacità intellettive; in cucina si sentono le voci delle lingue “proibite”, il serbo e il croato, delle cameriere che si offendono attribuendosi a vicenda i nomi di Tuđman e Milošević; intanto alla televisione si vedono le immagini di città bombardate e di schiere di donne in lacrime di fronte ai corpi dei loro figli e mariti. Nel terreno svizzero da sempre neutrale si insidia lentamente la guerra. Svizzera e Serbia entrano in contrapposizione tra loro, cosicché la prima rappresenta il luogo del conflitto, mentre la seconda quello della pace. Questo paradosso si spiega in questo lavoro proprio attraverso l'analisi cronotopica: lo spazio svizzero è direttamente connesso al tempo in cui la protagonista vive, cioè il periodo difficile di crescita in un luogo estraneo, mentre la Serbia rimarrà sempre nella memoria di Ildi lo scenario idilliaco della sua infanzia felice. Un'altra immagine cronotopica di essenziale importanza per l'analisi del testo è rappresentata da un personaggio maschile nel romanzo: si tratta di Dalibor Bastic, un giovane fuggito dalla guerra croata, che cerca lavoro nella caffetteria Mondial. Di questa figura dai tratti fuggevoli e sinuosi come le onde del mare croato si innamora perdutamente Ildi. Dalibor proviene dalla penisola balcanica, parla una lingua dolce e melodica, ha gli occhi profondi e tristi, e racconta della guerra e del suo passato. Il corpo di Dalibor è snello e fragile, spesso trema e allora tante piccole gocce di sudore gli imperlano la schiena, altre volte piange e fissa in silenzio l'acqua del lago davanti al quale i due innamorati si incontrano. Attraverso il contatto con il corpo di Dalibor Ildi si riconnette direttamente alla sua patria lontana, assaporandone gli antichi ricordi. Il corpo di Dalibor, e principalmente la sua bocca, rappresentano lo spaziotempo in cui Ildi ritrova le sue memorie. Nella superficie circoscritta delle sue mani sottili, sulle sue labbra tremanti e tra gli spazi dei suoi denti storti Ildi ritrova il suo luogo e il suo tempo di pace. In questo senso il bacio di Dalibor rappresenta nel testo uno dei momenti in cui i due cronotopi del passato e del presente si fondono temporaneamente in un attimo di piacere. In Engel des Vergessens di Maja Haderlap la contrapposizione tra i cronotopi del passato e del presente ha una struttura antitetica rispetto a Tauben fliegen auf. Il passato nel piccolo paesino austriaco al confine con la Slovenia assume fattezze esclusivamente negative, mentre le aspettative della protagonista si concentrano in un tempo futuro lontano dai luoghi traumatizzanti dell'infanzia. Il cronotopo della paura in questo romanzo viene quindi identificato nel passato ed è rappresentato dai paesaggi della Carinzia, dove la protagonista bambina ha vissuto la sua infanzia. La “casa delle api”, dove il padre depresso tenta il suicidio; il cortile di casa, dove lei gioca con il fratellino a fare la guerra; la foresta scura e spaventosa, dove i partigiani in passato si sono nascosti; la casa vecchia, luogo dei racconti agghiaccianti della deportazione della nonna nel campo di concentramento di Ravensbrück: l'intera Carinzia segna per la protagonista i confini di uno spazio di terrore e morte, da cui lei vuole fuggire via. Il cronotopo della paura in Engel des Vergessens si presenta come un idillio distorto, in cui i racconti strazianti dei vicini, gli scoppi d'ira del padre che da piccolo ha vissuto le torture della polizia e la solitudine della vita di partigiano, così come le foto in bianco e nero mostrate dalla nonna di donne giovani strappate alla vita pesano nella coscienza e nella memoria della piccola protagonista che, nonostante non abbia vissuto direttamente la seconda guerra mondiale, ne ha incamerato il trauma come se fosse il suo. I ricordi del secondo conflitto mondiale si inaspriranno