L’occhio e la pietà. Forme della conoscenza e dell’interpretazione ne «La giornata d’uno scrutatore» di Calvino
Abstract
Dall’esordio romanzesco de “Il sentiero dei nidi di ragno” ai tentativi parossistici di descrizione visiva di “Palomar”, passando per lo sguardo distante del “Barone rampante” e la pulsione-ossessione fotografica de “L’avventura di un fotografo”, l’opera di Italo Calvino è attraversata da una costante attenzione per le forme e le modalità della visione. Variamente declinato, questa tema implica da una parte un ampliamento delle potenzialità conoscitive della scrittura e, dall’altra, un fruttuoso sconfinamento nei territori delle arti visive (cinema, fotografia e pittura). In questo quadro, “La giornata d’uno scrutatore”, il racconto del 1963 che segna una svolta cruciale nella narrativa dello scrittore ligure, condensa il senso nonché i limiti della poetica calviniana dello sguardo. Qui la metafora ottico-visiva, eletta a vera protagonista della vicenda, si trova a fronteggiare la crisi storica ed esistenziale conseguente alla «sfida al labirinto». Sarà assumendo un altro ‘punto di vista’, quello dei ricoverati del Cottolengo, che Calvino, dietro lo schermo letterario di Amerigo Ormea, riuscirà a trovare, sebbene provvisoriamente, l’uscita da tale labirinto. From the novelistic debut with ‘Il sentiero dei nidi di ragno’ to the paroxysmal attempts at visual description in ‘Palomar’, through the distant gaze of the ‘Barone rampante’ and the photographic drive-obsession of ‘L’avventura di un fotografo’, Italo Calvino’s work is traversed by a constant attention to forms and modalities of vision. Variously declined, this topic implies, on one hand, an amplification of the cognitive potentialities of writing and, on the other hand, a fruitful encroachment within the territory of visual arts (cimena, photography, and painting). In this framework, ‘La giornata d’uno scrutatore’ - a 1963 short story that marks a crucial turn in the writing of the Ligurian writer – condenses the sense if not the limits of Calvino’s poetics of the gaze. Here, the optical-visual metaphor, elected as the true protagonist of the story, addresses the historical and existential crisis consequent to the “chellenge of the labyrinth.” It is only by assuming another “point of view”, the one of those admitted at Cottolengo, that Calvino, behind the literary screen of Amerigo Ormea, succeds at finding, even if provisionally, an exit from this labyrinth.