La Sicurezza in Ospedale: dalla tradizione all’innovazione. Elaborazione di un piano di intervento multimodale per la riduzione del rischio infezioni nosocomiali
Abstract
La sanità in Italia occupa più del 7% del Prodotto Interno Lordo nazionale (PIL) ed in media
rappresenta circa l’80% dei bilanci regionali. Questi due semplici dati, in un contesto di
evidente progressione dell’invecchiamento della popolazione, sono sufficienti a stimare in
modo attendibile lo sviluppo del settore sanitario in termini socio-economici. Negli ultimi
anni, i servizi sanitari e assistenziali italiani sono sempre più interessati ad un miglioramento
qualitativo dei loro servizi e questo loro interesse è dettato da un lato dalla necessità di
rendere disponibili servizi più adeguati alle crescenti aspettative della popolazione, dall’altro
dall’esigenza di ridurre i costi, aumentando di conseguenza l’efficienza, al fine di contenere
l’esplosivo trend di crescita della spesa sanitaria nazionale. In questo scenario, le
organizzazioni sanitarie e le aziende che producono beni e servizi correlati devono garantire
efficacia, efficienza e qualità per proteggere la salute e l’equità di accesso ai servizi. Anche
se è possibile misurare e migliorare le prestazioni sanitarie attraverso l’utilizzo di indicatori
appropriati, spesso non puntuali, tali prestazioni sanitarie hanno una variabilità intrinseca
relativa a fattori non modificabili e non prevedibili. Ad esempio, il fattore umano,
fondamentale per la fornitura di servizi sanitari, è condizionato dalla possibilità del
verificarsi errori o eventi avversi non controllabili, come le infezioni correlate all’assistenza.
Tuttavia, esiste un rischio specifico, per i pazienti in quanto tali, collegabile a errori o effetti
negativi della attività clinico-assistenziale, configurati nella definizione di evento avverso,
oltre alle infezioni correlate all’assistenza. Tale termine unisce come situazione di rischio le
imprevedibili reazioni biologiche dei pazienti con le reazioni determinate da mancanze
umane o del sistema in cui vengono erogate le cure.
Si sta diffondendo, quindi, la cultura di applicare, anche in medicina, modelli per la sicurezza
sviluppati in contesti fondati sul principio che l’errore, anche quando è direttamente umano,
è imputabile a carenze di garanzie del sistema organizzativo in cui si sviluppano i processi
operativi e che utilizzano processi proattivi piuttosto che reattivi.
L’affermazione “to err is human” viene utilizzata sempre più per enfatizzare e caratterizzare
gli interventi da realizzare che devono essere essenzialmente strutturali e di sistema
permettendo di eliminare la responsabilità del singolo operatore. Bisogna tener conto,
purtroppo, anche della legge di Murphy e, quindi, non dimenticare che se un evento avverso
può verificarsi esiste un’alta possibilità che ciò avvenga e pertanto bisogna adottare delle
tecniche e dei metodi di gestione del Rischio Clinico capaci di prevenire ed eliminare
qualunque possibilità all’errore di materializzarsi. I metodi finora conosciuti ed utilizzati non
hanno la capacità di darci questa garanzia di efficacia, ma se appropriatamente utilizzati si
sono dimostrati capaci di ridurre in modo significativo il numero di errori in sanità.
Qualunque organizzazione sanitaria che focalizzi l’attenzione primaria sull’efficacia
attraverso un percorso imperniato sulla qualità deve utilizzare in modo ottimale un
programma per la gestione dei rischi.
A monte di qualunque approccio “definitivo” per gestire ed eliminare l’errore in corsia deve
essere sempre previsto un sistema di analisi e verifica del contesto della realtà sanitaria presa
in esame. Riveste, quindi, un ruolo fondamentale la presenza di un metodo di “Incident
Reporting” all’interno della struttura sanitaria che possa mettere in evidenza quali sono le
aree di maggiore criticità e più bisognevoli di interventi gestionali. Anche gestire il rischio,
purtroppo, ha un costo e conoscere e pianificare un intervento deve essere supportato da dati
di reale necessità al fine della razionalizzazione della spesa. [a cura dell'Autore] Healthcare in Italy occupies more than 7% of the Gross National Product (GDP) and on
average represents about 80% of regional budgets. These two simple data, in a context of
evident progres-sion of population aging, are sufficient to reliably estimate the development
of the health sector in socio-economic terms. In recent years, Italian health and welfare
services have been increasingly in-terested in improving the quality of their services and this
interest is dictated on the one hand by the need to make available services that are more
adequate to the growing expectations of the popula-tion, and on the other by the need to
reduce costs, thus increasing efficiency, in order to contain the explosive growth trend of
national health expenditure. In this scenario, healthcare organizations and companies
producing related goods and services must ensure effectiveness, efficiency and quality to
protect health and equity of access to services. Although it is possible to measure and
improve health care performance through the use of appropriate, often non-point indicators,
such health care performance has inherent variability related to factors that cannot be
changed or predicted. For ex-ample, the human factor, which is fundamental to the delivery
of health services, is affected by the possibility of the occurrence of errors or uncontrollable
adverse events, such as care-related infec-tions.
However, there is a specific risk, for patients as such, that can be linked to errors or adverse
effects of clinical-assistance activities, configured in the definition of an adverse event, in
addition to care-related infections. This term combines as a risk situation the unpredictable
biological reactions of pa-tients with reactions caused by human failures or those of the
system in which care is provided.
Therefore, the culture of applying, even in medicine, safety models developed in contexts
based on the principle that error, even when it is directly human, is attributable to
shortcomings in the organi-zational system in which operational processes are developed
and which use proactive rather than reactive processes, is spreading.
The statement "to err is human" is increasingly being used to emphasize and characterize the
inter-ventions to be implemented, which must be essentially structural and systemic,
allowing the respon-sibility of the individual operator to be eliminated. Unfortunately,
Murphy's Law must also be taken into account and, therefore, it must not be forgotten that
if an adverse event can occur, there is a high possibility that it will happen and, therefore, it
is necessary to adopt techniques and methods of Clinical Risk Management capable of
preventing and eliminating any possibility of error materializ-ing. The methods known and
used up to now do not have the capacity to give us this guarantee of efficacy, but if used
appropriately they have shown themselves capable of significantly reducing the number of
errors in healthcare. Any healthcare organization that focuses primarily on effectiveness
through a quality-driven approach must make optimal use of a risk management program.
Upstream of any "definitive" approach to managing and eliminating errors in the ward, there
must always be a system of analysis and verification of the context of the healthcare situation
under ex-amination. Therefore, a fundamental role is played by the presence of an "Incident
Reporting" method within the healthcare structure that can highlight the most critical areas
and those most in need of management intervention. Even managing risk, unfortunately, has
a cost and knowing and planning an intervention must be supported by data of real need in
order to rationalize spending. [edited by Author]