con l'arrivo imminente della guerra in Slovenia. La dimensione del presente sembra essere bandita da questi luoghi del terrore, in cui si parla e si vive esclusivamente nel passato. Una versione contratta del cronotopo della paura è da individuare nell'immagine della casa vecchia, in cui si accumula il passato. Dai resti di questa casa i genitori della protagonista vogliono costruire una casa propria, che meglio si adatti alle loro esigenze. La nuova casa si erge come un mostro su fondamenta poco solide, e dà l'impressione all'occhio esterno di tendere continuamente verso il suolo. I muri maldestramente isolati allontanano il calore e gli odori tipici della casa. La cantina rappresenta l'unico luogo della casa che non è stato rinnovato, e questa base umida e scura ricorderà sempre alla famiglia il legame con ciò che è stato. La nuova casa nel romanzo poetico di Maja Haderlap è simbolo della costruzione del presente che vuole superare il passato senza affrontarlo, semplicemente distruggendolo o aggirandolo. Per la protagonista è il doloroso memento che il passato non può essere dimenticato. L'analisi cronotopica del romanzo Wie der Soldat das Grammofon repariert di Saša Stanišić presenta tratti comuni nell'organizzazione degli spaziotempi, e tuttavia allo stesso tempo si distanzia da quella dei due romanzi precedentemente trattati: per il piccolo protagonista Aleksandar il luogo della paura è rappresentato dalla cantina, dove lui con la sua famiglia, i parenti, i vicini e tanti altri sconosciuti fuggitivi si è rifugiato durante l'assedio alla sua città Višegrad. Questo stretto spazio sotterraneo è un microcosmo che ha delle regole proprie a cui tutti gli “abitanti” devono adattarsi il più in fretta possibile: gli spazi della cantina, così come quelli del restante edificio si trasformano velocemente, cosicché ci sia posto per cucinare e per riposarsi. Ogni angolo, la tromba delle scale, gli appartamenti e i corridoi acquisiscono quindi nuove funzioni, in modo che i tanti fuggitivi possano trovare spazio per sedersi e aspettare la fine del conflitto. Gli organizzatori esclusivi del nuovo ordine all'interno della cantina e dell'intero edificio sono senza dubbio i soldati, i quali entrano ed escono a piacere dalle camere, spesso dormono e mangiano con i fuggitivi e vigilano che tutto sia sotto il loro diretto controllo. Nulla può restare chiuso e segreto davanti ai soldati: ecco perché le case e le porte, i cassetti e le vetrine devono rimanere eternamente aperti, offerti allo sguardo di tutti. Il luogo della paura per Aleksandar è proprio questo spazio nudo e senza nascondigli che mostra senza vergogna tutto delle relazioni tra gli uomini e che toglie all'individuo la possibilità di ritrovarsi solo nella parte più intima di sé. Nella cantina domina incessante il presente traumatizzante della guerra: i bambini guardano con meraviglia dalla finestra gli enormi e cigolanti carri armati che circondano la città; i più anziani si riuniscono in cerchio attorno alla radio e ascoltano le terribili notizie provenienti dall'esterno; le donne cucinano cibo in scatola e devono allontanarsi silenziosamente quando uno dei soldati circonda con le mani i fianchi della giovane Amela e la porta con sé in camera da letto. Il cronotopo della paura nel romanzo di Stanišić assume quindi una differente connotazione rispetto ai testi di Abonji e Haderlap. Lo spaziotempo della cantina viene collocato nel passato in patria, ma non è direttamente connesso con i bei ricordi dell'infanzia di Aleksandar. Il passato in questo testo si divide in due cronotopi: l'infanzia a Višegrad prima e durante la guerra. Quest'ultimo cronotopo rappresenta una sorta di passaggio tra il bel periodo passato in patria e la fase successiva in Germania, dove Aleksandar si trasferisce con la famiglia per fuggire alla guerra. In