La catabasi di Anfiarao: Saggio di commento a stat. Theb. Viii 1-217
Abstract
Il dott. Francesco di Paola Di Capua, al termine delle attività di formazione e di ricerca,
servendosi dell’edizione critica di Klotz A., “Publi Papini Stati Thebais, Leipzig 1908 (riveduta e
corretta da Th. C. Klinnert nel 1973), ma tenendo conto anche dell’edizione curata da Hill D.E.
“Publi Papini Stati Thebaidos Libri XII”, Leiden 1983, ha approntato un saggio di commento
relativo ai primi 207 versi del libro VIII della Tebaide di Stazio. L’analisi di tali versi riguarda la
catabasi di Anfiarao. Il lavoro di ricerca è stato così articolato: introduzione, traduzione del testo
latino, commento. La traduzione, condotta sul testo criticamente rivisitato, tenta da un lato di
rendere in italiano la pregnanza delle scelte linguistiche dell’autore, dall’altro di svolgere, in forma
lineare e agevole, le strutture sintattiche cercando di far rivivere, per quanto possibile, lo stile
poetico staziano.
Nell’introduzione, a brevi cenni alla vita e alle opere dell’autore, e ad una concisa messa a
punto della tradizione manoscritta del testo staziano, segue, dapprima, un’analisi generale
dell’opera e, successivamente, un’analisi più particolareggiata della porzione di testo presa in
esame. All'interno dell’introduzione, particolare attenzione è stata rivolta al piano linguisticostilistico
e a quello letterario del testo, mentre osservazioni di carattere filologico e storico sono
state quasi interamente riservate alle note di commento.
L’attenzione del dott. Di Capua è stata poi rivolta al particolare uso dei modelli e/o ai
rapporti con essi di imitatio ed aemulatio. Gli elementi di carattere filosofico all’interno del testo
sono molto labili, sebbene si propenda per ritenere questi fugaci accenni come retaggio di una
tradizione letteraria e non come spie di ideologie e/o dottrine filosofiche.
Oltre a soffermarsi sul personaggio di Anfiarao l’analisi ha evidenziato l’importanza del dio
Plutone; il dio appare personaggio di forte spessore psicologico, poiché, sebbene venga raffigurato
quale emblema ed incarnazione del male, è portavoce di un animo lacerato nel quale albergano
sentimenti contrastanti. Emerge altresì il suo ruolo quale alter ego di Giove nell’assecondare il
volere e l’ineluttabilità del Fatum. Si è messa, infine, in particolare evidenza l’invocazione di
Tisifone da parte del dio dell’Ade, che appare simmetrica rispetto a quella formulata da Edipo nel
libro I; pertanto si è rimarcato come l’attuazione del nefas avvenga attraverso un consenso di
rapporti fra umano e divino (Edipo e Giove/Plutone), fra mondo terreno, celeste e sotterraneo. Il
libro VIII si pone pertanto come libro centrale nell’impianto del poema, in quanto portatore di una
nuova esplosione del furor (dopo quella del libro I) nel prosieguo della narrazione. [a cura dell'autore]