«Io non scrivo per le mode, scrivo per il tempo». L’opera narrativa di Pier Antonio Quarantotti Gambini
Abstract
Pier Antonio Quarantotti Gambini non è uno scrittore centrale negli studi sul panorama letterario
italiano del Novecento. Lontano da qualsiasi tipo di canonizzazione, non è però un autore che può
definirsi marginale: la sua parabola letteraria mostra una riflessione e una progressiva focalizzazione
che merita di essere indagata, attraverso lo studio precipuo della sua opera narrativa. In questa tesi si
è tentato di costruire un percorso che partisse dagli anni Trenta, gli anni dell’esordio, e arrivasse agli
anni Settanta, quando viene pubblicato postumo il suo più grande progetto letterario. In cinque
capitoli sono stati dunque analizzate tutte le sue pubblicazioni letterarie: la raccolta di racconti I nostri
simili, i romanzi La rosa rossa, L’onda dell’incrociatore, La calda vita, e il ciclo romanzesco Gli
anni ciechi. Si è seguito un ordinamento cronologico sulla base della data della prima pubblicazione,
anche se si è scelto di dare conto dei cambiamenti che una stessa opera ha subito nel corso degli anni,
nel capitolo in cui l’opera in questione viene analizzata. Questa scelta è giustificata dal modo in cui
Quarantotti Gambini mostra di lavorare ai suoi romanzi: egli compie, infatti, un capillare lavoro di
revisione anche a distanza di molti anni dalla prima pubblicazione. Un modus operandi dovuto
all’ambizione di poter sopravvivere al proprio tempo, andando oltre le mode e i dettami culturali
dominati negli anni a cavallo tra la prima e la seconda metà del Novecento.
In effetti, la mia tesi mostra come uno dei fattori di originalità di Quarantotti Gambini da scrittore
risiede nell’estrema precisazione e caratterizzazione della sua poetica intorno a pochi e definiti nuclei
tematici: si tratta di un periodo storico, di un ambiente, di un’età e di un tema prediletto. Quarantotti
Gambini, cioè, sceglie di concentrarsi sui risvolti della Grande Guerra che egli stesso, come istriano,
ha vissuto in maniera forse ancora più profonda visto lo smembramento dell’Impero asburgico e il
successivo apparentamento delle sue terre al Regno d’Italia; opera poi una precisa scelta di campo,
perché la sua intera produzione narrativa ha come sfondo l’Istria o Trieste; ed è questo l’ambiente in
cui rappresenta l’iniziazione alla vita (che passa attraverso l’esperienza del sesso e della violenza) di
fanciulli e adolescenti. Il fil rouge che tutto tiene insieme è la tematica memoriale, una narrativa di
memoria che Quarantotti Gambini ha difeso dagli attacchi dei contemporanei che, in questa scelta,
vedevano una sclerotizzazione della sua vena poetica.
Nell’analisi dell’opera, per il modo in cui Quarantotti Gambini ha costruito il proprio universo
narrativo, è stato necessario prendere in esame l’intera sua produzione letteraria – diari, articoli in
rivista, reportages di viaggio, apologie – perché essa compartecipa alla narrativa. Quarantotti
Gambini, del resto, si muove da un minimo a un massimo di autobiografismo, il cui punto finale
coincide con Paolo Brionesi Amidei, il protagonista de Gli anni ciechi, un personaggio che combacia
perfettamente con l’immagine dello stesso Quarantotti Gambini, attraverso quello che l’autore
definisce «un innesto della fantasia sulla realtà». [a cura dell'Autore]