questo senso il romanzo offre al lettore la questione aperta della memoria selettiva e dell'oblio: un esempio di memoria selettiva è senza dubbio la nonna, che rammenta solo i bei momenti passati con il nipote e con il marito, e che ha represso il trauma della guerra obliandolo. Al contrario l'amico di infanzia Zoran, che è rimasto in Bosnia, riesce a ricordare solo il tempo durante la guerra. Immerso in un passato di memorie dolenti, Zoran non ha infanzia né futuro, odia tutto ciò che lo circonda e non conosce pace. La ricerca di un tempo e di un luogo di pace è un altro motivo importante nel testo, che agli occhi del protagonista prende le forme di una ragazzina dai capelli di un colore talmente bello da non poter essere descritto. Asija, la ragazzina conosciuta in cantina che ha perso tutta la sua famiglia durante la guerra, rappresenta per Aleksandar un labile eppur stabile legame con la patria, anche anni dopo il trasferimento in Germania. Ad Asija Aleksandar scrive innumerevoli lettere, che non riceveranno mai risposta. Nell'ambito dell'analisi cronotopica non fa differenza se questa eterna bambina dai tratti fuggevoli come quelli di Dalibor in Tauben fliegen auf esista davvero, oppure sia frutto della fantasia cavalcante del protagonista: Asija rappresenta quel filo sottile che collega Aleksandar ad un passato con cui l'ormai adolescente protagonista deve infine fare i conti. Lo spaziotempo universale della paura in Wie der Soldat das Grammofon repariert è rappresentato non solo dalla cantina, ma dall'intera città di Višegrad dopo il conflitto bellico. Quando l'adulto Aleksandar ritorna nei luoghi della sua infanzia vi trova una città che affanna sotto il peso del proprio passato. La nonna, gli amici, l'anziano professore di scuola elementare e le vecchie conoscenze sono tutte figure che, nel tentativo di superamento del trauma, lo rivivono continuamente nei loro ricordi oppure lo sopprimono consegnandolo al buio dell'oblio. In contrapposizione alla città greve e immobile si pone il fiume Drina, che con il suo continuo scorrere si muove tra secoli e luoghi differenti, portando via con sé storie e cadaveri di antiche e recenti guerre. In questo senso la Drina selvaggia, che parla segretamente con il protagonista attraverso lo scroscio delle sue acque, rappresenta per Aleksandar e per la città stessa la soluzione al superamento del trauma: l'incameramento del passato e la sua accettazione, e allo stesso tempo la forza vitale di fluire in direzione del futuro. In Tauben fliegen auf e in Wie der Soldat das Grammofon repariert la connotazione esclusivamente positiva del tempo prima della guerra fa sì che la patria venga idealizzata dal punto di vista dei protagonisti Ildi e Aleksandar: il cibo del Paese di origine, quello “di casa”, i cui profumi e gusti restano intatti nella memoria e si intensificano con il passar del tempo viene continuamente confrontato con il cibo del Paese di destinazione, privo di odore e senza un'infanzia di ricordi con cui potersi cullare ad occhi chiusi mentre lo si assapora. Questo tipo di immagini idealizzate, che per alcuni critici si trasformano in stereotipi di cattivo gusto sui Balcani, si giustificano in questo lavoro proprio attraverso l'analisi cronotopica: queste immagini sono frutto esclusivo della memoria dei protagonisti, e sono direttamente connesse con il ricordo positivo dello spaziotempo del passato prima della guerra, il quale entra in contrapposizione con il cronotopo del presente e viene idealizzato. Il motivo del cibo viene infatti tematizzato diversamente in Engel des Vergessens di Haderlap. In questo testo il cronotopo del passato è connotato negativamente, e un aspetto e un odore poco appetibile assume anche il cibo preparato dalla nonna della protagonista nella cucina della vecchia casa. Anche il concetto di