Pics, Fingerprints and Pigmies: appropriazioni, narrazioni e attribuzioni della criminologia britannica dell’Ottocento
Abstract
Nel periodo finale dell’era vittoriana nell’ambito della letteratura inglese
si moltiplicarono gli esempi di crime narratives, gettando anche le basi di
quello che sarebbe poi stato identificato come il genere della detective fiction.
Il secolo vittoriano aveva altresì visto il fiorire e il codificarsi – grazie
al dominio britannico di terre e mari e allo stimolo di nuove tecnologie
di indagine – di nuovi campi del sapere: l’esplorazione, la geografia, la
cartografia avevano, infatti, presto potuto avvalersi del nuovo strumento
fotografico per produrre documentazioni considerate “oggettive” e lo
stesso accadde poi con le nuove discipline dell’etnografia e dell’antropologia,
che cominciarono ad illustrare con foto le proprie descrizioni
narrative o si avvalsero di esse per misure antropometriche. Sul finire del
secolo erano state dunque poste le premesse per la codificazione della
criminologia: misurare e classificare un corpo umano poteva ben servire
per prevenire e controllare il crimine e garantire sicurezza ai cittadini e
ai confini dell’Impero. Havelock Ellis pubblicò il suo The Criminal nel
1890, Francis Galton pubblicò Finger prints nel 1892, ma la sperimentazione
della classificazione dei criminali tramite impronte digitali era stata già
da tempo avviata nelle colonie indiane. Di tutto ciò, e di come l’Impero
britannico poteva servirsi delle scienze per costruire e definire l’identità
dell’alterità criminale, si trova traccia nelle storie di Sherlock Holmes: e se è vero che le crime narratives sono culturalmente marcate e possono servire
per far emergere diversità culturali, ciò è particolarmente vero in queste
storie prodotte all’apice della gloria della cultura vittoriana. In esse fatti
e finzione, diritto e scienze sociali, medicina e antropologia si intrecciano
senza soluzione di continuità in un prodotto letterario di genere. Possono
descrivere – ma anche creare – identità e sottoculture criminali. Tipici
sono i casi dei pigmei delle isole Andamane, degli indiani, dei thugs. In
questo intervento ci si propone di analizzare, a partire primariamente da
alcune storie di Sherlock Holmes ma anche da altri esempi coevi di detective
stories, come antropologia, antropometria, fotografia, criminologia,
medicina entrino a far parte di un gioco letterario teso a soddisfare i gusti
del pubblico vittoriano creando figure e miti di un patrimonio dell’immaginario
occidentale che persistono ancora oggi.