Profili critici della disponibilità nella giurisdizione penale
Abstract
This paper starts from the analysis of the dispositive principle in evidentiary matters. The aim is to
identify the strengths and weaknesses of the current procedural system and rebuild them basing on
the legislator’s purposes back in 1987. After an availability increase in criminal trial jurisdiction being
stated, we might proceed and analyse the aspects proven to be the most critical in recent Italian legal
history. Firstly, we shall discuss the longstanding issue on the power to acquire official evidence ex
art. 507 of the Code of Criminal Procedure, tracing its jurisprudential evolution from 1992 to 2010.
Taking what has been called by G. Spangher as “the mother of all battles” into examination and
acknowledging that no position by the substantive legislator has been taken, a de iure condendo
solution is proposed, which includes the possibility of introducing a new ad hoc objection hypothesis
that would regulate the case where a judge, whilst exercising the powers ex art. 507 of the Code of
Criminal Procedure, affects the honour of proof in a substantial sense, this being an exclusive
prerogative of the trial parties. Secondly, the jurisdiction availability is then explored in its
contemporary problematic dimension, i.e. the “negotiation rites”. Therefore, the focus is brought to
the so-called “negotiated justice” topic, analysing a peculiar aspect of it: the lawsuit’s extra-trial
remission, which, in fact, determines a filter effect, causing the early closure of the process and the
extinction of the offence. Once identified the problematic aspects, we can conclude, not without first
consulting the Supreme Court’s most recent pronouncements. In particular, we may consider
appealing to the Court of Cassation against a conviction pronounced ex art. 444 of the Code of
Criminal Procedure, basing it on the non-late remission of the lawsuit only Il presente lavoro parte dall’analisi del principio dispositivo in materia probatoria, con lo
scopo di individuare, in proposito, i punti di forza e di debolezza del sistema processuale vigente,
ricostruendoli partendo dalle intenzioni del legislatore del 1987. Rilevando una grande apertura alla
disponibilità nella giurisdizione processualpenalistica, si passa ad analizzarne gli aspetti che nella
recente storia giuridica italiana si sono rivelati maggiormente critici. In primis, si affronta l’annosa
questione relativa al potere di acquisizione probatoria d’ufficio ai sensi dell’art. 507 c.p.p.,ripercorrendone l’evoluzione giurisprudenziale dal 1992 al 2010. Esaminata quella che è stata
ricordata da G. Spangher come “la madre di tutte le battaglie”, e preso atto del fatto che non vi è stata
una presa di posizione del legislatore in merito, si propone una soluzione de iure condendo,
individuata nella possibilità di introdurre una nuova ipotesi di ricusazione ad hoc, che disciplini il
caso in cui il giudice, nell’esercizio dei poteri di cui all’art. 507 c.p.p., intacchi l’onore della prova in
senso sostanziale, che è, e rimane, esclusivo appannaggio delle parti processuali. In secundis,
l’elemento della disponibilità della giurisdizione viene poi esplorato nella sua dimensione
problematica contemporanea, vale a dire quella dei “riti negoziali”. Si porta, quindi, il focus, sul tema
della cosiddetta giustizia negoziata, analizzandone un peculiare strumento, quale è la remissione di
querela extraprocessuale. Una volta individuati gli elementi problematici dello strumento, che
determina, di fatto, un effetto-filtro, causando la chiusura anticipata del procedimento e l’estinzione
del reato; si conclude, analizzando recentissime pronunce della Suprema Corte. In particolare, ci si
sofferma sulla possibilità di proporre ricorso per Cassazione avverso sentenza di condanna
pronunciata ai sensi dell’art. 444 c.p.p., fondando il ricorso solo sulla sopraggiunta remissione non
tardiva di querela