famiglia è un tema che si ripete con uguale intensità nei tre romanzi scelti. L'attaccamento spesso quasi viscerale alla propria famiglia rappresenta per i protagonisti quel cordone ombelicale che li unisce con la patria perduta, e che li fa sentire parte di un tutto. I ricordi del passato vengono conservati gelosamente, rivisitati, messi su carta e resi storia, documentario e romanzo allo stesso tempo. In questo lavoro si evidenzia anche la differenza generazionale tra nonni, genitori e i giovanissimi protagonisti dei tre testi scelti, che anche in questo caso si spiega attraverso l'analisi dei cronotopi: la costellazione familiare si polarizza in modo che i nonni stanno a rappresentare il cronotopo idilliaco del passato in patria, mentre i genitori sono già proiettati verso il superamento del passato e si muovono in direzione di un futuro migliore, lontano dagli incubi notturni e dal trauma della guerra. L'addio ai nonni rappresenta per i protagonisti la frattura tra mondo dell'infanzia e quello dell'adolescenza. Il naturale processo della crescita, anche se inizialmente rigettato dai protagonisti Ildi e Aleksandar, porta allo scioglimento finale dei nodi tra passato e presente. Diventare adulti significa muoversi in direzione di un futuro imminente; il movimento è un tema ricorrente in tutti e tre i romanzi, e viene incarnato da istanze liquide come l'acqua – il mare croato, il fiume Drina, la pioggia, il lago della cittadina svizzera, i ruscelli della Carinzia – e da altri fluidi – sudore, lacrime, saliva – che diventano nel testo metafore di cambiamento e di sviluppo. Non solo la crescita ma anche l'atto stesso della scrittura diventa infine il gesto della liberazione dai fantasmi del passato, che attraversa spazi e tempi diversi per muoversi in direzione del futuro. Anche nei romanzi Meeresstille e Die gefrorene Zeit è tangibile la dicotomia tra passato e presente, ma solo nei cronotopi di Ana e Luan, che hanno vissuto direttamente la guerra. Nel caso delle voci narranti esterne all'esperienza del conflitto bellico – rispettivamente Robert in Meeresstille e Nora in Die gefrorene Zeit – non c'è effettivamente contrasto tra gli spaziotempi del passato e del presente. Nel romanzo di Nicol Ljubić Ana è una studentessa serba che si è trasferita a Berlino fuggendo alla guerra. A teatro ha incontrato il giovane Robert e se ne è innamorata. Dopo tanti silenzi a lui racconterà infine di essere la figlia di uno stimato professore di anglistica e padre eccellente, che si trova alla corte penale internazionale dell'Aia sospettato di essere un criminale di guerra. Per la fragile Ana il suo universo si tende tra un passato idilliaco ante bellum al fianco della famiglia e un presente post bellum, in cui lei deve affrontare il trauma della colpa del padre. L'analisi testuale in questo lavoro si concentra sul concetto di elaborazione del trauma da parte dei due protagonisti: mentre Ana tenta invano di reprimere i ricordi legati all'imprigionamento del padre e non si reca all'Aia per assistere al processo, Robert cerca in tutti i modi l'avvicinamento al trauma della sua fidanzata, fino a desiderare di esserne parte integrante. Robert cerca di capire e di giustificare ciò che è stato, si reca in tribunale e segue attentamente il processo e gli occhi scuri di Zlatko Šimić, così simili a quelli di Ana. In questo modo Robert tenta di avvicinarsi anche al proprio passato, dato che ha radici croate ma durante la guerra si trovava già in Germania e da allora si è sempre interessato poco al suo Paese di origine. Ma il tentativo di avvicinamento al trauma è destinato a fallire, poiché la visione degli eventi da parte di Robert sarà sempre esterna rispetto a quella di Ana. I concetti di distanza e avvicinamento entrano in questo romanzo in continuo rapporto dialogico tra di loro e sono alla base della narrazione stessa. Robert si sente un eterno osservatore condannato all'immobilità come un pesce in acquario. In questo senso il cronotopo dell'acquario rappresenta con il suo spazio definito la condizione inerte di Robert, che non ha un proprio passato con cui relazionarsi e che vive esclusivamente nel presente. La mancanza di movimento, nel testo rappresentata dal pesce in acquario che decide di rimanere fermo, è metafora di stagnamento e di morte. Il conflitto tra distanza e identificazione con le vittime della guerra rimane irrisolto anche nel romanzo di Anna Kim. La voce narrante Nora lavora per la Croce Rossa e si innamora di Luan, un kosovaro che è alla ricerca disperata di sua moglie Fahrie. Tra i due si intesse una complicata relazione amorosa, nonostante la quale il pensiero di ritrovare Fahrie rimane sempre vivo nella mente di Luan. La presenza di Nora nella vita di Luan è così effimera da essere quasi inesistente; quando entra nell'appartamento di Luan, Nora deve fare attenzione a non lasciare le sue cose nelle stanze, deve controllare che non ci siano i suoi capelli sul pavimento e che non indossi nessun tipo di profumo. La figura di Nora nel testo è dai contorni eterei, un'istanza precaria che sembra minacciata continuamente dal dissolversi. Di lei il lettore sa poco, del suo passato quasi nulla. Qualche anno prima Nora aveva lavorato a Pristina con il suo collega e fidanzato Sam. Dopo una notte passata insieme lei decide improvvisamente di scomparire, e scappa via senza lasciare traccia nella speranza che Sam la cerchi dappertutto. Ma il giovane antropologo forense, che passa ore a scavare nella terra e a analizzare cadaveri, che parla con i corpi senza vita delle vittime di guerra e che di notte piange segretamente nel suo cuscino, non si mette alla ricerca della sua fidanzata e continua la sua vita a Pristina. Anche Sam dice sempre che nel suo lavoro c'è bisogno di distanziarsi dalle vittime, ma né lui né Nora ci riescono; nel romanzo di Kim ogni parola è pregna di significato e dalla parola stessa si sviluppa la narrazione. Identificare i cadaveri significa per Nora e Sam identificarsi con loro, tanto che i due caratteri non hanno più legame con il mondo dei vivi e sono quasi morti. Il concetto di identità si sviluppa anche su un altro piano semantico: può un cadavere possedere la stessa identità di quando era in vita, esiste identità tra corpo e cadavere? Questo si chiede Luan quando finalmente viene informato del fatto che gli antropologi hanno ritrovato il corpo di sua moglie. Se lo chiede quando deve identificarne il cadavere, e quando ne porta in spalla il corpo al funerale e il suo orecchio viene assalito dal rumore sordo di un mucchietto di ossa nude che sbattono sul legno del feretro. Il cronotopo della paura per Luan si colloca in questo presente spaventoso in cui lui deve fare i conti con la morte della moglie, mentre il passato pieno di bei ricordi e dei riccioli neri di Fahrie viene idealizzato come nel caso di Ana in Meeresstille. Anche Luan infatti reprime il trauma e vive in un passato felice con l'amore della sua vita. Il suo tempo è fermo nel passato, eingefroren, perché senza Fahrie Luan non ha motivo di vivere il suo presente. Ecco perché subito dopo il funerale di sua moglie si uccide. D'altra parte Nora, come Robert, vive senza passato e senza ricordi. Anche il suo tempo è fermo, ma nel presente, da cui nonostante tutto non può liberarsi. Dopo il suicidio di Luan Nora non ha motivo di esistere. E la sua voce, che poi è la voce narrante in tutto il romanzo, si dissolve nel nulla, come se non fosse mai esistita. [a cura dell'autore] |
Description: | 2012 - 2013 |
URI: | http://hdl.handle.net/10556/1926 |
Appears in Collections: | Studi letterari e linguistici |
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